Chiusi ed isolati dal mondo per giorni, all'interno del bunker sotterraneo, Sergio e Raquel parlavano pochissimo. Non perché non ci fosse nulla da dire, ma perché nessuno dei due era dell'umore giusto per farlo.
Nonostante il colpo alla banca fosse andato a buon fine, così come l'evasione di Raquel, Sierra aveva deciso di continuare quella guerra e lo aveva fatto sferrando un colpo durissimo ed inaspettato.
Avevano a disposizione provviste ed acqua per settimane, ma entrambi sapevano che non potevano permettersi di aspettare tutto quel tempo. Dovevano agire e dovevano farlo in fretta. Non sapevano a chi fosse stata affidata Paula, ma Sierra era capace di cose spaventose e non erano così sicuri che sarebbe stata magnanima solo perché si trattava di una bambina.
Inoltre, Paula non vedeva sua mamma da settimane e vedersi portare via da una psicopatica sconosciuta doveva essere stato traumatico. Ogni volta che Raquel pensava a lei, sentiva una fitta dolorosissima all'addome.
Per non parlare di quando rivolgeva un pensiero a sua madre. L'aveva lasciata che a malapena si ricordava di avere una figlia, a causa della sua malattia. Non sapeva se l'avrebbe più riconosciuta.
Una lacrima rigò il suo viso, in corrispondenza della cicatrice sullo zigomo, mentre cercava di ritrovare il sonno perduto. Doveva essere ancora notte fonda, ma non ne era sicura. In quel luogo non c'era neanche una fottuta finestra. Ma cosa si aspettava, così barricati sottoterra?
Si voltò a guardare Sergio accanto a lei. Vide che neanche lui stava dormendo; la stava osservando.
- Che c'è? - gli sussurrò.
- Non dormi. - disse lui, come se non stesse dicendo un'ovvietà.
Lei lo guardò per un momento, senza rispondere, poi tornò a fissare il soffitto.
- Domattina ci sposteremo e potremo finalmente accendere una radio e sentire che diavolo succede. - aggiunse, vedendola assente.
Nell'udire quell'affermazione, Raquél si voltò a guardarlo nuovamente. I suoi occhi erano spenti, ma in qualche modo gli parlavano. Lo stavano ringraziando. Si strinse a lui e si lasciò cullare dal suo calore, dalle sue braccia che l'avvolgevano, dalla sicurezza che riusciva a trasmetterle. Chiuse gli occhi e cercò dentro di sé un briciolo di ottimismo. L'indomani l'oblío a cui erano stati costretti in quei giorni sarebbe cessato.
Finalmente avrebbero avuto la possibilità di scoprire dove fosse Paula, chi l'avesse presa in affido. E allora, solo allora, avrebbero potuto escogitare un piano per riprendersela.
Il mattino seguente la sveglia suonò prima dellalba. Ripulirono il luogo da ogni prova, in caso qualcuno avesse scoperto l'esistenza di quel bunker. Presero tutti i loro effetti personali ed il denaro, si armarono fino ai denti ed uscirono.
La brezza mattutina ed il cinguettio degli uccellini li travolsero come un miraggio. Non sembrava vero dopo aver passato giorni nel silenzio e nell'aria viziata del sottosuolo.
Incappucciati e nascosti da quello che rimaneva del buio della notte, camminarono nella foresta il più silenziosamente possibile. Il clima, in quei giorni, era stato molto secco, creando un terreno favorevole per nascondere le tracce.
Percorsero qualche chilometro, finché non raggiunsero una strada. C'era un camion ad attenderli, uno di quei camion anonimi di trasporto merci. L'ennesimo in quelle ultime settimane.
Raquél guardò Sergio con aria interrogativa. Si era fidata di lui ciecamente per quella fuga, non aveva avuto le forze per escogitare un piano. Eppure, si chiese come il Professore avesse potuto avvertire il loro trasportatore essendo stati chiusi per giorni in un bunker ricoperto di piombo.
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No me jodas (sequel di -A mi me van a recordar-)
Fiksi PenggemarSequel di -A mi me van a recordar- Crossover: vis a vis - la casa di carta. Zulema, con parte dell'oro rubato alla banda con l'inganno, decide di tornare in Spagna. Deve andare al cimitero per rendere omaggio a Fatima. E deve trovare Maca. Raquél...