Capitolo 1.

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Capitolo 1

Quando apro gli occhi, una luce forte mi acceca la vista. Mi copro il volto con le mani al forte impatto, per poi toglierle mano mano che mi abituo a quella intensità luminosa. Sono sul tetto di un grattacielo, probabilmente il più alto della città, perché attorno non ne vedo altri, ma solo nuvole. Abbasso lo sguardo e capisco di essere sul ciglio del palazzo, dell'abisso, talmente profondo che non riesco a intravedere il fondo oltre le nuvole. Il primo impulso che sento è quello di saltare sotto, verso la morte, verso il nulla, verso l'eliminazione della mia esistenza. Sento proprio un'attrazione, un desiderio profondo verso quell'abisso. Mi chiama e ogni fibra del mio corpo vuole rispondere. Delle lacrime mi rigano la faccia, ma non sono lacrime di dolore, ma gioia nel sentire di avere una speranza certamente realizzabile. Solo un passo. Nel momento in cui alzo un piede verso il vuoto, una voce di uomo mi trattiene.
-Maria- mi chiama. Mi giro e lo vedo, Bucky. Il suo sguardo dolce mi riscalda dentro. Improvvisamente non ho più voglia di buttarmi giù. Non voglio morire, voglio vivere, voglio andare con lui ovunque vorremo. Via da quel tetto, via dalla città, in un posto in cui non si può cadere, in un posto in cui non si può morire. Improvvisamente l'idea di morire mi fa paura, non voglio più questo per me. Vale la pena vivere, vale la pena soffrire, vale la pena aver paura della morte, se ho qualcosa per cui andare avanti. Mi allontano dall'orlo dell'abisso e vado verso di lui. Lo abbraccio, lo bacio. Poi lui mi prende per mano e mi conduce attraverso una porta, per andare via dal tetto e finalmente vivere. Ora non sono più il Nulla, perché ho il mio Tutto.

-

Un forte mal di testa mi risveglia dal sonno. È come se mi stessero stritolando il cervello. Un grande nuovo dolore che sembra non affievolirsi. Mi gratto la fronte e la testa calva, alla ricerca anche solo di un minimo sollievo. Noto di essere in una stanza con una grande finistra aperta, con un mazzetto di margherite fresche di campo appena colte poggiate sul davanzale. Riesco a percepire anche delle piccole goccioline di rugiada. Fa freddo ed è notte. L'ambiente è buio. La televisione vecchissima, su un comò sulla destra del letto in cui mi trovo, è accesa. Sembra una stanza di un vecchietto italiano. Ci sono dei centrini fatti all'uncinetto su ogni mobile. Ci sono anche piccole statuette della Madonna e dei santini, con tanto di lumino personale per ognuno. Accanto al comò c'è un minifrigo. Ai piedi del letto Bucky guarda la televisione.
-Dopo la tragedia di Sokovia, gli Avengers continuano ad essere operativi senza alcuna sorveglianza. Questo provoca non poche polemiche tra i governatori di tutto il mondo...- dice la televisione.
-Bucky - dico con un filo di voce.
Lui si gira e mi guarda. Mi sorride. È vestito casual, con un maglione blu.
Viene verso di me e mi dà alcune leggere carezze sul viso.
-Come ti senti?
-Mi fa male la testa.
-Passerà. Dopo quello che è successo questo non è niente.
-Cosa è successo?
-Cosa ricordi?
-Che eravamo nel corridoio bianco, cercando di scappare. La dottoressa poi ci ha bloccati e tu l'hai uccisa subito dopo che...
-... subito dopo che?
-... che ha detto di essersi liberata del... bambino?
Silenzio.
-Bucky. È successo davvero?
-Sì.
Silenzio. Faccio un grande respiro, cercando di trattenere le lacrime. Due goccioline scendono comunque, ma prontamente me le asciugo con le mani.
Un figlio. Un figlio? Non credevo neanche di poter concepire, con tutti i giochini genetici che hanno fatto al mio concepimento.
-Com'è stato possibile?
-Non lo so. La dottoressa ha detto che probabilmente siamo compatibili geneticamente. Io sono un potenziato, tu sei stata creata in un certo modo. Ci può stare.
Silenzio.
-Non sarei stata una brava madre comunque.
-Non dire così.
-No, sul serio, non mi importa. Non sarei stata in grado comunque. Hai visto chi era mia madre.
-Lei non era tua madre. Poteva esserlo biologicamente, ma non lo era.
-Comunque non ho mai avuto neanche un padre, perciò non avrei saputo proprio cosa fare.
Silenzio. Bucky abbassa lo sguardo, come se fosse imbarazzato, oppure ferito, ma anche preoccupato.
-Ho detto qualcosa che non va?- chiedo.
-No, no. Tutto apposto.
Silenzio. Chiudo gli occhi per il dolore alla testa che non passa. Continuo a massaggiarmi la testa calva. Bucky si alza dal letto e va a prendere dal minifrigo accanto al comò del ghiaccio. Lo avvolge in un panno e me lo poggia delicatamente sulla fronte.
-Grazie - sussurro.
Silenzio.
-Ricordi altro? - mi chiede.
-Di essere stata avvelenata.
Silenzio.
-Dove siamo? Come siamo riusciti a scappare? - chiedo.
In quel momento, un bussare alla porta, che noto solo ora alla mia destra, ci interrompe. Questa si apre ed entrano due uomini. Guardo Bucky, per capire dalla sua reazione se sia il caso di preoccuparci o meno. Sembra tranquillo.
-Salve - dice lui.
-Buonasera Sergente Barnes. Anche a lei, signorina "Sylvia Barnes", o come vuole lei.
-Pensava che ci saremmo dimenticati di lei?
-Come scusi? Come mi ha chiamato? - chiedo, tirandomi su a sedere.
-Ah, allora si è dimenticata del nostro piccolo incontro - dice uno di loro. Un uomo in carne, con la barba grigia e i capelli brizzolati, vestito casual anche lui, con un piumino nero, una sciarpa a quadri e guanti neri. Si siede ai piedi del letto. L'altro, un po' più snello, sempre vestito casual con un piumino e una sciarpa, rimane in piedi davanti a noi. Spegne il televisore e accende una lampada all'angolo della stanza.
-Si ricorda di noi? Siamo i due agenti a cui ha dato questo nome quando si è svegliata dal coma, più di un anno fa, a Vienna, dopo l'aggressione che l'ha vista vittima - dice quello in carne.
-Vittima fino a un certo punto, Fritz - commenta quello snello.
-Sì, sorvoliamo su quello, Gas. Comunque abbiamo fatto delle ricerche da quel giorno. Siamo stati abbastanza lenti, ve lo concedo. Certamente l'Hydra è molto più efficiente.
-Abbiamo scoperto che una certa Sylvia Barnes nel lontano luglio 1980 ha alloggiato nell'albergo più lussoso di Bologna dell'epoca con un certo Gennaro Diele, che poi abbiamo scoperto essere uno delle colonne portanti del terrorismo nero italiano. O almeno così si pensa. Lo stesso nome è ricomparso anche nei registri dell'epoca dei servizi segreti italiani, che gentilmente hanno collaborato con noi.
