Capitolo 4 - seconda parte
Esco dal retro. Ma appena chiudo la porta, mi rendo conto di non essere sola.
-Ciao.
I suoi occhi azzurri bucano l'oscurità notturna del vicolo. È come se brillassero di luce propria.
-Soldat- dico, immobile e attaccata alla porta con la schiena. Non ci muoviamo, non ci spostiamo di un millimetro.
-Ti ho trovata.
Detto questo, fa un passo verso di me e io lo attacco. Lo faccio istintivamente, d'impulso: faccio per dargli un calcio in faccia, ma con la sua mano metallica mi afferra la caviglia e mi immobilizza la gamba. Allora salto per colpirlo con l'altra gamba in aria e lo becco in pieno naso. Lui fa qualche passo indietro, attutendo il colpo. Lascia la presa e io atterro in piedi. Tiro fuori dai pantaloni un coltello da bistecca che avevo preso al ristorante e glielo tirò contro, ma lui riesce ad afferrarlo al volo e lo butta in terra. Allora mi viene incontro, mettendomi una mano sul fianco destro e la mano metallica sulla bocca, facendomi indietreggiare fino ad avere la schiena contro la porta, come prima. Io tiro fuori il secondo coltello da bistecca e glielo punto alla gola.
- Vedo che le vecchie abitudini restano- commenta. - Non voglio farti del male. Non sono qui per questo.
Mi leva la mano dalla bocca.
- E perché sei qui?
- Per rivedere una vecchia amica.
Lascia la presa su di me, ma non si sposta.
- Eravamo estranei. Poi hai cercato di uccidermi. E siamo diventati nemici.
- Non l'ho fatto.
- È vero, non l'hai fatto. Ma ci sei andato vicino.
- Controllavano la mia mente. Tu dovresti capirlo meglio di tutti.
Silenzio.
- Perché sei qui?
- Passerina! Passerina mia sei qui? Non ti trovo da nessuna parte, topolina.
Il bussare di Elena alla porta su cui eravamo appoggiati ci interrompe. Ci spostiamo e la lascio uscire.
- Sì, Elena, sono qui. Ho buttato la spazzatura, già che c'ero.
- Salve, signore! Che ci fa qua dietro? Pensavo ci aspettasse all'ingresso! Comunque spero abbia gradito la sua cena- dice Elena, sorridendo con i suoi denti gialli tra labbra tinte di un rossetto rosso sempre impeccabile.
-Molto, grazie- sorride. Non avevo mai visto il Soldato d'Inverno sorridere. - Sono qui perché pensavo che questo fosse l'ingresso dipendenti.
- Ha gradito la sua giovane cameriera? E' brava, vero? E' quel tipo di italiano che andresti a rapire a Napoli o a Roma per portarlo a casa a farti rallegrare la giornata.
-Sono di Firenze, Elena, lo sai- dico.
-Sì, pesciolina, lo so, ma non è questo il punto. Voi italiani siete così affascinanti e carismatici che rendete tutti di buon umore! Anche il signore qui, che era evidente avesse avuto una brutta giornata quando è arrivato da noi. Lo vedi ora, farfallina, lo vedi che sorride? Beh, sa che le dico? Torni pure quando vuole il morale sollevato. L'Italia e gli italiani hanno il potere di risollevare lo spirito a tutti quanti e di trasformare la vita in una gioiosa tarantella attorno a una tavola apparecchiata con su servite delle lasagne appena sfornate. Ah, che magia, quel posto, che atmosfera! Sono contenta che lei, signore, abbia potuto sperimentare almeno un briciolo di quella sensazione che ho io tutte le volte che torno in quel magnifico paese attraverso il mio modestissimo ristorante, in cui mi impegno tanto per far percepire ai miei clienti quelle emozioni che irradiano il mio corpo non appena metto piede nel bel paese
-Sì, è stata una serata piacevole.
-Ha lasciato qualcosa nel ristorante? E' qui per questo motivo?
-No, in realtà mi sono ricordato di non aver dato la mancia alla cameriera.
Detto questo, infila una mano nel tasca del giacchetto, estrae una banconota da cinque euro e me la porge. La prendo.
-La ringrazio per la mancia- dico.
-Grazie a te... per avermi risollevato il morale. Eh sì, signora, non ho una bella giornata da un po'. Ma quegli spaghetti alla bolognese mi hanno risollevato, erano una bomba. Complimenti al cuoco.
- Grazie! Verrà omaggiato domani con calma, ora probabilmente è già rientrato a casa. È ora della nanna. Amoretta...- dice rivolgendosi a me. Nel frattempo Hal esce e chiude la porta a chiave. Poi si avvicina a noi. -...forse faresti bene a chiedere al signore un passaggio. Dopo quello che ti è successo mi sentirei più tranquilla se non fossi sola. Il signore qui mi sembra un uomo rispettabile ed è stato molto gentile a darti la mancia di persona, no? Io ho la macchina, se vuoi posso portarti io a casa, ma vedi, zucchina, tu abiti dall'altra parte della città e devo già riaccompagnare il tenerino qua - indicando Hal. Qualsiasi cosa succederà, non posso coinvolgere Elena o Hal. Non posso andare in macchina con lei, non posso essere causa della loro morte. Se il Soldato d'Inverno mi vuole uccidere, lo dovrà fare quando sarò sola. Se elimini il Nulla nessuno se ne accorge.
-Non ti preoccupare, Elena. Io e il Signore prendiamo lo stesso autobus. Non è vero?
- Credo proprio di sì.
Un momento di silenzio.
-Non sarà mica il bastardo che ti ha picchiata, eh, Sofia?- chiede Hal, mettendosi davanti a me come per proteggermi.
-No, Hal. Grazie per l'interessamento. Viviamo nello stesso quartiere. Lo vedo spesso- dico, spostandolo.
Un altro momento di silenzio.
-Va bene, tatina, noi andiamo a fare la nanna. Ci vediamo domani alla stessa ora. Buonanotte. Ah, mi raccomando signor Spaghetti alla Bolognese: me la tenga d'occhio!- si infila una caramella in bocca e, ridendo sotto i baffi, si avvia alla sua macchina, parcheggiata proprio davanti a noi.
-Buonanotte, Elena.
-Buonanotte, Signora.
Aspettiamo di vedere scomparire la macchina prima di muovere qualsiasi muscolo o di dire qualcosa.
-Simpatica- dice, seguendo con lo sguardo l'auto allontanarsi.
-Soldat. Perché sei qui?
Si gira e mi guarda.
-L'Hydra non è morto. È sulle nostre tracce.
-Cosa?
-"Tagli una testa e altre due spuntano fuori." Ti suona familiare?
-Non è possibile. Capitan America lo ha sconfitto, la Vedova Nera ha reso pubblici tutti i fascicoli, è morto! Non esiste più!
-È quello che pensavo anch'io.
-Io non sarei qui altrimenti.
-Neanche io. Dopo Washington DC, ho lasciato gli USA. Volevo scappare e avere una nuova vita. Come hai fatto tu. Ero andato a Bucarest. E le cose andavano tranquillamente. Fino a quando cinque uomini sono entrati di notte nel mio appartamento e hanno tentato di uccidermi. Uno di loro, prima di morire, ci ha tenuto ad informarmi che stavano arrivando per me... e per te. Ho fallito più di una volta e sono scappato. E tu sei scappata più volte. Siamo pericolosi, difettosi. Ti ho cercato e non chiedermi come ti ho trovata.
-Dovrei crederti?
-Chi credi ti abbia aggredito alla macchinetta delle sigarette? Non poteva sembrare un uccisione sospettosa, ma una tragedia comune. Un ladro stupratore per te e una rapina in casa per me.
-Come fai a sapere dell'aggressione?
-Io ero lì. Ti seguivo da qualche giorno per capire come approcciarmi. Ti ho visto spesso in passato assumere diverse identità, so come fai e so come riconoscerti. E quella sera ti ho salvato la vita. Sono io che ho sparato.
-Stavo morendo, potevi uccidermi.
-Abbiamo degli organismi diversi dalle persone comuni, questo lo sai benissimo anche tu. E infatti sei ancora qui.
-Ma perché aggredirmi?
-Perché mandarti all'ospedale, far studiare dai medici le tue ferite da arma da fuoco con proiettili di marcatura sovietica e le tue straordinarie capacità autoguaritrici avrebbe portato al coinvolgimento della polizia. E se vogliamo uscire da questa situazione le autorità andavano avvisate. E questo ha messo loro la pulce nell'orecchio.
Silenzio. Penso a tutto ciò che mi ha detto. Può essere tutto vero?
-E perché tanta pena per venire a salvarmi?-----
Ciao a tutti!
Ecco Bucky in scena e alcuni inghippi spiegati! Che ne pensate?
Prossimo capitolo quando questo raggiunge i 6 voti.
EggWoman1
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Il Nulla prima del Tutto. || Bucky Barnes
FanfictionPrimo capitolo della trilogia del "Tutto". "Perché non mi hai ucciso? Quella volta in Italia. Perché sei andato via? Ero lì, davanti a te, sola. So che morivi dalla voglia di farlo. Sentivo il tuo ardore verso quel grilletto del fucile che tenevi in...