Cambi di programma.

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Il mattino seguente Harry si alzò prima che potesse svegliarlo il telefonino, con la sveglia impostata alle 7:00 in punto. Si alzò silenziosamente dal letto, e si stiracchiò. Ancora una volta si trovò stupidamente a sperare che Louis nella notte si fosse alzato per tornare nel letto con lui, come la prima notte. Già, avevano dormito insieme una sola notte, eppure quel contatto fisico così breve lo aveva già fatto diventare dipendente da quelle braccia muscolose, seppur  sottili. Tutta la notte aveva sentito un piacevole brivido lungo la schiena, ogni qual volta l’altro attaccava completamente il petto alla sua candida schiena. Scosse la testa per scacciare il pensiero, pur sapendo ormai, che la propria eterosessualità poteva solo sognarsela, e si stiracchiò per bene, come d’abitudine. Uscì dalla stanza strisciando i piedi sul pavimento, non avendo nemmeno la forza psicologica per alzarli, e si avviò lungo il corridoio. Non appena vide la porta della camera da letto socchiusa, e riuscì ad intravedere Louis steso si fermò immediatamente. Spinse con delicatezza la porta e entrò piano nella stanza, guardandosi attorno. I cuscini sul letto erano tutti in terra, me le coperte non erano per nulla sottosopra. Il letto su cui dormiva era immacolato e sul comodino c’erano un contenitore senza etichetta. Si avvicinò ad esso, e lo afferrò, rigirandolo tra le mani: si notava subito che la carta era stata volutamente strappata e che probabilmente all’interno c’era della medicina. “Sonniferi” pensò Louis, ma incuriosito, uscì silenziosamente dalla stanza e si diresse di sotto, in cucina. Aprì il mobiletto in cui c’era il cesto dei rifiuti e cominciò a frugare. Prima trovò una bottiglia di vino vuota, poi, un po’ schifato dalla situazione, continuò a frugare. Appiccicata ormai ad altri rifiuti, c’era un’etichetta bianca, con piccole scritte nere. Più in grande, c’era scritto “Valium”. Harry osservò la scritta, ma non conoscendo il tipo di farmaco, fu sicuro che fosse solo un sonnifero. Ma non si spiegava la bottiglia di vino vuota, e non gli interessava: Louis poteva bere quanto voleva se poi non gli dava fastidio. In ogni caso l’altro sembrava stesse mollando all’idea “del dominatore e del sottomesso”, e questo al riccio, da una parte lo confortava, dall’altra non gli piaceva, adorava quando Louis in qualche modo lo toccava o provocava.

Abbandonò ogni pensiero quando lo stomaco si mise a brontolare, e quindi decise che l’argomento “Louis” poteva aspettare, per far spazio all’argomento “colazione”. Si mise ai fornelli, prendendo tutto il necessario, muovendosi agilmente attraverso la familiare cucina. In poco tempo, preparò due omelette, una destinata ovviamente al ragazzo che ancora dormiva.

Era già a metà colazione quando Louis si presentò in cucina. Brontolò un rude “buongiorno” a cui Harry rispose con un cenno del capo. Aveva un aspetto orribile. Il subconscio del riccio però si corresse “orribile, ma sempre bellissimo”. Aveva i capelli scompigliati, gli occhi gonfi e socchiusi, le pupille piuttosto dilatate ed un’aria piuttosto stanca. Si sedette a tavola e si stiracchiò, afferrando il proprio piatto con un semplice “grazie”. Dopo alcuni minuti, serviti a riprendersi, Louis alzò lo sguardo e incrociò quello di Harry –che sentì il familiare brivido lungo la schiena, quando il liscio piegò le labbra in un sorriso complice- e prese a parlare.

“Oggi ti porto in un bellissimo posto, che non è la scuola”  non appena Louis vide Harry roteare gli occhi, scrollò le spalle e aggiunse: “Cambio di programma! Non proverò a sottometterti. Direi che un’amicizia basata sul sesso possa andar bene.”

Il riccio a quelle parole si illuminò. Poteva fare con Louis ciò che voleva, senza ricevere regole o punizioni. Finirono di fare colazione in silenzio, dopo che Harry ebbe accettato di fare un giro. Sarebbe dovuto essere stato arrabbiato con lui, ma semplicemente non ci riusciva: si disse che era la prima ed ultima volta che lo perdonava. Salì poi di sopra a vestirsi e fino a quel momento , tutto tranquillo. Mentre si allacciava le scarpe, si chiese se, una volta tornati i genitori, sarebbe cambiato qualcosa.

Alle otto erano giù il vialetto, e Louis, già stava prendendo posto. Poco dopo, il riccio si sedette al posto del passeggero e poterono partire. Fecero un quarto d’ora di macchina in silenzio, senza nemmeno la musica. Nell’aria però, non c’era imbarazzo: entrambi sapevano come sarebbe andata a finire. Una volta arrivati a destinazione, il ragazzo alla guida parcheggiò. Era un’insenatura nella scogliera, c’era una spiaggetta, ed era deserta. Entrambi scesero, e poggiarono i piedi sulla sabbia. Louis subito raggiunse la riva, quel posto era lo conosceva come le sue tasche, era lì che portava ogni volta le sue conquiste. Harry, in poco lo raggiunse e si sedette sulla sabbia. Il liscio lo imitò, ed una volta seduti entrambi in terra, Louis poggiò la mano sulla sua coscia, muovendola in modo provocante.

Il riccio, per non cedere immediatamente, cercò di concentrarsi su altro, e l’unica cosa che saltò all’occhio, fu della carta stagnola che si intravedeva nella tasca dei jeans dell’altro. Si affrettò ad afferrarla e osservarla. Fece in tempo a scartarla e notarne il contenuto, prima che l’altro gliela strappasse di mano e la rimettesse a posto. Poi Louis si mise a cavalcioni su di lui, e lo guardò con l’aria più maliziosa che potesse avere. Ma Harry non era tranquillo.
Harry in quella carta aveva visto delle pasticche.

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Eh nulla, questo è il capitolo.

Se vi piace vi prego di farmelo sapere.

Se non vi piace fatemelo sapere lo stesso.

I commenti critici, purché non offensivi, sono sempre bene accetti.

Se nemmeno questo capitolo attira interesse, mi vedo costretta a interrompere la storia.
Comunque, se volete seguirmi, sarò felice di ricambiare tutti.

Fell for you|| Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora