Let's go on an adventure

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Michele saettò lontano da quel bagno e dall'artefice delle sue crisi esistenziali.

I passi riecheggiarono nel corridoio vuoto, accompagnati dal vociare di insegnanti e studenti nelle aule. Una di queste teneva la porta aperta, i ragazzi a fare casino mentre approfittavano di un momento privo di supervisione. Michele non ci lanciò neanche un'occhiata, superandola svelto, tanto era preso dalle sue pippe mentali. Stava seriamente valutando l'idea di lanciarsi ad angelo dal tetto della scuola quando una voce femminile lo fece sobbalzare.

«Michele.»

Dietro di sé trovò Yvonne. Non riuscì a trattenere un'espressione sorpresa quando lei gli si avvicinò con una faccia tanto seria da far paura, la giacca poggiata sopra le spalle per lasciare le braccia libere, incrociate queste sul petto.

«Che succede?» la fronteggiò, con ben poca voglia di parlarle.

«Smettetela di prendermi in giro, tu e Simone» le tremò appena il labbro inferiore, ma alzò il mento come a darsi una certa autorità.

«Prenderti in giro? Ma che dici?» ribatté lui, perplesso.

Yvonne sbuffò una mezza risata.

«Ma falla finita... ti sembro scema? Sabato quando vi siete appartati voi due, come se io neanche fossi là presente a vedervi andare via poi, me lo avete praticamente reso ovvio. E io non ce la faccio più a vivere questa... situazione. Quindi, dici a Simone di rispondermi una buona volta, così chiudiamo questa relazione in cui lui probabilmente non è mai neanche voluto stare. E poi sarà tutto tuo, contento?!» deglutì, palesemente agitata.

I neuroni bruciati di Michele ci misero qualche secondo di troppo per anche solo concepire il senso del discorso, ma quando riuscirono nell'intento gli scappò una risata amara e scosse la testa.

«Ti stai sbagliando. Eccome se ti stai sbagliando, guarda» indietreggiò, pronto a scappare dalle crisi di gelosia della fidanzatina di Simone. Erano davvero l'ultima cosa di cui aveva bisogno al momento.

Gli occhi della ragazza divennero lucidi mentre le guance assumevano una sfumatura scarlatta.

«Smettetela di trattarmi come un'idiota...» mormorò, poi scappò di nuovo in classe, lontano da lui.

Michele esitò qualche istante, poi tornò al suo percorso verso l'aula, mani nelle tasche del pantalone e passo strascicato. Yvonne si era solo resa conto di quanto palese fosse la sua cotta per Simone. E chissà quanti altri come lei. Sbuffò, mentalmente esausto. Chi se ne frega.

Doveva smettere di pensare a lui.

Il problema era che la cosa si rivelava particolarmente difficile quando il soggetto interessato gli sedeva accanto per il resto della giornata scolastica. Misurò ogni gesto con attenzione chirurgica per non sfiorarlo neanche per sbaglio ed evitò accuratamente di volgere lo sguardo nella sua direzione. Quando durante l'ora di matematica Simone allungò le gambe sotto il banco con un sospiro scocciato e le loro ginocchia si toccarono, Michele fu tentato di infilzarsi l'occhio con la matita. Molto tentato.

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