TRENT'ANNI DOPO

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Settembre 2019

Anna inizia il terzo anno di liceo, in questi anni si è trasformata in una vera e propria donna. È un metro e settantaquattro centimetri, ha gambe snelle che non finiscono più e di certo non passa inosservata. Non è anonima come lo ero io.  

Per fortuna si è fermata, da un anno non cresce più, si lamenta perché c'è una ragazza in paese che supera il metro e ottanta e a parte il fatto che fatica a trovare un ragazzo della sua altezza, non si è mai sentita a suo agio con gli altri. Le donne alte vanno bene solo se fanno le modelle, o se lavorano nel mondo dello spettacolo, dice sempre, non in un paese di ottomila abitanti, e questa ragazza non è nemmeno intenzionata a lasciare il paese per trasferirsi, che so, in qualche grande città in cerca di lavoro che le potrà permettere di allargare i suoi orizzonti.

Anna al contrario, fino alla fine della prima superiore è sempre stata più alta delle sue amiche, sia dei ragazzi che le sbavavano dietro. Adesso invece riesce a captare l'interesse anche da parte di ragazzi più grandi, ma questa non è la sua priorità. Non che non abbia mai avuto storielle adolescenziali, ma si sa dove la possono aver portata, giusto giusto a qualche bacetto insignificante rubato in un cinema buio.

Preferisce di gran lunga divertirsi con le amiche, cantare, ballare e fare cazzate come tutti gli adolescenti, per poi venire a confessarmele tutte, nei nostri momenti madre-amica e figlia.

"Devo studiare, non ho tempo per innamorarmi se voglio andare all'università. Sarebbe solo una distrazione."
"Dici così solo perché non hai ancora incontrato la persona che ti fa sentire le farfalle nello stomaco. Tuo papà studiava ancora e nello stesso tempo lavorava quando si è innamorato di me."
"Vero mamma, ma aveva 23 anni e come mi hai raccontato si è divertito prima, senza alcun legame sentimentale. Passami il termine."

"Possibile che anche in questo sei uguale a lui?" Sbotto incrociando le braccia al petto.

"Di te mamma, ho preso i capelli ricci, che sono sempre stati il debole di papà, ho preso la tua diligenza e il tuo romanticismo, non che mancasse anche a lui, ho preso la tua forza, mi hai cresciuta da sola e penso tu abbia fatto un gran lavoro..."
Dice indicandosi con le mani e facendo un giro su sé stessa ridendo.
"...e soprattutto ho preso l'amore che mi dai tutti i giorni."

Non mi sono mai sentita così felice e orgogliosa di lei come in questo momento.
"E poi chissà, l'anno prossimo, come te, potrei incontrare il mio allevatore di farfalle e scappare con lui su un'isola deserta!"
Mi dice seria da far paura.

"Eh no, mia cara. Non lo farai mai per due motivi: primo non mi abbandoneresti mai, papà in qualche modo, te lo impedirebbe, che so, entrerebbe nei tuoi sogni facendoti rinvenire da quel momento di poca lucidità. Secondo ... su un'isola deserta non ci sono computer e internet, perciò tu e il tuo allevatore di farfalle vi amerete anche qua."

Oggi in ufficio, Lara, una mia collega mi informa che il nostro titolare, l'architetto Ferreri, andrà in pensione fra poco tempo e che non avendo figli a cui lasciare l'attività, dovrà trovare degliacquirenti che possano subentrare con una fusione societaria o cose simili, altrimenti sarà costretto a liquidarci e ... addio lavoro sicuro.

Non che mi crei particolari disagi economici. L'incidente di Davide era stato rimborsato con una quantità di denaro ad assicurare una sicurezza economica a me e ad Anna soprattutto, fino al compimento del suo diciottesimo anno. Non ho mai speso un soldo, li ho sempre messi da parte per lei. Con il mio stipendio sono sempre riuscita a mantenerci. Siamo solo in due, inoltre Davide aveva stipulato una polizza sulla vita non appena gli avevo detto di essere incinta, perciò con la rendita che ho scelto di riscuotere mensilmente, ci permette di finire di pagare il mutuo di casa, mancano pochissime rate, e di darci una certa sicurezza.

Un battito di aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora