5: No hay que huir, si tienes un hogar

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Macarena non aveva idea di quello che stava facendo. Probabilmente si stava fottendo la vita. Di nuovo. Ma non le importava, perché, in fondo, sapeva che quella lavanderia non era il suo posto. Lo sentiva dentro.

Sicuramente nemmeno una folle partnership con Zulema lo sarebbe stato, ma, almeno, sarebbe stato un nuovo inizio. L'ennesimo.

Chissà se un giorno avrebbe smesso di cercare di cancellare gli errori del passato, rimpiazzandoli con nuovi errori, ancora ed ancora.

In quel momento, però, poco le importava. Perché sapeva che in qualche modo Zulema aveva ragione. Era stata una folle a pensare che con la libertà vigilata avrebbe potuto ricominciare a vivere. Quello non era vivere. Era prigioniera, esattamente come lo era in carcere. E per di più, era il suo corpo a chiedergli di smetterla di mentire a sé stessa. Poteva raccontarsi tutte le favole di questo mondo riguardo una nuova vita da persona civile, ma la verità era insita in quelle notti insonni. Lei non era così.

Non lo era più.

Perché aveva visto talmente tanti orrori negli ultimi anni, che giocare alla donnina felice non la attirava per niente.

Fu con questi pensieri che decise di accettare la proposta di Zulema. Non sapeva in che cosa si stava imbarcando, ma, sicuramente, sarebbe stato più entusiasmante che lavare i panni della gente tutto il giorno.

Si era fatta sera e finalmente arrivò la fine del suo turno di lavoro. Per quanto ferma fosse la sua decisione, non se la sentiva di abbandonare le cose a metà, perché si trattava di chiudere un capitolo per aprirne un altro.

Almeno lo avrebbe chiuso con una certa dignità.

Si diresse verso il cimitero, era tardi e nel giro di pochi minuti i cancelli si sarebbero chiusi. Varcò la soglia ed iniziò a cercare la tomba di Fatima. Non aveva alcuna idea di dove fosse, perciò andò alla cieca.

Dopo dieci minuti, però, si era già stufata. Tutto quello le sembrava assurdo. Che cosa stava facendo?

Fece per tornare sui suoi passi ma fu troppo tardi. Udì la sirena che annunciava la chiusura dei cancelli.

Divertente, chiusa di notte in un cimitero. Scavalcare quelle mura sarebbe stata un'impresa titanica, per non parlare del fatto che la guardia che la controllava non l'avrebbe trovata a casa all'ora stabilita.

Fantastico.

Decise di interpretarlo come un segno che doveva continuare a cercare e non rimangiarsi la sua decisione. Così, giusto per mettersi un'ulteriore fetta di salame sugli occhi.

Continuò a vagare per tutto il cimitero, finché non trovò un loculo spoglio, senza foto, con solo un nome e una data.

Fatima Zahir.

L'aveva trovata.

E adesso? Che razza di messaggio avrebbe dovuto lasciarle? Rimase per qualche momento immobile ad osservare quel blocco di marmo, allibita da tutta quella situazione paradossale.

All'improvviso, una voce alle sue spalle.

- Sapevo che saresti venuta. -

Maca si voltò a guardarla. Era completamente vestita di nero, giubbotto di pelle, cappuccio in testa ed un paio di anfibi neri ed enormi ai piedi. Con quella linea sotto l'occhio che le conferiva un'aria davvero poco raccomandabile.

Però si sentí attratta come un magnete.

Scosse il capo, come a costringersi a scacciare quella sensazione.

- Sai sempre tutto, no? - le disse scocciata.

Zulema alzò le sopracciglia e fece segno di sì col capo, senza staccare i suoi occhi da lei.

No me jodas (sequel di -A mi me van a recordar-)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora