Questione di attrazione.

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“Non me ne fotte, Louis. Dimmi cosa vuoi fare. A casa mia fai il frocio, lì fuori mi odi. Non mi piacciono i lunatici.” Harry era davvero arrabbiato. In realtà non sapeva bene il perché: poteva dire davvero che odiava le persone a doppia personalità, ma in quel caso non era così. Per un attimo si staccò dal corpo del più piccolo e capì. L’attrazione verso Louis ormai  non era più solo fisica. Si stava trasformando in altro. Non poteva farlo, non poteva succedere davvero. Il riccio indietreggiò di qualche passo, con lo sguardo perso nel vuoto, poi, come tipica scena da film, prese a scappare, correndo di sopra, salendo le scale velocemente –tanto da rischiare di inciampare-  e si fiondò in camera propria, sbattendo la porta alle spalle e chiudendola a chiave. Si tuffò sul letto e provò a dimenticare Louis, almeno momentaneamente. Ma appena affondò la testa nel cuscino, si accorse che quest’ ultimo aveva ancora il suo odore. Era tentato dal buttarlo via, ma contemporaneamente sarebbe stato abbracciato a quest’ultimo tutto il pomeriggio. Come faceva a non pensare a quegli occhi azzurri, tendenti al colore del ghiaccio. Si lasciò avvolgere dalle coperte, come se quest’ultime potessero imitare le braccia che lo avevano abbracciato quella notte e in cui avrebbe passato volentieri parecchio tempo. Ed Harry si trovò a pensare che fosse un coglione, che stesse diventando una femminuccia, una ragazzina con gli ormoni a palla per il cattivo della situazione.  Voleva uscire e dire a Louis che gli faceva schifo e che lo odiava a morte, ma semplicemente rimase tutto il pomeriggio nel letto, a dormire, o a pensare ad un modo di farsi passare la cotta.

Intanto Louis non aveva gli stessi problemi. Semplicemente aveva chiare le proprie idee. Verso Harry era pure ed unica attrazione fisica. Non capiva però, il perché della sua fuga, dopo quello scatto aggressivo. Il resto del pomeriggio lo passò in salotto, a telefono o guardare la tv. Non aveva intenzione di andare a chiedere scusa ad Harry. Infondo non lo aveva fatto parlare, quindi non avrebbe potuto spiegare. Si iniziò a preoccupare solo quando per le otto e mezzo ancora non era uscito da quella stanza. Quindi ordinò delle pizze e due birre e non appena il fattorino consegnò il tutto, salì di sopra da lui, cercando di convincerlo ad uscire: infondo un cuore ce l’aveva anche lui, ed ammetteva di averlo trattato piuttosto male. In risposta ricevette un ‘vaffanculo, Lou!’, ma dopo un minuto la porta si aprì timidamente. Louis scattò per immobilizzare l’altro, prima che potesse fuggire via, ma Harry lo scansò con un veloce gesto.

“Devo chiedere il permesso anche per fare una doccia, Loueh?” chiese sarcastico, mentre si allontanava. Entrò nel bagno, accanto alla propria camera, e socchiuse la porta alle spalle. Prese a spogliarsi lentamente, buttando tutti i panni in terra e poi entrò in doccia. Aprì il getto dell’acqua calda, ed il vapore invase immediatamente la stanza. Per alcuni minuti riuscì a sgombrare la mente, dimenticando anche il dettaglio della porta semichiusa. Però Louis questo lo aveva ricordato.

Non ci mise molto ad entrare silenziosamente nella stanza, spogliarsi di quei pochi indumenti che aveva addosso ed scostare la tenda. Harry era lì ad insaponarsi i capelli ad occhi chiusi, quindi non notò nulla. Si infilò nella doccia, anche lui sotto il getto, e cinse i fianchi dell’altro con le proprie braccia. L’altro trasalì. Stava per gridare, ma poi si accorse che era solo il più bassino, dalle iridi azzurre. Il liscio non ci mise molto ad attaccare il proprio corpo al suo, per sfoggiare poi un sorriso malizioso.

“Ora mi lasci parlare, ragazzino?” chiese Louis, prendendo a massaggiare il pube di Harry, che cercava di contenere la propria eccitazione.

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Salve a tutti!

Scusate per l’attesa, ma sono giorni in cui sono piena di studio e quindi non ho avuto il tempo.

Anyway, ecco il capitolo, perdonatemi  se è breve.

Fell for you|| Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora