Scissione

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«Rebecca? Mi faresti entrare?» pigolò Yvonne, colpendo piano con le nocche la porta del bagno. Da dentro, si sentiva solo lo scrosciare dell'acqua, segno del lavandino aperto e abbandonato a se stesso.

Michele, appoggiato al muro, lanciò uno sguardo preoccupato verso Simone. Massimo, più in là, camminava come una furia avanti e indietro lungo il corridoio. Usciva fuori e poi tornava, furioso, facendo per andare verso la porta, si bloccava e poi ripeteva il tutto. Era fuori di sé e non sapeva bene come cavolo calmarlo, visto che la sua agitazione non era certo d'aiuto per Rebecca.

«Rebecca, porca troia» imprecò Amelia, iniziando a riempire di pugni il muro di legno che la separava dalla ragazza «Sfondo questa porta, te lo giuro. Apri, cazzo!»

Michele morse una pellicina, avvicinandosi a Simone che, come lui, sembrava non sapere cosa diavolo fare in quella situazione.

«Che facciamo?» mormorò «E se si facesse del male?»

Simone scosse piano la testa, tornando a fissare il bagno preoccupato.

Un cellulare squillò e, con la coda dell'occhio, vide Massimo rispondere e portarselo all'orecchio.

«Cosa cazzo avete fatto?!» sbraitò, uscendo di nuovo in giardino. Michele scattò in quella direzione per poter sentire la conversazione, Simone subito dietro.

«Cosa?! Ah, certo!» una risata isterica da parte del biondo «Non prendetemi per culo!»

Un calcio contro il tavolino e quello cadde a terra. Le persone intorno si allontanarono tra borbottii straniti. La musica era stata spenta e ora c'era solo agitazione a opprimere l'aria tutt'attorno, l'atmosfera spensierata sostituita da una decisamente più tesa.

«Il vostro fottuto amico del cuore! Sì, certo. Come no. E io ci credo! Vi ammazzo, cazzo!» gridò. Michele non capiva, ma Simone fu più veloce di lui e strappò il cellulare di mano all'amico.

«Chi è?» chiese, mettendo il vivavoce.

«Simone, sono Luca. Senti, devi dire a Rebecca che noi non c'entriamo niente. Non so perché ha fatto 'sta stronzata! Una cosa è prendere in giro il frocio, ma Rebecca che cazzo c'entrava?!»

«Viva la coerenza» ridacchiò Michele, scuotendo la testa.

«Cioè? Cosa vuoi dire?» assottigliò gli occhi Simone.

«Voglio dire che se volete menare Ivan, noi siamo con voi. Rebecca non si meritava 'sta stronzata.»

«Noi chi?» si avvicinò Massimo, il respiro rapido.

«Rebecca!» esclamò Yvonne e i tre si fissarono.

«Ti richiamo» lo congedò Simone, chiudendo la chiamata.

Scattarono verso il corridoio, giusto in tempo per vedere la porta del bagno spalancata e una figura femminile che ne usciva. Rebecca avanzava decisa, i capelli spettinati e ogni traccia di trucco sparita dal volto. Era a piedi nudi, i pugni stretti vicino i fianchi. Attraversò decisa un'altra porta e tutti la seguirono. Doveva essere, a giudicare dal letto e dalle foto delle polaroid appese ai muri, con le lampadine attorno, la stanza di Yvonne. Spalancò l'anta dell'armadio, iniziando a frugarci dentro con impazienza.

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