Masochismo sentimentale [2]

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«Io vi odio» sentenziò Massimo appena li raggiunse, fuori scuola

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«Io vi odio» sentenziò Massimo appena li raggiunse, fuori scuola.

Michele sogghignò e mosse con eleganza le dita per salutarlo.

Rebecca, al suo fianco, sembrava aver abbandonato l'armatura da Xena per tornare nei propri soliti panni, i capelli raccolti in una coda alta e la borsa sottobraccio. Sorrise velocemente, ma non disse niente.

«Vi devo informare del mio piano» spuntò Amelia.

«Ecco, diteglielo che è una cretinata, per favore» gemette Massimo, sedendosi sulla panchina, al suo fianco.

«Altro che cretinata. Sono un genio» Amelia poggiò a terra lo zaino e lo aprì. Michele si sporse curioso e, quando Amelia tirò fuori una specie di tubo, rimase perplesso.

«Con queste mie braccia secche non sono effettivamente molto d'aiuto» disse la ragazza «ma con questo, divento pericolosa.»

Sorrise con aria preoccupante e, dopo un click, il tubo si allungò di botto.

Michele sussultò, la perplessità in aumento esponenziale ogni secondo.

«È come ce l'hanno i poliziotti» Amelia si rigirò quella specie di mazza tra le mani «Si allunga e diventa un'arma di tutto rispetto. Ecco, immagina che qui ci sia la testa di Ivan» indicò l'aria e si mise in posizione come un giocatore di baseball, prese la mira e poi colpì il vuoto con forza «Boom! E la testa di Ivan esplode come un melone. È perfetto.»

«Questo è omicidio» notò Michele, trattenendosi dal ridere, ma leggermente spaventato.

«Ripeto. È perfetto.»

«Potresti pure metterglielo in culo, sai» notò Michele. Amelia sgranò gli occhi.

«Cazzo, Michele, è per questo che ti amo.»

«Non metterle in testa idee anche peggiori» si accasciò all'indietro Massimo.

«Avete visto» s'intromise Rebecca «che ultimamente quelli di terza girano molto intorno a Ivan?»

Michele seguì lo sguardo della ragazza, diretto dall'altra parte della piazza gremita di studenti appena fuoriusciti da scuola. Lì, accanto allo stormo di motorini, c'erano Ivan e il suo gruppo, intenti a fumare e spintonarsi. Chissà quali egregie cazzate erano in grado elaborare le loro menti. Sul serio, di cosa parlavano esattamente? Tutti i loro discorsi vertevano attorno a omofobia, sessismo e, probabilmente, fascismo? Sì, suonava plausibile.

«Forse è l'istinto paterno che prende piede» notò Michele e Massimo lo spintonò.

Rebecca rimase in silenzio, schiena poggiata dietro e occhi fissi sul suo ex. Com'era stato il suo primo giorno a scuola dopo quel video orribile? Si sentiva un po' una merda per averla abbandonata. Ma che poteva fare, comunque? Insomma, che doveva dire per consolarla? Michele aveva l'impressione che qualsiasi tentativo in quella direzione non avrebbe avuto molto successo.

«Russo, D'Angelo... Chissà perché, non sono sorpresa» risuonò una voce non troppo lontana.

Oh merda.

«Prof» ridacchiò Michele, girandosi. La prof era in piedi, borsa sottobraccio e sguardo minaccioso dritto su di loro.

«Guardi, è successo un casino... Un incidente assurdo, siamo vivi per miracolo» fece Michele. Lei non diede nemmeno segno di averlo sentito.

«Avete persino la faccia tosta di venire davanti scuola» scosse la testa. Massimo trattenne una risata e Michele lo colpì col gomito «Mi sono stancata di giocare al gatto e al topo. Voglio proprio vedere quanto a lungo continuerà la vostra pagliacciata. Vergognatevi e buona giornata.»

Detto ciò, se ne andò con passo rapido e scazzato sui suoi tacchetti. Michele scambiò uno sguardo con Simone, entrambi consapevoli del mastodontico due in dirittura d'arrivo su di loro.

«E mi raccomando, vergognati, Michele» commentò Amelia.

«Ogni giorno della mia vita.»

«Ehi, sta arrivando Yvonne» mormorò Massimo verso Simone e Michele avvertì il ragazzo irrigidirsi, al suo fianco. La sua ragazza si aggiustava nervosamente i capelli, lo sguardo basso mentre li raggiungeva.

«Simone, possiamo parlare un secondo?» pigolò piano.

Simone si alzò in silenzio e la seguì poco distante.

Mentre gli altri parlavano, Michele suo malgrado rimase a fissarli. Yvonne parlava fitta, a bassa voce, mentre Simone ogni tanto muoveva le labbra per dire qualcosa, mani nelle tasche.

Si stanno lasciando?

Ok, quello non era affar suo, comunque. Si sentiva una specie di vecchia pettegola a spiarli e cercare di decifrare la conversazione in atto.

Poi, Yvonne alzò una mano ad asciugare una guancia. Simone allungò un braccio per circondarle le spalle, si abbassò alla sua altezza e la baciò.

Ah, ecco.

Strinse le labbra, scacciando la fitta di delusione.

Meglio stamparsi quell'immagine nel cervello, a sostituire quella recente del viso di Simone tanto vicino. Con tanto di un lampeggiante sopra quel bel ritratto di amore adolescenziale dove, a caratteri cubitali, sarebbe risaltata la scritta: È ETERO, DEFICIENTE!

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