Cap. 26 - Theravada

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Non mi reputo una persona religiosa, anzi, non me n'è mai importato più di tanto. Per mio padre l'unica divinità degna di essere chiamata tale era il denaro e non ha mai speso troppo tempo ad educare me e Jarvis all'ultraterreno. Mia madre, invece, faceva parte della piccola percentuale di buddisti residenti in Malesia, ma ha lasciato che fossimo liberi di credere in ciò che ritenevamo giusto. Donna bizzarra mia madre. All'apparenza completamente sottomessa a suo marito ma molto combattiva nello spirito. Sono sicuro che se fosse nata in un'altra epoca e in un altro paese avrebbe fatto grandi cose, ma purtroppo la società malese e l'educazione impostale fin da bambina le hanno tarpato le ali.

Le devo molto. Se ho portato avanti il mio sogno di diventare ballerino è solo merito suo: mi copriva spesso con mio padre quando mi allenavo di nascosto, mi spronava portare avanti la mia passione, mi consolava quando di fronte a me vedevo solo un buco nero. Purtroppo ho capito solo otto anni dopo quanto quella figura nell'ombra abbia in realtà forgiato la mia persona e il mio carattere. L'ho capito solo adesso.

Pensare a lei mi ha dato la chiave di volta per affrontare questa situazione. Avevo bisogno di uno stacco drastico, di prendere del tempo per me, scavarmi nel profondo. E a Seoul non ci sarei mai riuscito.

Inspiro profondamente, riportando l'attenzione all'aria che entra ed esce dai miei polmoni, isolandomi dai rumori esterni e concentrandomi solo su di me. Le gambe intrecciate nella posizione del loto, le mani rilassate ma energetiche appoggiate sulle ginocchia, il busto dritto, il mento leggermente sollevato e gli occhi chiusi. Lascio che il flusso di pensieri mi attraversi la mente come un film, senza giudicarli, proprio come mi hanno insegnato qui.

Yari... Lei è Safìa....

La frase che mi porto dietro da giorni, la foto che mi ha mostrato Jarvis ancora impressa nel cervello. Il volto sorridente di una bambina dagli occhi scuri, profondi, intelligenti. Gli occhi di mio fratello, i miei occhi. Inspiro, spostando l'attenzione sul ricordo di Jarvis, la sua espressione indecifrabile che non lasciava trasparire nessuna emozione come se la faccenda non lo riguardasse. Il suo modo di autoproteggersi, di farsi da scudo per affrontare la mia reazione. Probabilmente pensava che mi sarei arrabbiato, che gli avrei urlato addosso, che l'avrei incolpato di aver preso il mio posto nella vita di mia figlia. Niente di tutto ciò.

Jarvis... Forse è meglio se vai adesso... Mi faccio vivo io...

L'inizio della mia fuga. Ho ricordi molto offuscati dei giorni successivi la partenza di Jarvis, non ero in me ed è come se la mia esistenza fosse entrata in pausa. Mangiavo male e dormivo anche peggio, accampavo scuse assurde con Hobi e Kumiko per non stare al telefono, mi ammazzavo alle prove per svuotare il cervello e una volta tornato a casa passavo ore intere sdraiato sul letto a fissare il soffitto. Fino alla sera in cui la signora Min ci ha comunicato che si sarebbe assentata due settimane per un lieve intervento a cui doveva sottoporsi. "Approfittatene per ricaricare le batterie, ragazzi. Ne avrete bisogno." Una frase così semplice, che mi ha fatto scattare qualcosa. In otto anni a Seoul non ho mai avuto il tempo di fermarmi un attimo. Mai, ad eccezione della settimana che ho passato in ospedale con Kumiko. Non un periodo di pausa, nemmeno un weekend di riposo tra una tournée e l'altra. E adesso avrei avuto addirittura quattordici giorni di vacanza, proprio in un momento così delicato. Non poteva essere una coincidenza. Era un'opportunità.

La sola ipotesi di passare intere giornate da solo a Soul a fare niente, senza le ore estenuanti di prove a distrarmi mi dava il voltastomaco. Oltretutto il tour dei BTS era quasi giunto al termine e il momento in cui avrei dovuto affrontare Hobi era sempre più vicino. Già, Hobi. Ho passato quasi sette mesi ad aspettare impazientemente il suo ritorno, disegnando ogni sera una croce rossa sul calendario e ora stavo sperando che un imprevisto lo rimandasse. Non potevo affrontarlo in quelle condizioni. Non sapeva ancora nulla, gli stavo mentendo brutalmente facendo finta che andasse tutto bene, quando non andava bene per un cazzo. Sapevo che prima o poi sarei esploso e così è stato.

A Dancer Called Yari [Paing Takhon x BTS 🖤 Completa!]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora