- Paula? La cena è pronta! - urlò dalla cucina, mentre finiva di apparecchiare la tavola. Sentì la piccola sgambettare giù per le scale, con un passo eccitato. Le aveva promesso che avrebbe cucinato delle lasagne quella sera, il suo piatto preferito.
- Buon appetito... - mormorò Paula, sedendosi a tavola e mettendosi a mangiare. Nonostante la sua gioia nell'assaggiare quella delizia fosse palpabile, il suo sguardo era velato, triste.
Consumarono la cena in silenzio, come quasi ogni sera, mentre la piccola Clara dormiva nella sua culla ormai da qualche ora.
Quando Paula ebbe finito di mangiare, aspettò qualche minuto, poi, timidamente, chiese:
- Posso andare in camera mia? -
Alicia la osservò, delusa da quell'ennesima richiesta. Nonostante fossero passati mesi, ancora non era riuscita a conquistare la fiducia e l'affetto di quella bambina. Eppure, lei stava iniziando a volerle bene.
- Certo! - rispose, sforzandosi di mostrare un sorriso. - Ma prima lascia che ti dica una cosa. Che ne dici di fare un viaggio? Ti piacerebbe? -
A Paula si illuminarono gli occhi.
- Andiamo a trovare la mamma e la nonna!? - esclamò, speranzosa.
Alicia si sentì come se la stessero pugnalando.
- No, Paula. Purtroppo non possiamo. - si alzò e si inginocchiò di fianco alla sua sedia. - Ne abbiamo già parlato. La tua mamma non tornerà. E' fuggita ed ha deciso di abbandonarti. Se non fossi venuta a prenderti in Thailandia, probabilmente ti avrebbe lasciata lì per sempre. -
Le si spezzò il cuore nel vedere una lacrima rigare il viso della piccola.
- Non piangere Paula. So che ti manca, ma starai meglio. Non sei più sola. - le sussurrò, poggiandole una mano sulla gamba.
Paula scoppiò in lacrime e le si buttò al collo, stringendola in un mare di singhiozzi. La forza che quel corpicino esile tirava fuori di fronte a tutto quel dolore era sbalorditiva. Alicia la strinse a sua volta, trasmettendole tutto il calore di cui era capace ed accarezzandole la testa.
- Forza, vai a giocare ora. Arrivo tra qualche minuto. - le disse, scoccandole un bacio sulla testa ed asciugandole le lacrime. Paula le sorrise e corse su per le scale.
Alicia si sedette per terra, stremata. Quando aveva scoperto dove si trovavano la figlia e la madre di Raquél, non aveva esitato un momento nel decidere di prendere Paula in affido. Voleva prevaricare in quella guerra che ormai andava avanti da mesi. Ma, ben presto, si rese conto che il parto l'aveva cambiata e che prendere in affido una ragazza pre-adolescente non era una cosa che si fa "solo per vendetta". Paula era una ragazzina fragile, ma allo stesso tempo tanto forte e Alicia non ci aveva messo molto ad affezionarsi davvero. Ed ora, non sopportava di vederla soffrire in quel modo. Ancor meno sopportava il fatto di doverle mentire ogni giorno riguardo sua madre, con la consapevolezza che quella bugia prima o poi sarebbe andata in frantumi.
Ma ciò che la feriva di più, era la consapevolezza che Paula non avrebbe mai accettato Alicia come "madre". Certo, in fondo, come avrebbe potuto, una madre la aveva già e non avrebbe mai smesso di volerle bene, era piuttosto normale che Paula non la riconoscesse come madre. Ma, nel profondo, Alicia sapeva che quella ferita era dovuta al fatto di non essersi mai sentita all'altezza di Raquél. Non lo era mai stata, fin dai tempi dell'accademia. Poi, era arrivata quella stupida rapina alla zecca, in cui il caso era stato affidato a lei, che nemmeno si era dimostrata in grado di risolverlo, innamorandosi di quel Professore ciarlatano. Ed ora, quell'enorme fallimento alla banca, l'evasione da Cruz del Norte. Tutto quello la stava lentamente distruggendo, trascinandola in un vortice di emozioni negative che la annientavano giorno dopo giorno. Aveva pensato che vendicarsi, togliendole la cosa a cui teneva di più, avrebbe in qualche modo riscattato il dolore di un'ambizione mai raggiunta a causa sua. Ma non era stato così, non sarebbe mai stato così.
Di fatto, ora si trovava in un limbo dal quale era impossibile uscire.
Da una parte, l'affetto per Paula che cresceva giorno dopo giorno, compromesso da una bugia che diventava sempre più imponente giorno e che prima o poi gliela avrebbe portata via.
Dall'altra, la verità, l'accettazione di tutti i suoi fallimenti, la redenzione, che però l'avrebbero trascinata in conseguenze irreparabili. Per prendere in affido Paula aveva corrotto il giudice e se si fosse venuto a sapere sarebbe stata accusata di sequestro di minore. Non bastavano i suoi fallimenti professionali a torreggiare come demoni sulla sua vita, insieme all'inquantificabile dolore che aveva inflitto agli innumerevoli prigionieri che aveva torturato negli anni; ora si era anche macchiata di crimini dai quali difficilmente avrebbe potuto difendersi di fronte ad una corte.
Si asciugò una lacrima ed iniziò a sparecchiare. Si sarebbe corazzata, come aveva sempre fatto, fingendo di essere la donna fredda ed impenetrabile che tutti avevano sempre cercato di evitare. Aveva vinto una battaglia, ma non aveva vinto la guerra. Raquél era da qualche parte la fuori, e presto o tardi sarebbe venuta per riprendersi sua figlia. Non poteva farsi trovare debole e vulnerabile.
Piegò la tovaglia, spense le luci e prese in braccio Clara, la sua bambina, l'unica che in quel momento della sua vita riusciva a darle gioia. Dormiva profondamente, nonostante la tenera età. Le diede un bacio sul naso e si incamminò verso le scale, cullandola.
Salì al piano di sopra e vide che Paula si stava già lavando i denti. Guardò l'orologio, fuori era già buio. Erano le nove di sera, non si era resa conto che si fosse fatto così tardi. Controllò dalla finestra se il turno di guardia fosse cambiato regolarmente, accertandosi che la pattuglia davanti a casa e le due guardie sul retro fossero in posizione. Tutto sembrava tranquillo, perciò chiuse le tende e spense tutte le luci.
Sistemò Clara nella culla di fianco al suo letto e raggiunse Paula in bagno, mettendosi a lavarsi i denti a fianco a lei e sorridendole attraverso lo specchio. Paula ricambiò il sorriso, divertendosi a cercare di fare delle smorfie nonostante avesse la bocca piena di dentifricio. Alicia rise e cercò di emulare quelle smorfie, con il risultato di inondare il lavandino di dentifricio esplodendo in una risata.
- Posso dormire con te stanotte? - le chiese Paula, quando ebbe finito di lavarsi i denti.
Alicia rimase un momento interdetta, ma si sentì immediatamente pervadere da una gioia immensa.
- Certo. - le rispose, cercando di non mostrarle l'intensità delle emozioni che quella sua richiesta aveva suscitato in lei. Le fece una carezza sulla testa e le disse di aspettarla in camera, doveva ancora struccarsi e disfarsi i capelli.
Paula obbedì e trottò in camera.
Alicia si concesse un momento per osservarsi allo specchio. Forse qualcosa stava cambiando. Forse, se Paula stava iniziando ad apprezzarla, non era la persona così pessima che tutti pensavano. Non era il fallimento che lei stessa aveva iniziato a pensare di sé.
Sorrise, disfandosi la coda di cavallo senza smettere di osservarsi allo specchio, quando improvvisamente sentì Paula esclamare nell'altra stanza:
- Mamma! -
Si gelò sul posto.
Paula la stava davvero chiamando mamma per la prima volta? Oppure...
Non riuscì a pensare oltre. Si precipitò fuori dal bagno, ma si pietrificò nel vedere Paula tra le braccia di sua madre, che le stava puntava contro una pistola.
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Lo so, questo capitolo è arrivato molto tardi, sia perché sono le 8 di sera, sia perché era ora che parlassi di Alicia, dopo svariati capitoli su Maca, Zule e Raquél. Effettivamente, parlare del big bad al capitolo 14 è un po' pessimo da parte mia, ma avevo bisogno di tempo per mettermi nella sua testa, dato tutto quello che sta succedendo in questa storia.
Spero che ne sia valsa la pena.
Per me sì, ho adorato scrivere questo pezzo.Ciao.
Gina.
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No me jodas (sequel di -A mi me van a recordar-)
FanfictionSequel di -A mi me van a recordar- Crossover: vis a vis - la casa di carta. Zulema, con parte dell'oro rubato alla banda con l'inganno, decide di tornare in Spagna. Deve andare al cimitero per rendere omaggio a Fatima. E deve trovare Maca. Raquél...