Romanticismo e Casinismo [2]

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Biondo a ore due

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Biondo a ore due.

Massimo lo stava aspettando con Enrico, parlottando nelle loro felpe firmatissime. La notte tinteggiava di colori scuri quella zona della città a lui fino a quel momento sconosciuta, così tanto che aveva dovuto chiedere a Massimo di venirlo a prendere perché non trovava il dannatissimo parco.

Ficcò le mani nelle tasche e direzionò il passo lungo verso i due cretini che manco lo avevano visto.

«Ma come hai fatto a non vederlo!» esclamò Massimo appena intercettò la sua presenza, senza neanche salutarlo «È letteralmente qui!» e allargò il braccio per mostrare il parco che faceva la sua comparsa alle sue spalle, all'apparenza parecchio vasto.

«Certo le tue istruzioni su vicino scuola, dritto non erano esattamente il massimo della chiarezza» fece Michele, avviandosi al suo fianco attraverso il cancello aperto. Massimo prese a parlare di cose a caso che ignorò mentre scendeva i gradoni. Alla fine di questi, individuò una comitiva numerosa, a chiacchierare e ridere in un gran vociare. Altro che gangster, vabbè.

«Ciao, Michele» cinguettò la voce di Yvonne e la trovò con la schiena poggiata al petto di Simone, quest'ultimo seduto sul gradone, le braccia a circondarle la vita in un abbraccio placido.

Michele deglutì, senso di colpa e delusione in un miscuglio pesante nel petto. Gli occhi di Simone corsero nei suoi quasi sorpresi e Michele fece un cenno di saluto alla coppia prima di sedere distante. In lontananza, il sussurro del fiume che scrosciava, erba bassa a comparire tra fessure su un pavimento di mattonelle irregolari, alberi mossi da un vento frizzante ma non prepotente.

«È ancora presto» stava dicendo Rebecca, una sigaretta tra le dita nervose «Quei coglioni non escono prima delle dieci.»

«E noi che facciamo, un'imboscata?» se ne uscì Enrico il sopravvissuto con una risatina nervosa.

«No, ce ne andiamo per le strade, così» annuì, occhi a correre tra chi la ascoltava, mentre altri se ne stavano distanti a giocare con una palla sgonfia «E se ci compaiono davanti, li facciamo cagare sotto dalla paura.»

«Fascisti di merda!» la figura scattante di Amelia volò in piedi, i rasta sciolti intorno a lei «Glielo mettiamo in culo e li facciamo correre da mamma col moccio al naso per lo spavento.»

Gli altri risero, iniziando a proporre modalità d'azione con tono sempre più divertito a ogni opzione. Tra quelli che giocavano, Michele individuò Luca il pentito, che si batteva il petto con aria da gradasso.

Puntò le pupille su quell'erba verdastra, mentre un senso di estraniazione lo colpiva insieme alla realizzazione di essere fin troppo diverso da quelli che ora lo circondavano. Prese la sigaretta e se la accese, poi stese le gambe sulla superficie ruvida sottostante prima di fare lo stesso con la schiena.

Sopra di lui, il manto notturno e, quando socchiuse le labbra, il fumo che rapido si dissolveva. Le voci degli altri erano sottofondo a pensieri privi di un filo logico, in un groviglio confuso ma ordinato di sensazioni che si mescolavano, mentre l'aria frizzante della notte attraversava le narici e regalava quella percezione del sono qui, ora, e sono vivo, quest'attimo è solo ora e poi sfumerà via così come questa sigaretta mi brucia tra le dita.

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