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Luogo completamente buio. Sdraiata su quello che sembra un pavimento di cemento, freddo e ruvido. L'aria è fredda. Addosso un camice bagnato. Sudore? Acqua? Sangue? Non è possibile alzarsi. Il corpo è attaccato al pavimento. Aspettare. Non è possibile quantificare il tempo. Buio, insonorizzato. Odore di terra bagnata. In bocca sensazione di secco, ma non sete.
Si apre la porta, davanti. Entra la luce dall'esterno. Un luce accecante. Poco dopo si accende anche una luce all'interno. Cominciano a bruciare gli occhi, chiusi leggermente, perché il corpo non ha forza. Dei passi si avvicinano. Occhi si riaprono. C'è un uomo vestito di nero, con un passamontagna nero. Attaccata alla parete, non in terra. Non ci sono catene, non ci sono fili, non esiste niente che tenga attaccato il corpo alla parete. Solo una grande forza, come una forza di gravità molto molto più forte. L'uomo non dice una parola. Afferra il viso del corpo, apre la bocca e infila un tubo verde di gomma nell'esofago fin giù nello stomaco. Infila un imbuto dall'altra parte del tubo e fa scorrere giù un liquido caldo, che scalda tutta la pancia. Sensazione di calore. Continua ad essere impossibile ogni movimento o suono. E' nutrimento. Questo avvenimento succede spesso. Molte molte volte. Tra un "pasto" e l'altro il corpo dorme.
Si apre la porta. Stavolta entra una donna, senza passamontagna. Una donna dai capelli grigi e occhi azzurri, molto anziana. Ha un camice bianco. Entra con un carrello pieno di bottigliette di liquido, cavi, fili, aghi, macchinari e una cartellina.
-Buongiorno, ESF173- dice. Mette il carrelo da una parte e si avvicina. Tira fuori una piccola torcia e punta la luce agli occhi. Provoca tanto dolore e bruciore. Con una certa forza piega gambe e braccia e fa tutta una serie di controlli. -Ottimo- dice tra sé e sé. Torna al carrello e scrive sulla cartellina. Poi prende aghi, siringhe e flebo. Comincia a pungere, a iniettare liquidi vari e a mettere flebo su flebo. Queste "visite" succedono molte molte volte, più dei pasti. Piano piano che queste accadono, più e più volte, varie sensazioni sinmanifestano. E' come se ci fossero più forze, come se i muscoli fossero aumentati. Diventa possibile muovere le dita dei piedi e delle mani. La percezione del corpo e del luogo che lo circonda diventa molto più chiara e ogni piccolo particolare è percepibile. Compaiono anche i rumori. Questi provengono fuori dalla stanza. Urla di uomo di dolore, passi, voci, ma anche il respiro di chi si avvicina. Ogni singolo capello della donna è percepibile. Si distinguono anche i pochi capelli bianchi in mezzo a quelli biondi. Questo corpo non ha i capelli.
-Riesci ad emettere suono?- chiede. La bocca si apre. Non esce niente. -Dì il tuo nome. Ricordi qual è?
-E...- con una voce molto debole. Respiro. -...S...- Respiro. -...1...- Respiro. -...7...- Respiro. -...3...
-Molto bene. Vediamo se con questo riesci a dirlo meglio.
Prende una siringa dal carrello, estrae un liquidino da una boccetta di vetro verde e la infila nella gola del corpo. Molto dolore, così la bocca si apre e esce un grido, forte, di dolore. Tanto grida e le lacrime cominciano a rigare le guance. La donna estrae la siringa e mette un nastro a coprire la bocca.
-Bene, ha funzionato.- Prende la solita cartellina e scrive. -A breve sarai pronta.
Prende il carrello e esce. Di nuovo buio. Urla di uomo di dolore. Il corpo si addormenta.
Quando apro gli occhi, una luce forte mi acceca la vista. Mi copro il volto con le mani al forte impatto, per poi toglierle mano mano che mi abituo a quella intensità luminosa. Sono sul tetto di un grattacielo, probabilmente il più alto della città, perché attorno non ne vedo altri, ma solo nuvole. Abbasso lo sguardo e capisco di essere sul ciglio del palazzo, dell'abisso, talmente profondo che non riesco a intravedere il fondo oltre le nuvole. Il primo impulso che sento è quello di saltare sotto, verso la morte, verso il nulla, verso l'eliminazione della mia esistenza. Sento proprio un'attrazione, un desiderio profondo verso quell'abisso. Mi chiama e ogni fibra del mio corpo vuole rispondere. Delle lacrime mi rigano la faccia, ma non sono lacrime di dolore, ma gioia nel sentire di avere una speranza certamente realizzabile. Solo un passo. Nel momento in cui alzo un piede verso il vuoto, una voce di uomo mi trattiene.
-Maria- mi chiama. Mi giro e lo vedo. Ha i capelli neri lunghi fino il collo, gli occhi azzurri che saltano fuori dal trucco nero che li circonda, quasi fossero due lividi. Indossa una maschera nera a coprire il naso, la bocca e il collo. Divisa nera, attillata con un sacco di armi attaccate, dalle pistole ai coltelli. Dalla divisa spunta il braccio sinistro, metallico, con una stella rossa sulla spalla. Lo riconosco immediatamente. Il suo sguardo serio mi buca l'anima, però mi dà una sensazione calda allo stomaco e di leggerezza. Ancora fremo all'idea di cadere all'indietro verso un destino scelto, ora sono incuriosita. So benissimo cosa ci fa lì. So benissimo cosa vuole. Vuole la mia morte, non sapendo che è la cosa che bramo di più anch'io. Non capisco cosa stia aspettando.
-Maria- mi chiama una voce di donna. Dietro di lui, compare questa donna perfetta, di mezz'età. I capelli biondi raccolti in uno chignon perfetto, dal quale non spunta neanche un capello fuori posto. Gonna blu lunga appena sopra il ginocchio, la camicia di seta bianca e la giacca blu, tutto perfettamente stirato. Le perle al collo e agli orecchi. Perfettamente truccata. Gli occhiali da vista leggerissimi e quasi invisibili. I tacchi blu. Ha le braccia incrociate e sul volto uno sguardo di disapprovazione.
Quella vista è così insopportabile che mi lascio andare e cado all'indietro, mi butto dal palazzo. Nel momento in cui arrivo a terra mi sveglio.
La porta si apre e entrano tre persone. Urla di uomo di dolore. Tra di loro la donna con il camice bianco. Un uomo col camice bianco ha la barba e ha i capelli brizzolati. L'altro col camice bianco è pelato con gli occhiali. Portano un carrello vuoto con sopra dei vestiti neri. Urla di uomo di dolore.
-Buongiorno, ESF173 - dice la donna. In silenzio, comiciano a togliermi tutti i fili e cavi e flebo che ho attaccati. Urla di uomo di dolore. Entra anche il "nutritore" e fa quello che fa ogni volta: tubo in gola, imbuto e liquido caldo. Finito il suo compito, esce. Urla di uomo di dolore.
-Mettiamola in piedi- dice la donna, un volta staccati tutti i cavi. Tira fuori dalla tasca un piccolo telecomandino nero con sopra solo un bottone. Lo preme. Improvvisamente una scossa e il corpo si stacca dalla parete e fa per cadere a terra. Sebbene il tutto sia durato pochi millesimi di secondo, il corpo riesce a cadere in piedi saldamente, senza perdere l'equilibrio.
-Ottimi riflessi- commenta il pelato. Il brizzolato comincia a togliere il camice bagnato dal corpo. La donna scrive sulla cartellina. Urla di uomo di dolore. Dalla porta entra il "nutritore" con un tubo grosso e spesso e spara acqua addosso al corpo. Sebbene si percepibile dal rumore e dall'impatto con la pelle che il getto va a grande velocità, solo la sensazione di bagnato, non di dolore. L'equilibrio rimane saldo, senza avere il bisogno di fare neanche un passetto di assestamento. Dopo qualche minuto, spegne il getto e ritorna fuori con il tubo in mano. Urla di uomo di dolore. I dottori si avvicinano e esaminano.
-Nessuna lesione - dice il brizzolato.
-Equilibrio perfetto, non l'ha neanche sbilanciata - dice il pelato.
-Ha molta forza- dice la donna. Stacca il nastro dalla bocca del corpo. -Hai sentito dolore?
-No.
La donna e il pelato cominciano a toccare ogni parte del corpo, con particolare attenzione al costato.
-Non ci sono ossa rotte- dice il pelato. Il brizzolato avverto che fa un'iniezione sulla spalla.
-Cammini? - chiede il brizzolato. Con un'estrema leggerezza, il corpo cammina in cerchio per la stanza.
-Più veloce
-Corri.
Dopo qualche minuto.
-Bene, fermati.
-Prepariamola e portiamola da lui- dice la donna. Vestono il corpo con i vestiti che erano sul carrello: una maglietta a maniche corte, nera, e un pantalone con tante tasche. E' una divisa. Mettono anche degli stivali e me li allacciano. Il pelato afferra il braccio destro. Sul polso del corpo c'è un tatuaggio. "ESF173". Tramite un ago enorme inietta una cosa che poi lampeggia di rosso da sotto la pelle.
-Localizzatore iniettato - dice.
-Andiamo ESF173. Ti portiamo da lui - dice la donna. Fuori dalla stanza e attraverso corridoio lunghissimo e bianchissimo con tante porte bianche anch'esse. Nessuna scritta, nessun numero. Solo il colore bianco. In fondo, davanti a uno specchio. La donna appoggia la mano su di esso e una voce dice:
-Accesso consentito.
Lo specchio è una porta. Una sala completamente bianca, in cui al centro ci sono un tavolo e due sedie una davanti all'altra. Tutto bianco. Sul tavolo un bicchiere di latte e due meringhe bianche. Una parete della stanza è di vetro e separa questa stanza con una specie di osservatorio con dei sedili, bianchi. Seduti ci sono delle persone con camici bianchi.
-Aspetta qui - dice la donna e tutti e tre i dottori escono. Poco dopo ricompaiono seduti sulle poltroncine aldilà del vetro. Parlano ma non è possibile sentirli. Esiste solo un ronzio. Una mosca gira per la stanza. ZZZZZZZ. Eccola lì. Fastidio, è quasi assordante. ZZZZZZZZ. Entra un uomo sugli 80 anni, vestito con un completo blu cobalto.
-Ciao ESF173. Io sono Jon.
Si siede su una delle sedie.
-Ti unisci a me? - mi indica la sedia di fronte a lui. Il corpo si siede. ZZZZZZZZ. Prende una meringa e comincia a mangiarla. Porge l'altra al corpo, ma non la prende.
-Mangia questa meringa. E' molto buona, sai? Questa è la mia preferita. Semplice, senza troppe cose chimiche in mezzo. Me le faceva mia mamma da bambino. Queste invece le fa mia moglie. Sono buone, ma non sono la stessa cosa. Ti prego, assaggia.
La porge di nuovo e stavolta il corpo la prende e la mangia. -Allora? Com'è?
-Buona.
ZZZZZZZZ.
-Sì, non è male. Come ti senti oggi? ZZZZZZZZZZ.
-Bene.
-Ti vedo bene. Da stasera comincerai a mangiare a un tavolo e con la forchetta, come una cristiana. Mi dispiace per l'imbuto, ma non sapevamo come fare per farti ingoiare. Abbiamo provato i primi giorni a darti da mangiare col cucchiaio, ma non riuscivi proprio a deglutire, soffocavi. E' una soluzione barbara, lo so, ma era necessario. Lo facciamo con tutti i primi giorni. E' la prima dose. Fa quest'effetto. ZZZZZZZZZZZ. Il corpo gira la testa a guardare i dottori aldilà del vetro, dietro le spalle.
-Loro? Sono i tuoi dottori. Vogliono solo il tuo bene. Stiamo cercando di capire come aiutarti. Hai tanto vibranio in giro per il corpo. Dobbiamo vedere che effetto ha su di te e dentro di te. Per ora stai andando bene. Nessuna difficoltà nella respirazione, a livello cardiaco, motorio, nervoso, immunitario e del metabolismo. Anzi, tutto sembra migliorato, amplificato e oserei dire perfezionato. Perciò abbiamo deciso di metterti alla prova per vedere nel pratico cosa sai fare.
ZZZZZZZZZZZ.
-Hai qualche domanda?
-No.
-Bene, allora possiamo iniziare.
Si infila una mano i tasca e tira fuori un cofanetto bianco.
ZZZZZZZZZZ.
Lo poggia sul tavolo, lo apre e lo fa scivolare davanti.
ZZZZZZZZZ.
Ci sono quattro coltelli bianchi.
-Con questi voglio che tu provi ad impressionarmi.
ZZZZZZZZZZ.
Instintivamente, col primo coltello e senza sprecare neanche un secondo a guardare, il corpo lo lancia contro la mosca. Il coltello cade.
-Questo è stato piuttosto stupido. Afferra un coltello, afferra la mano del corpo e prova ad infilzarlo nel palmo. Il corpo è più veloce di lui e più intuitivo, gli afferra il polso, gli strappa il coltello e glielo infilo nel dorso dell'altra mano e la lama lo attraversa fino a conficcarsi nel tavolo. Il sangue comincia a scorrere. Rosso, rossissimo sul bianco. Il corpo sente delle voci e dei passi affrettati avvicinarsi alla porta della stanza, così afferra gli altri due coltelli rimasti e li lancia contro la porta, che si apre e questi si conficcano nella fronte e nel torace di un uomo vestito di nero con il passamontagna. Altro rosso sgorga sul bianco.
-Signore, ha ucciso una mosca col primo coltello - dice una voce provenire da un interfono dietro che collega la stanza all'osservatorio. Tutti i dottori in piedi, spaventati e sbalorditi. Quello che ha parlato è il dottore pelato.
-Impressionato? - chiede il corpo. Chiedo io.
Jon mi guarda.
-Portatela all'elettroshock.
Entrano tre uomini con il passamontagna, mi afferrano e mi infilano una siringa sul collo. Questa mi immobilizza. Non riesco neanche a muovere le palpebre. Uno dei tre libera Jon dal tavolo. Questo viene a me e mi dice:
-Sì, mi hai impressionato. Ma non colpire mai i tuoi amici. Altrimenti succede questo. Portatela via.
I tre uomini mi sollevano. Torniamo nel corridoio bianchissimo e entriamo da una porta bianca. Arriviamo in questa stanza nera con al centro un lettino. Mi sdraiano lì sopra, alcuni dottori mi legano con delle cinghie, mi mettono un morso in bocca e mi collegano a dei fili.
-Sentirai dolore - dice la donna. Gira una manopola e il mio corpo comincia a bruciare, bruciare come se fosse in fiamme, come se la carne mi si stesse staccando dalle ossa e le ossa diventassero polvere. Grido dal dolore, ma è come se anche emettere suono mi provocasse bruciore. Non riesco a respirare. Svengo.-
CIAO A TUTTI! Mi farebbe piacere sapere se la storia vi sta piacendo :) avreste la pazienza di perdere due minuti per scrivere le vostre opinioni?
Ringrazio in anticipo chi lo farà!
Ps: Nuova Fanfiction pubblicata! Un nuovo capitolo al giorno :)
EggWoman1
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Il Nulla prima del Tutto. || Bucky Barnes
FanfictionPrimo capitolo della trilogia del "Tutto". "Perché non mi hai ucciso? Quella volta in Italia. Perché sei andato via? Ero lì, davanti a te, sola. So che morivi dalla voglia di farlo. Sentivo il tuo ardore verso quel grilletto del fucile che tenevi in...