-Considerando i proiettili di marcatura sovietica che abbiamo ritrovato un anno fa sulla scena del delitto, il suo straordinario organismo capace di rigenerarsi automaticamente a temperature basse, lo stesso nome legato ad un personaggio del genere, rivelatosi poi una spia dell'Hydra, la sua deposizione ai servizi segreti italiani quando è stata catturata, firmata appunto "Sylvia Barnes o ESF173"... abbiamo fatto due più due.
-Abbiamo coinvolto i servizi segreti europei, lasciando gli Avengers e l'America in generale in disparte. Volevano mettere in disparte anche noi, perché siamo "semplici poliziotti". Ma abbiamo ricevuto una soffiata anonima, grazie alla quale noi due, da soli, abbiamo trovato la base sotterranea dell'Hydra che vi ha tenuto in ostaggio per un anno e cinque mesi, al confine tra l'Italia e l'Austria, in una terra di nessuno.
-C'erano cadaveri in decomposizione ovunque, sangue marcio, era tutto buio e decadente. Topi, serpenti, animali che non saprei identificare. Ma poi abbiamo trovato una stanza illuminata solo da una piccola lampadina appesa sul soffitto.
-Lei, signorina Barnes, era all'interno di una capsula di ibernazione. Congelata, ovviamente. Il Sergente era accanto a lei, in terra, visibilmente stremato.
-Quanto tempo era passato da quando avete provato a scappare, Sergente Barnes?
-Quasi un mese. Più tempo Maria avesse passato in congelamento, più efficace sarebbe stata la sua guarigione - risponde Bucky.
-Maria? - chiede lo snello
-È il suo nome - dice Bucky.
-Niente Sylvia Barnes? Oh, beh. Affari suoi - commenta quello in carne.
-Comunque ora siete in un posto sicuro. L'Hydra non esiste definitivamente più. Con i fascicoli recuperati in quella base, abbiamo stanato tutte le altre nascoste. Ovviamente è stato tutto insabbiato. Nessuno sa cos'è successo.
-Agente? - chiedo - Siamo in arresto?
-No, non lo siete. Sebbene siate pericolosi, il governo non ha ritenuto giusto punirvi per colpe che non vi appartengono.
-Brutta bestia il lavaggio mentale - commenta l'uomo snello.
-Già - risponde Bucky.
-E poi siete nella casa della mia defunta mamma al momento - commenta l'uomo in carne. -Sareste già in carcere al momento se avessimo voluto. Non potete restare per molto tempo, comunque. Meglio che nessuno scopra che siete liberi e specialmente dove siete. Ho il sospetto che presto qualcuno possa farsi avanti e cercare di usarvi attraverso il controllo mentale. Sebbene sia stato quasi tutto insabbiato, non è possibile escludere tutto questo.
-Sergente Barnes, non aveva detto che lei abitava a Bucharest prima di venire a Vienna?
-Sì.
-Sarebbe una bella opportunità per tornare a casa, no?
-Credo di sì.
-E lei Signorina Bar... scusi... Maria. Non le consiglio di tornare a Vienna o in Italia. Meglio se cambia nazione anche lei.
-Lei verrà con me - dice Bucky. -Abbiamo una vita da scrivere insieme. Questo è solo il capitolo 1.
-Allora buona fortuna, soldati. Cercate di non mettervi più nei guai. Cercate di condurre una vita nell'ombra e nell'oscurità. Nessuno deve sapere chi siete. Ma dimentico di parlare con due agenti di un'organizzazione criminale super segreta che ha continuato ad esistere per anni all'insaputa di tutti.
-Sapranno cosa fare.
Prendo la mano di Bucky e la stringo.
-Sei sicuro di volermi con te?- gli chiedo.
-Sì.
Ci baciamo. A questa vista i due agenti fanno per uscire dalla stanza, ma quello in carne si ferma poco prima di chiudere la porta dietro di sé.
-Syl... ehm... Maria.
-Sì?
-Ho notato le margherite sul davanzale. Dello stesso tipo di quelle che le comparivano accanto al suo letto di ospedale un anno e mezzo fa. Finalmente abbiamo trovato chi gliele portava. Ottima mossa, Sergente - dice, guardando Bucky e poi esce chiudendosi la porta dietro.
Silenzio. Bucky guarda il davanzale e va verso il mazzo di margherite poggiato lì.
-Quindi eri tu che me le portavi? - chiedo.
-No, non ero io. Non so come abbiano fatto a comparire qui. Ma so di certoche non sono stato io.
Silenzio. Bucky sembra preoccupato. Poi butta fuori il mazzolino dalla finestra aperta.
-Allora di chi sono?

-
Scusate il ritardo del capitolo! Ho provato a scrivere varie versioni ma nessuna di queste mi convinceva! Sinceramente non mi convince neanche quest'ultima, però ho deciso di smetterla di farmi pippe e di pubblicarla comunque. Spero non sia un capitolo troppo noioso!
Non so se ci sarà un altro capitolo o se andremo direttamente alla seconda parte, ambientata durante Capitan America: Civil War. Vedremo! A presto :) intanto, stasera pubblico il trailer della seconda parte nella nuova storia, "Il Vuoto dopo il Tutto".
Ci vediamo di là :)
EggWoman1

Il Nulla prima del Tutto. || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora