Chapter 5.

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Girai per Verona tutto il pomeriggio, le vie mi erano sconosciute, non sapevo cosa cercare, volevo solo trovare un posto dove sentirmi a casa.
Io suonavo il pianoforte. Mi mancava così tanto sentire la superficie liscia della tastiera sotto le mie dita. Guardare le mie mani scorrere con velocità e maestria da una parte all'altra della tastiera suonando melodie che altri prima di me avevano scritto, ma a cui io in quel preciso istante stavo ridando vita. Mi misi le cuffie e ascoltai il mio brano preferito di Ludovico Enaudi: Experience, sicura che mi avrebbe guidata.
Mi ritrovai dentro il Teatro Filarmonico di Verona. Non si può descrivere: maestoso e sensazionale. Mi sedetti e riaprii il diario.

Queen e Mason ritornarono assieme. Le uscite in gruppo erano sempre più divertenti, andavamo a mare due o tre volte a settimana. Io ormai ero abbastanza abbronzata. Ella e io avevamo comprato dei costumi fantastici e io John ci buttavamo dagli scogli urlando e scalciando. Gli insegnai a tirare i sassi sulla superficie del mare. Ormai John faceva parte della mia vita, era una certezza.
Glene era partita con la sua famiglia in vacanza, erano andati in Spagna e mi mancava.
Iniziai a frequentare un corso per imparare a suonare il pianoforte, era sempre stato un mio sogno e lì ebbi la fortuna di incontrare Alis. Alis era una ragazza da un sorriso meraviglioso, socievole, divertente, simpatica, intelligente e speciale. Le raccontavo tutto e insieme ironizzavamo i nostri problemi o ci abbuffavamo di cibo. Purtroppo non abitava a Verona, ma in un paesino li vicino, Lasize, quindi ci vedevamo poco ma ci scambiavamo lunghe lettere. La chiamavo 'anima' perché dovunque andavo lei era con me.
Mason e io, invece avevamo iniziato a prendere confidenza. Eravamo troppo diversi, cosa che creò molti problemi dopo ma avevamo trovato i nostri equilibri. Parlavamo ogni giorno delle cose più stupide che ci capitavano, ma piano piano iniziammo ad aprirci e a confidarci, a conoscerci. Io non mi aprivo molto facilmente con le persone ma lui ebbe la pazienza e la costanza di darmi i miei tempi e lasciarmi i miei spazi per imparare a fidarmi di lui. Iniziai a raccontargli del rapporto abbastanza difficile fra i miei genitori, i tuoi bisnonni, a elencargli le mie paure e le mie insicurezze, a parlargli dei miei sogni e delle mie aspettative. Gli raccontai della mia vita prima di incontrarlo, delle cose che avevo visto e di quelle che volevo vedere, le mie amicizie, di come avevo conosciuto Glene e Ella.
Iniziavo a scoprire anche io qualcosa in più di lui, a capire cosa lo irritava o cosa gli piaceva, il tipo di musica che ascoltava, le parole che ripeteva spesso.
Io, in quel momento, stavo donando dei pezzi di me e lui me ne stava regalando altrettanti.
Iniziammo anche ad uscire soli e quei pomeriggi erano pieni di parole, di risate e di piccole cose che con il tempo divennero delle nostre piccole abitudini.
La sua relazione con Queen andava a gonfie vele e la mia amicizia con John stava leggermente cambiando. Iniziavo ad essere confusa sui sentimenti che provavo per lui, passavamo tanto tempo insieme e ormai per me era una costante.
Poi una sera mi baciò, di quei baci lenti e dolci, carichi di aspettative dolci amare lasciate in sospeso. Era una sera di settembre, e credimi Amy quando ti dico che non mi sono mai sentita così fragile,esposta.

Con amore, Mia

Love, MiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora