Come comincia la vita.

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Capitolo 10

Italia, base sotterranea Hydra, 1980. La stessa notte.
Mi struccano e mi levano il travestimento, dandomi la divisa grigia con la quale mi alleno. Mi riportano così, solo con la divisa e quindi scoperta, in quella stanza dove sono stata qualche ora fa. Senza travestimento mi sento nuda e vulnerabile. E lui lo sa. È per questo che non mi ha dato un travestimento. Vuole colpirmi nell’intimo. Sa che se mi colpisse sul corpo non mi farebbe niente e che basterebbe l'ibernazione a far sparire ogni traccia di maltrattamento. Vuole darmi qualcosa che mi segnerà. E la mia “nudità” è una cosa che era per lui e lui soltanto. Sa che per me questo equivale a tradirlo. E sa che è la cosa che mi fa stare più male. Mi conosce. E sa cosa fare. L’ho deluso e vuole che soffra come ha sofferto lui. “Me lo merito.”
-Se vuole parlare fallo parlare. E nient’altro- dice Lui, stringendomi una mano al collo. Fa per stringere la presa ancora di più, ma si ferma. Mi dà un violento bacio. Poi fa un segno a due uomini col passamontagna, che mi prendono e mi buttano dentro la stanza, chiudendo la porta dietro di loro.
-Sei tornata.
Il Soldato è sdraiato sul letto con il braccio di carne dietro la nuca e abbassa il braccio metallico con cui si copre gli occhi.
-E sei… diversa. Ti hanno dato nuovi ordini?- chiede, mettendosi a sedere. -Devi lottare con me?
-No.
Annuisce e fa posto sul letto, dando dei  colpetti sul materasso per invitarmi a sedere accanto a lui. Ma sono talmente in intimorita che non riesco a muovermi. Rimango in piedi, con le spalle alla porta.
-Stai bene?
Annuisco. Silenzio.
-Sei bellissima.
-Grazie- rispondo, freddamente. Non è il sentirmi dire queste cose che mi può tranquillizzare. Sono nuda, davanti un estraneo e non so cosa loro vogliano che faccia. Non mi importa essere bella se non è funzionale alla missione.
-Il dottor Zola non fa che parlare di te. Sei un orgoglio per lui.
-Sono un esperimento scientifico.
-Beh, chi di noi non lo è?
Si alza e va ad appoggiarsi al muro di fronte, indicandomi lo spazio libero sul letto, invitandomi di nuovo a sedere. Con un po’ di esitazione iniziale, mi siedo. Tengo lo sguardo basso, per evitare di incrociare il suo.
-Posso fare qualcosa per renderti più serena?
-Sono serena.
Silenzio.
-È bello conoscerti, ESF173.
-Anche per me, Soldat.
Alzo un attimo lo sguardo e ci guardiamo per un attimo negli occhi. I suoi occhi azzurri, caldi in quel momento, riescono a tranquillizzarmi per un attimo. Non sembra intenzionato a farmi del male. Non sembra una minaccia.
-È la prima volta che qualcuno mi rifiuta- dico. -Normalmente non ho problemi a convincere qualcuno a portarmi a letto. Anzi, faccio loro credere di convincere me. Ma in realtà cadono nella mia trappola. Anche i più fedeli alle loro compagne poi cascano. Lui dice che loro se lo meritano più di tutti, il rapimento e quello che ne consegue.
-Tu che ne pensi?
-Io… non mi importa con chi lo faccio. Voglio solo essere brava. E renderli felici.
-Quindi anche con me sarebbe stato lo stesso, vero?
-Sì. Per me è sempre lo stesso. Con lui però è diverso.
-Come?
-Vederlo compiaciuto è la cosa che mi piace di più. Ogni volta che siamo a letto non vedo l’ora di vedere la sua faccia alla fine. Sono felice nel vederlo soddisfatto. Tutte le volte mi sorride. E non c’è cosa più bella di quel sorriso. Mi fa sentire bene.
Silenzio. Alzo lo sguardo e vedo il volto del Soldato turbato.
-Ho detto qualcosa che non va?
-No, no. Sono solo confuso.
-Perché?
-Perché non ho mai conosciuto nessuno come te.
-Cioè? Come?
-Semplice.
-Non sono semplice.
-Non mi fraintendere. È una cosa bella.
-Invece no. L'ambiguità è il mio lavoro. Gioco su quello per attrarre le vittime. La gente è attratta dall’ambiguo.
Silenzio.
-Non tutti.
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-Bucky.
-Maria.
Siamo sdraiati, lui sopra di me, ancora nudi, ad accarezzarci.
-Ho provato una sensazione nuova. Calda, bella. Non l’avevo mai provata prima.
-Sei felice?
-Tu lo sei?
-Te l’ho chiesto prima io.
Rido.
-Sì. Lo sono. Per quanto presto ci troveranno e probabilmente ci uccideranno. Ma in questo momento mi sembra di vivere. Non mi importa di quello che succederà a breve. In questo istante mi sembra di essere felice. Ed è strano, perché sono felice di essere felice. E se lo sei anche tu, questo accrescerebbe la mia felicità.
-Lo sono anch’io. Quello che c’è la fuori non esiste più. Conta solo lo stare qui con te.
Ride.
-Perché ridi?
-Perché non mi era mai capitato. Per una volta non ho paura di morire. È assurdo come comincia la vita. La mia è iniziata ora, che sta per finire.
-Sarebbe stato bello, iniziarla insieme.
-Avrei potuto trovare un lavoro semplice, magari anche il fattorino.
-Io avrei potuto trovare un altro posto dove fare la cameriera.
-Ci saremmo presi un appartamento da quattro soldi in periferia.
-E una bicicletta.
-Una sola?
-Sì. Tu che pedali e io sul manubrio. Come si faceva una volta. L'ho visto in un film. Ho pensato fosse... puro.
Mi guarda e mi bacia.
-Quanto tempo possiamo restare qui?- chiedo.
-Non molto. Anzi, forse dovremmo già iniziare ad andare. Probabilmente sanno già che siamo qui.
Mi dà un bacio sulla fronte, si alza dalla brandina e comincia a rivestirsi. Mi alzo anch'io e raccolgo i miei vestiti sul pavimento. Mi metto i pantaloni, il reggiseno e per ultima prendo la maglietta. È quella di Bucky, me l'ha data perché avevo usato la mia per premere sulla sua ferita e io quindi sono rimasta senza. Ma lui non può andare in giro senza maglietta, il suo braccio metallico va nascosto. In più i vestiti che abbiamo indosso sono sporchi di sangue.
-Come facciamo? Non possiamo uscire così- dico.
Silenzio. Bucky si guarda intorno per cercare una soluzione.
Improvvisamente, sentiamo come un bussare sulla botola. Mi congelo dalla paura. Ci guardiamo. Guardiamo la botola. Bucky spegne la luce e poi mi prende per mano. Non rispondiamo. Dopo qualche secondo, di nuovo, altre bussate alla botola. Gli stringo la mano. "Sono loro?". Non abbiamo la possibilità di difenderci. Non abbiamo la possibilità di scappare. Non abbiamo altra scelta che aspettare e vedere cosa succede. Altre bussate.
-Ragazzo. Siete ancora lì dentro?
È Don Alexander. Mi lascia la mano e va verso la botola. Non accende la luce.
-Sì, padre, siamo ancora qua.
-Fareste meglio a muovervi. Sono arrivati dei contadini che non ho mai visto. Non sono miei parrocchiani.
-Grazie, padre. Ma non abbiamo vestiti.
-Ci penso io.
Con dei passi capiamo che se ne è andato.
Silenzio.
-Ci hanno trovato- dico.
-Possiamo sempre scappare.
-Possiamo davvero?
Silenzio.
-Ci proveremo- dice. Mi prende e mi abbraccia. -Non dimenticarti di me.
-Che vuoi dire?
Improvvisamente, sentiamo degli spari, delle cose che si rompono e come un corpo caduto per terra. La botola si apre e dei contadini cadono dentro la stanza con dei fucili. "Ci hanno trovato."
Ci afferrano e ci fanno salire le scale col fucile puntato alla schiena. Appena saliamo, vediamo Don Alexander morto, steso per terra in una pozza del suo sangue. Attorno a lui dei vestiti da prete e da suora. Ci stava portando un travestimento. Ormai la vista del sangue e dei cadaveri non mi fa più effetto. Ma vedere quali erano le sue intenzioni, che voleva veramente aiutarci a scappare... mi commuove. Alcune lacrime mi rigano la fronte e mi girò a guardare Bucky, che è dietro di me scortato da altri tre contadini con i fucili puntati su di lui. È scosso. Torno a guardare il sacerdote in terra e noto tra i vestiti qualcosa che luccica. Sono le chiavi della macchina che abbiamo rubato per scappare da Vienna. Dò un'altra occhiata a Bucky. Anche lui le ha notate. Allora mi fermo. L'uomo che ha il fucile sulla mia schiena, mi dà qualche botta e dice:
-Và, non ti fermare.
Io non mi muovo. Lui insiste. Continuo a stare ferma. Allora la donna alla mia destra afferra una pistola da dentro il reggipetto e me la punta alla tempia.
-Non ci metto niente ad ucciderti qui e ora- dice.
Allora con uno scatto le afferro la pistola, facendole fare uno scatto in senso orario e spezzo così il polso alla donna. Mi giro e sparo contro l'uomo col fucile dietro di me, alla donna alla mia destra e all'uomo alla mia sinistra. Bucky allo stesso modo ha steso due dei tre uomini che lo scortavano. Ora tiene per il collo con il braccio metallico la donna che lo puntava col fucile dietro la schiena. La tiene in alto, cercando di strozzarla. Con un crack, capiamo che le ha rotto l'osso del collo. La butta in terra, sopra alcuni degli altri. Afferro le chiavi della macchina accanto al prete e Bucky prende un fucile e l'altro lo passa a me. Scappiamo così in cerca di una via di fuga secondaria che non sia il portone. Probabilmente non erano soli. Non bastano tre uomini a testa per fermarci. Arriviamo nello studio di Don Alexander e c'è una porta aperta che dà a un giardino, dove intravediamo la macchina. "Lo sapeva che non avrebbe fatto in tempo." Con cautela ci avviciniamo alla porta, nascondendoci per non farci vedere dall'esterno. Puntando i fucili e schiena contro schiena riusciamo ad arrivare alla macchina. Saliamo, mettiamo in moto, ma da questo momento in poi non ricordo più nulla.

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Ciao a tutti! Eccomi qua con un nuovo capitolo! Forse anche prima del previsto... ero troppo presa dalla scrittura che ho pensato di pubblicare un nuovo :)
Sta arrivando anche a breve il trailer per la seconda parte della storia! Sarà ambientata durante "Capitan America: Civil War" e naturalmente vedrà l'ingresso degli Avengers... devo solo decidere quando pubblicarlo per non fare spoiler! In più ho in cantiere un'altra Fanfiction... molto progetti in mente!
Let's keep in touch!
EggWoman1

Il Nulla prima del Tutto. || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora