Quel mazzolin di fiori.

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Capitolo 2

Quando apro gli occhi, una luce forte mi acceca la vista. Mi copro il volto con le mani al forte impatto, per poi toglierle mano mano che mi abituo a quella intensità luminosa. Sono sul tetto di un grattacielo, probabilmente il più alto della città, perché attorno non ne vedo altri, ma solo nuvole. Abbasso lo sguardo e capisco di essere sul ciglio del palazzo, dell'abisso, talmente profondo che non riesco a intravedere il fondo oltre le nuvole. Il primo impulso che sento è quello di saltare sotto, verso la morte, verso il nulla, verso l'eliminazione della mia esistenza. Sento proprio un'attrazione, un desiderio profondo verso quell'abisso. Mi chiama e ogni fibra del mio corpo vuole rispondere. Delle lacrime mi rigano la faccia, ma non sono lacrime di dolore, ma gioia nel sentire di avere una speranza certamente realizzabile. Solo un passo. Nel momento in cui alzo un piede verso il vuoto, una voce di uomo mi trattiene.
-Maria- mi chiama. Mi giro e lo vedo. Ha i capelli neri lunghi fino il collo, gli occhi azzurri che saltano fuori dal trucco nero che li circonda, quasi fossero due lividi. Indossa una maschera nera a coprire il naso, la bocca e il collo. Divisa nera, attillata con un sacco di armi attaccate, dalle pistole ai coltelli. Dalla divisa spunta il braccio sinistro, metallico, con una stella rossa sulla spalla. Lo riconosco immediatamente. Il suo sguardo serio mi buca l'anima, che ancora sta fremendo all'idea di cadere all'indietro verso un destino scelto, ora è incuriosita. So benissimo cosa ci fa lì. So benissimo cosa vuole. Vuole la mia morte, non sapendo che è la cosa che bramo di più anch'io. Non capisco cosa stia aspettando.
-Maria- mi chiama una voce di donna. Dietro di lui, compare questa donna perfetta, di mezz'età. I capelli biondi raccolti in uno chignon perfetto, dal quale non spunta neanche un capello fuori posto. Gonna blu lunga appena sopra il ginocchio, la camicia di seta bianca e la giacca blu, tutto perfettamente stirato. Le perle al collo e agli orecchi. Perfettamente truccata. Gli occhiali da vista leggerissimi e quasi invisibili. I tacchi blu. Aveva le braccia incrociate e sul volto uno sguardo di disapprovazione.
Alla vista della donna, perdo l'equilibrio e cado verso l'abisso.
-
Un bip incessante mi buca il cervello e riapro gli occhi. Ho diversi fili attaccati, monitor, flebo e anche l'ossigeno nel naso e il saturimetro all'indice destro. Il bip diventa sempre meno penetrante e capisco dove sono: in ospedale. Sembra la terapia intensiva, perché il reparto è come un corridoio, con ai miei lati vari pazienti anche loro attaccati a dei macchinari che sembrano tenerli in vita. C'è chi è in coma e chi invece è sveglio. Alcuni parenti fanno compagnia a dei pazienti. Medici, infermieri controllano monitor, parlano con i familiari, fanno iniezioni. "Non posso stare qui..." penso, "...devo scappare." Provo ad alzare il busto, per mettermi un po' più seduta. I miei sensi sono rallentati, forse sono stordita dai farmaci. Nel mentre che mi tiro su, un dolore lancinante alla spalla destra mi riporta alla mente il motivo per cui sono finita là: mi hanno sparato. Qualcuno si sarà spaventato e avrà chiamato le autorità. "Quanto tempo è passato? Quant'è che sono in ospedale? La polizia mi ha raggiunta?"
-Sei sveglia, bene- dice un infermiere avvicinandosi a me. - Sei stata in coma per due settimane. Se non fosse stato per il tuo corpo straordinario, saresti stata in coma per molto altro tempo per permettere al tuo organismo di stabilizzarsi. Ma per te è stato come un raffreddore. Ah, scusa, il tuo caso è talmente affascinante che mi sto facendo prendere dall'entusiasmo e sto dando per scontato che tu sappia tutto quanto. Sai perché sei qui?- mi chiede, sedendosi sul letto.
-Mi hanno sparato- rispondo con un filo di voce.
-Oh, cara, molto di più! Quando sei arrivata qui i dottori ti avevano dato per spacciata... ma in poche ore la frequenza cardiaca è aumentata e lì abbiamo capito che c'era ancora qualche speranza per te. È un miracolo che tu sia viva, evidentemente non era la tua ora. Comunque immagino tu abbia molte domande. Vado a chiamare la dottoressa di turno così può aiutarti a fare più chiarezza.
L'infermiere si allontana e fa quello che ha detto. Ma il mio unico pensiero in questo momento non è la salute. "Come faccio a scappare da quel posto? Riesco a muovervi, ma riesco a stare in piedi? Riesco a scappare?"
-Buongiorno- dice una donna col camice bianco avvicinandosi. -Sono la dottoressa Hegel. Ricordi qualcosa di quanto è successo? Sai perché sei qui?
-No- mento, ricordo benissimo cosa è successo. Un furto, un tentativo di stupro, degli spari, il ladro morto e un uomo con un berretto da baseball e il volto oscurato, altri spari e calci. - Dal dolore al braccio, presumo mi abbiamo sparato.
-Esattamente. Probabilmente ti hanno anche picchiato. Avevi alcune costole rotte, delle contusioni e un danno cerebrale che come per magia è sparito in due settimane. L'emorragia interna e quella cerebrale, invece, nell'arco di ventiquattro ore. Hai un organismo sensazionale. Nella mia esperienza non avevo mai visto niente del genere.
"Ha capito."
-La cosa strabiliante è che i nervi di solito non si ricostruiscono, ma i tuoi si. Si sono ricostruiti. Le sinapsi rotte si sono ricollegate. Di solito, se si rompono l'impulso elettrico deve costruirsi un altro percorso per far arrivare il segnale dove deve arrivare ed è un processo lungo, che richiede anni di fisioterapia. È bastato abbassare la tua temperatura corporea, che quando sei arrivata era a 45 gradi, a 27 gradi. Il tuo corpo si è rigenerato da solo. È, come ho detto, strabiliante.
Un altro infermiere si avvicina all'orecchio della dottoressa.
-Dottoressa, è arrivata la polizia- dice sussurrando, ma riesco a sentirlo. I miei sensi stanno tornando.
-Falli entrare.
"Merda."
-Ah, cara, una cosa ho bisogno di sapere. Sai, la burocrazia: abbiamo bisogno di registrare tutti i nomi delle persone che entrano qui dentro. Nessuno di noi ha mai visto chi è stato, ma sul tuo comodino sono comparsi dei fiorellini freschi. Ogni giorno di nuovi. Sai chi possa essere venuto a trovarti?
-Non ho nessuno.
-Un parente? Un fidanzato?
-Non ho nessuno.
"Chi può essere stato?" mi chiedo. Giro leggermente la testa, tanto quanto basta per vedere il suddetto mazzolino di fiori. Sono delle margherite, per lo più fiori raccolti al parco. Io non ho nessuno. Sono scappata da chi pensavo di avere, sono scappata dal mio passato. "E se...?" Scuoto la testa per scacciare dalla mente questi pensieri assurdi. Nessuno sa chi sono. E nessuno lo sospetterebbe. Almeno, spero. "Un fidanzato... non so neanche cosa vuol dire." Sono sempre stata sola. Sempre nascosta. Sì, sono certa, sono sola.
-Va bene, stasera faremo più attenzione, allora. Ah, che sbadata, mi sono dimenticata di chiederti la cosa più importante: qual è il tuo nome?
-Silvya Barnes.- Dico il primo nome che mi salta per la mente. Uno dei miei tanti nomi. Un nome che non esiste più.
-Sei americana?
-No.
-Non sei austriaca, però.
-No.
Torna l'infermiere che aveva avvisato dell'arrivo della polizia con due agenti. Vengono verso di noi.
-Dottoressa- dice un agente, porgendole la mano. Lei la stringe a lui e al suo compagno.
-Salve.
-Ciao, ragazzina- mi dice l'altro.
-I signori sono qui per farti alcune domande. Non hai niente di cui preoccuparti- mi rassicura la dottoressa.
-Beh, ancora non lo sappiamo. Quella notte ci è scappato il morto e abbiamo bisogno di sapere meglio cosa è successo- controbatte uno di loro.
-Non ricordo niente di quella sera- mento.
-Sì, ma vedi, il proiettile che ti ha colpito è di marcatura sovietica. Non se ne vedevano di simili dal crollo dell'URSS e l'Hydra, che usava proiettili del genere, non esiste più da almeno un annetto. Perciò, abbiamo bisogno di far tornare i conti, che come vedi sono strani. L'uomo ritrovato accanto a te è morto, quindi non possiamo interrogarlo. Devi aiutarci tu a capire.
-Ho detto che non mi ricordo niente.
"Hanno capito?"
-E se non ci credessimo? Cominciamo da una domanda semplice: chi sei tu?
Veniamo interrotti da allarmi di monitor del paziente in coma alla mia destra. La dottoressa si precipita verso di lui, gli infermieri accorrono e i macchinari segnalano l'arresto cardiaco. Un'infermiera entra in un stanzino davanti a me, dove probabilmente tengono macchinari, camici e oggettistica medica, uscendo con un defibrillatore.
-Scusate, agenti, vi chiedo di uscire cortesemente- dice l'infermiere, facendoli uscire dal reparto. Rimango sola, mentre tutti gli infermieri e la dottoressa di turno stanno cercando di salvare la vita al paziente. "Scappa, scappa il prima possibile" penso. Mi stacco i vari fili dal petto, gli aghi dalle vene delle braccia e l'ossigeno dal naso. Mi tiro su e il dolore lancinante al braccio mi fa trattenere il respiro per qualche secondo, ma non grido. Senza farmi notare, zoppicando e non troppo stabile di equilibrio, entro nello stanzino da cui l'infermera aveva preso il defibrillatore. Mi spoglio e indosso un camice da infermiere, una mascherina e delle ciabatte. Metto anche una cuffia per capelli. Nel mentre che la lego dietro la testa, la mia attenzione viene attratta da siringhe e flaconcini di benzodiazepina, farmaco usato per indurre il coma farmacologico. Lo stanzino è buio e il fatto che riesca a vedere questa cosa mi fa capire che i miei sensi stiano tornando al massimo delle loro capacità. Prendo due siringhe e le riempio, poi prendo altri flaconcini e infilo tutto in tasca. Appena esco dalla stanza, con cautela e senza farmi notare, vedo che tutti sono sul paziente morente. Appoggiandomi al muro per la stabilità, cerco di uscire dal reparto. Alla porta d'ingresso i due agenti danno le spalle al reparto, per non far entrare né uscire nessuno. Almeno questa è la loro intenzione. Tiro fuori le punture di benzodiazepina e inietto il farmaco direttamente nella loro schiena con un colpo secco e veloce, così che non fanno quasi in tempo a realizzare cosa sta succedendo e cadono in terra, incapaci di muoversi e quasi dormienti.
Scappo.
Un pensiero mi tormenta: chi mi ha portato i fiori?
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Ciao a tutti! Ho deciso di pubblicare un capitolo al giorno fino all'effettivo arrivo di Bucky... che comunque sarà a breve. So che per ora è molto confusa, ma è un effetto voluto. A breve tutti i dubbi verranno risolti. :) dovete solo continuare a leggere :D
Se vi va, lasciatemi un stellina e continuate a seguire la storia!
Che ne pensate?
EggWoman1.

Il Nulla prima del Tutto. || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora