La prima cosa che Zulema notò, furono i suoi capelli lunghi, che le conferivano un'aria del tutto ribelle. Non aveva più l'aspetto della ragazzina ingenua di quando era entrata in carcere. Negli anni era cambiata, certo, ma quei capelli troppo ordinati le avevano sempre lasciato quell'aria da novellina.Ora, davanti a sé si trovava una donna del tutto diversa.
Ma, per quanto i capelli facessero gran parte del lavoro, i suoi occhi erano spenti. Stanchi.
- Zulema? - le disse incredula.
- Hola rubia. -
- Sei su tutti i notiziari, dammi un buon motivo per cui non dovrei dare l'allarme. Che cazzo ci fai qui? -
Zulema rise, abbassando le braccia. Maca, irrigidita da quel gesto, caricò un colpo in canna ed afferrò l'arma con due mani, puntandogliela contro con forza.
- Smettila con questa pagliacciata e abbassa quel giocattolo. Anche un bambino riuscirebbe a distinguerla da una vera. - le disse, indicando con lo sguardo la pistola.
Una delusione intensa velò lo sguardo di Maca, che abbassò l'arma.
- Perché non te ne prendi una vera, eh? -
Maca non rispose.
- Ah già, non puoi. - continuó la mora, rispondendo al posto suo: - Ti toglierebbero la libertà vigilata. -
- Che cosa vuoi, Zulema? -
- Ti piace? Questa vita? -
- Mi piaceva di più prima che entrassi da quella fottuta porta. -
Zulema rise. Estrasse la sua pistola e gliela puntò contro, carica.
- Questa non è finta. -
- Dubito che tu sia venuta fino a qui per uccidermi. -
Zulema poggiò la canna dell'arma contro la fronte di Maca, costringendola ad indietreggiare fino a quando non sbatté contro il muro.
Piantò il suo sguardo nei suoi occhi, penetrandola intensamente. Maca resse quella tensione.
Si fissarono per un tempo che sembrò interminabile ad entrambe, catapultandole in una dimensione che, si accorsero, le era mancata da morire
Quella dimensione così familiare in cui si erano ritrovate così tante volte durante le esperienze vissute in carcere.
In cui si erano ritrovate ogni volta che avevano tentato di uccidersi a vicenda, o in cui si erano salvate la vita.
Fu Zulema a rompere la tensione. Abbassò l'arma, se la girò in mano e la porse a Maca.
- Forza, prendila. Ti aiuterà a ricordare. -
- Non ho bisogno di ricordare, Zulema. Ho bisogno che tu te ne vada. - rifiutando la pistola.
- Davvero Maca?! - esclamò ridendo, - vorresti farmi credere che questa merda ti piaccia? Lavorare in una fottuta lavanderia, pulendo i panni della gente e mettendo in moto lavatrici tutte le notti? Non ti è bastato rischiare di lasciarci la pelle una volta. Vuoi proprio morici con le lavatrici. -
- Non sono cose che ti riguardano, Zulema. Ma visto che hai fatto tutta questa strada per venire a portarmi i tuoi cordiali saluti, sarò così gentile da dirti questo. Questa vita mi fa schifo, sì. Il rumore delle lavatrici è come se mi ipnotizzasse ogni notte. Mi cala in uno stato di pace intensa, svuotandomi. Non dormo, perché è come se il mio corpo mi chiedesse incessantemente qualcosa che gli dia adrenalina, come se mi stesse dicendo che questa vita è troppo monitona per lui. E, in effetti, lo è. Il fatto è che non ho alternative. E non ho nemmeno voglia di averle. Ognuno ha la vita che si merita. -
Zulema scoppiò a riderle in faccia.
- Ognuno ha la vita che si merita? Dio Maca, le lavatrici devono proprio averti fatto un lavaggio del cervello se arrivi a pensare queste cose. -
Maca roteò gli occhi in segno di disappunto, ma sapeva che Zulema aveva ragione. E sapeva anche che, in fondo, non ci credeva nemmeno lei. Ma tutto quello che le era successo negli ultimi anni l'aveva annientata. L'aveva fatta sentire una nullità, insignificante. E non aveva nessuna voglia di combattere contro questa sensazione.
- E tu che cosa ci fai in Spagna? Non è da te. Ti immaginavo in un paese asiatico a goderti la vita dopo quello che hai fatto. -
- Non ne avevo voglia. -
- Non ne avevi voglia? -
- Già. Non ne avevo voglia. -
- E di cosa avevi voglia? - chiese Maca, disorientata da quella risposta.
- Di vederti. - rispose Zulema con una voce grave.
Ci fu silenzio.
Maca scoppiò a ridere, imbarazzata da quella situazione.
- Di vedermi? -
- Sì, di vederti. -
- E perché mai avresti voglia di vedermi, se non per uccidermi? -
- Voglio farti una proposta. -
- Una proposta...?! -
- Zulema e Macarena SRL. Le figlie di puttana più grandi di Spagna. Libere. -
- Mi stai chiedendo di entrare in società con te? E per fare cosa? -
- Rubare. Viaggiare. Vivere. -
- Zulema. Apprezzo che tu abbia pensato a me. - rispose la bionda ironica, - ma io e te ci odiamo, ricordi? Ci ammazzaremmo alla prima occasione. -
- È proprio per questo che ho scelto te. Ognuno nel suo. Socie, niente di più. È per questo che funzionerebbe. -
- Mi stai chiedendo di buttare via la mia vita. La prima volta me l'hai sputtanata senza domande, ora almeno hai la decenza di chiedere. -
- La tua vita fa schifo, Maca. Ed anche la mia, da quando non ho più nessuno da odiare. - le disse, facendole l'occhiolino.
Zulema si rimise il cappuccio in testa e si diresse verso la porta.
- Pensaci. Se cambi idea, lasciami un messaggio sulla tomba di Fatima entro due giorni. - disse infine, uscendo senza più voltarsi.
Macarena si sedette, frastornata da quello che era appena successo. Su una cosa Zulema aveva ragione, la sua vita faceva schifo e nelle lunghe notti insonni si era chiesta molte volte quale fosse diventato il suo scopo; non era mai riuscita a darsi una risposta. Sapeva solo che prima o poi sarebbe impazzita in quella fottuta lavanderia.
Qualcosa a fianco a lei attirò la sua attenzione. Una pistola. La prese, convinta che fosse la sua finta, che si era procurata il giorno in cui qualcuno aveva cercato di rapinare la lavanderia. Non riusciva a decidere se era più assurdo il fatto che qualcuno cercasse di rapinare le lavanderie, oppure che lei cercasse di difendersi con una pistola finta.
Quella finta arma, però, era insolitamente pesante. La osservò meglio: era la pistola di Zulema. L'aveva dimenticata? No. Quella figlia di puttana gliela aveva lasciata per costringerla a prenderla in mano. Così si sarebbe ricordata di cosa significa impugnare un'arma vera.
La puntò contro una lavatrice, osservando il suo riflesso attraverso l'oblò.
Quello che vide non le dispiacque per niente.
---------
Per i superfan del Oasis. So che questa scena non è esattamente come quella originale. Ma le cose non stanno esattamente come stavano all'ora, le premesse sono diverse. Perciò, non sarebbero potute accadere esattamente le stesse cose, no?
Spero di non avervi indispettiti u.u
Ah e... BUON NATALE ❤️
Ciao.
Gina.
STAI LEGGENDO
No me jodas (sequel di -A mi me van a recordar-)
FanficSequel di -A mi me van a recordar- Crossover: vis a vis - la casa di carta. Zulema, con parte dell'oro rubato alla banda con l'inganno, decide di tornare in Spagna. Deve andare al cimitero per rendere omaggio a Fatima. E deve trovare Maca. Raquél...