"Non è stata poi cosi pesante" dice Claire appena usciamo dall'aula. "Ma se hai usato il telefono per tutto il tempo!" dico io ridendo "Anche tu l'hai fatto" mi accusa lei "Si ma almeno per le prime due ore ho seguito e ho preso qualche appunto" cerco di giustificarmi per non ammettere che mi sono annoiata dopo i primi cinque minuti. "Beh allora poi copierò gli appunti da te" alzo gli occhi al cielo e sorrido divertita. "Comunque abbiamo mezz'ora d pausa prima che inizi storia del cinema, io proporrei di sederci su quel prato inglese che ci sta praticamente chiamando e fumarci una bella sigaretta che ne pensi?" Mi chiede Claire, annuisco e ci dirigiamo verso questo piccolo prato, dove altri ragazzi e ragazze studiano, leggono, scrivono o semplicemente chiacchierano con i loro compagni. Una volta sedute Claire mi offre una sigaretta e io accetto. "quando penserai di dirlo ai tuoi che ogni tanto fumi?" mi domanda "Ogni tanto? Da quando sono qui sto fumando quasi quanto te" le faccio notare. "E comunque penso che se l'aspettino, ormai ho perso il conto di quante volte mia madre mi ha beccato con le sigarette nascoste nella borsa" rispondo, ed entrambe ridiamo. Cala un silenzio di riflessione e per un paio di minuti ci godiamo il vento che sposta i capelli. "Comunque l'altro giorno stavo pensando ad Aron" dice ad un tratto Claire, mi irrigidisco. "Perché stai tirando in mezzo Aron adesso?" rispondo bruscamente. "Sai che lo penso sempre, non c'è un giorno in cui non penso a come sarebbe stato se fosse ancora vivo." Dice Claire. Cerco di guardare altrove per non fare vedere che sto trattenendo le lacrime, e rimango in silenzio. Aron era il figlio di un'amica di famiglia di mia madre. Siamo praticamente cresciuti insieme e nonostante lui fosse più grande di noi di cinque anni, ci siamo sempre trovati, stavamo bene insieme, condividevamo praticamente tutto. Inutile dire che sia io, che Claire ci beccammo una bella cotta per lui da bambine. D'altronde era il ragazzo che tutti sognavano di avere nella propria vita, sia come persona, sia come amico e sia come fidanzato e magari chi lo sa, anche come marito un giorno. Da piccolo era abbastanza robusto, ma crescendo la pubertà lo ha reso più bello di quanto non lo fosse già. Si distingueva dal resto della sua famiglia perché era solito avere dei capelli lunghi e ricci, gli arrivavano fin sotto l'orecchio. Molto spesso li lasciava ricadere sul viso, a differenza dei suoi genitori, che si presentavano sempre con una capigliatura ben ordinata e impeccabile. I suoi occhi erano di un verde molto chiaro, in più possedeva una mascella molto marcata. Era impossibile non notarla, soprattutto quando decideva di trarsi i capelli indietro con un po' di gel. Lui e la sua famiglia partecipavano molto spesso alle mostre che mamma e papa organizzavano a casa, e ogni tanto anche alle cene di beneficenza di zio Lionel. Le nostre famiglie erano molto legate. Io e Claire lo abbiamo sempre considerato come un fratello maggiore e lo facciamo ancora tutt'ora, anche se io non voglio mai parlarne. È lui il protagonista della maggior parte dei miei ricordi d'infanzia. Da piccoli stavamo ore e ore in camera di Claire solo per sentirlo raccontare sempre le stesse fiabe, o per leggere poesie, ascoltare musica, parlare delle nostre prime cotte. Il nostro era un legame particolare. Fu a 17 anni che iniziammo a notare dei comportamenti strani da parte sua, a 21 anni ormai non stava più con noi, i suoi interessi erano cambiati ovviamente e noi lo capivamo. Capitava molto spesso di ritrovarci a casa di qualcuno di noi, sempre per via dei soliti eventi sociali. Poi un giorno la madre di Aron decise di dare una festa di beneficenza a casa sua, invitando le famiglie più affluenti e ricche di Manhattan. Ricordo tutto di quella sera. Vivien ci aveva chiesto se potevamo andare a cercare suo figlio, che ormai non si faceva vedere da ore all'interno del grande salone decorato in occasione dell'evento. Ricordo che lo cercammo per una buona mezz'ora all'interno di quella immensa casa, che io e Claire conoscevamo fin troppo bene. Lo chiamammo a squarciagola, aprendo tutte le porte che ci ritrovavamo davanti, più non lo trovavamo e più l'ansia si faceva sentire. Salita l'ultima rampa di scale che portava alla mansarda, notai che vi era una sola porta socchiusa, non ci pensai due volte ad aprirla. Fui io a vederlo per prima, era disteso per terra. Avevamo solo 17 anni, pensavamo che avesse perso i sensi o che fosse svenuto, gli allargammo il papillon sotto il colletto dello smoking, pensando ingenuamente che fosse quello il motivo, magari era svenuto per quello, pensammo. Cercavamo di farlo svegliare, urlando il suo nome fino a quando le nostre voci non furono soffocate dalle lacrime, solo dopo capimmo che era morto. Una manica della camicia era stata sollevata fin sopra il gomito, li, lo ricordo bene vi era conficcata una siringa.
Urlammo cosi tanto...non ci sentì nessuno. Le nostre urla in quella casa si sentivano sempre di meno di piano in piano. D'altronde che cosa ne potevano sapere quelle persone che al piano di sotto facevano festa, brindando e ascoltando musica jazz del dolore che stavamo provando due ragazzine nel vedere il loro unico fratello morto? Piangemmo tanto, non eravamo pronte a questo, d'altronde chi potrebbe mai essere pronto a una cosa del genere? Quando acquistammo un attimo di lucidità fu Claire a decidere che era meglio che non venisse visto con la siringa piantata nel braccio, che anche se erano evidenti la causa della sua morte, non era giusto. Non era giusto per Vivien e Rob, non era giusto per noi, non era giusto ricordarlo così. Claire prese la siringa, l'arrotolo in un po' di carta igienica e la nascose dietro uno dei tanti mobili di quel triste bagno in cui Aron quella sera aveva perso la vita. Poi, abbassammo la manica della camicia, e insieme trovammo la forza di rimettergli la giacca dello smoking, che trovammo buttata in un angolo del bagno. Facemmo tutto giusto in tempo, poi arrivo mio padre, fu lui che ci trovo inginocchiate sul pavimento freddo di quella stanza con gli occhi gonfi per le lacrime che non smettevano di scendere. Non ricordo bene ciò che successe dopo, ricordo solo le urla della madre e del padre di Aron, se ci penso mi rimbombano ancora in testa. Al funerale vidimo la sua famiglia per l'ultima volta. Poi si trasferirono, rifiutando qualsiasi tipo di contatto, con tutti. Più avanti scoprimmo che Aron soffriva di depressione e che nella frastornante vita di chi apparentemente possiede tutto, nessuno se n'era accorto. Fino a quel momento non avevo mai pensato a quanta tristezza può celarsi dietro un sorriso sincero, di chi pensi di conoscere come i palmi delle tue mani, solo perché hai avuto la fortuna di poterci condividere l'infanzia. Non è cosi, la gente cambia e a volte rimanere soli con sé stessi, può essere davvero straziante. "Non è stata colpa sua" continua Claire. Ormai le mie lacrime sono incontrollabili e scendono lungo tutto il mio viso "Torno in dormitorio, non riesco a continuare a seguire le lezioni" dico in modo abbastanza secco e mi alzo, dal prato senza guardarmi indietro. Claire mi sta seguendo, perché sento i suoi passi inconfondibili farsi spazio dietro di me. "Jackie, aspetta" Mi dice una volta che ha raggiunto il mio passo svelto. "Claire sai che non voglio parlare di lui, ti ho detto che non volevo sentirlo nominare, sai quanto sono stata male" cerco di mantenere la calma, non voglio che nessuno si accorga di ciò che sta succedendo. Arriviamo davanti al dormitorio ma Claire riesce a trascinarmi in un posto poco affollato "Pensi che tu sia stata l'unica a soffrire? Jackie lo abbiamo visto entrambe. Ho visto le stesse cose che hai visto tu." Dice Claire. "Sai che ero troppo legata a lui, sai come sono stata male. Perché continui a nominarlo?" le dico con la voce spezzata "Smettila di provare a cancellare tutto ciò che è successo. Accettalo e convivi con il dolore. Ti assicuro che poi quello rimarrà sarà solo un brutto ricordo che sostituirai con tutti quelli più belli che hai di lui e che abbiamo vissuto con lui" non mi era più capitato di parlarne. Era da ormai quattro anni che mi tenevo tutto dentro, non mi piaceva parlarne, per me è stato troppo doloroso e sentirmi dire quelle cose dalle Claire ora, mi facevano sentire troppo debole. Mi abbraccia forte. Mi stacco da lei. "Ho solo bisogno di stare da sola" mi da un bacio sulla guancia e mi lascia giusto lo spazio per passare e dirigermi verso il dormitorio. Sto ormai piangendo a dirotto quando arrivo davanti la porta in cerca delle chiavi. Sento qualcuno muoversi dietro di me.
"Tutto okay?" una voce che speravo di non voler mai sentire in momenti come questi irrompe nel silenzio. Alzo lo sguardo e Vinnie mi fissa in attesa di una mia risposta, mantiene le distanze. Ci siamo solo noi nel dormitorio, dato che sono tutti a lezione da un pezzo. Lo guardo senza dire una parola mentre lui cerca di avvicinarsi a me, ma ho già fatto scattare la serratura, ed entro velocemente in camera prima di dover essere consolata da uno sconosciuto che fino a poche ore fa etichettavo come presuntuoso e superficiale, si ferma immediatamente e mi fissa mentre chiudo la porta.
Mi lascio cadere sul letto e fisso il soffitto bianco, fino a quando i miei occhi non smettono di lacrimare e lentamente mi addormento.
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A Change Of Heart / Vinnie Hacker
Chick-LitJackie è la figlia di un rinomato critico d'arte, vive a New York, ma la sua vita cambierà nel momento in cui deciderà di frequentare la Boston University. Jackie vuole realizzarsi, durante questo lungo cammino riuscirà a scoprire molte cose su se s...