Le successive due settimane furono devastanti.
Stavo lentamente morendo: prigioniera dell'abitudine. Ripetevo sempre gli stessi percorsi: mi alzavo, mi lavavo, facevo lo stesso con Eva e dopo esserci vestite uscivamo. Passeggiavamo per la città tutta la mattina, poi ritornavamo a casa, io preparavo il pranzo e dopo il sonnellino la portavo da Giulio.
Non ho mai incrociato Luca, ne tanto meno ho chiesto di lui a mia zia Elena.
Le prime volte mi invitava a entrare o lasciava direttamente la porta aperta, anche per lei era scontato che io entrassi e stessi con Luca.
Dopo i miei ripetuti rifiuti credo si sia rassegnata al fatto che non avrò più nessun tipo di rapporto con suo figlio, quindi adesso si limita ad abbracciarmi e a far entrare Eva.
Dopo raggiungo Candice dovunque sia: studiamo un po,(perché lei deve recuperare alcune lacune e io non ho di meglio da fare) chiacchieriamo e alla fine arriva sempre il fatidico momento, ogni sera:
"Amy stasera usciamo?"
"No, grazie, ma devo finire di leggere un saggio."
Questa, per esempio, è stata la scusa di stasera. Ogni giorno così.
Se vi dovessi dire la sensazione peggiore di questo periodo non saprei darvi una risposta. È come se facessero a gara.
Un attimo prima credi che la cosa peggiore sia vedere qualcuno che lentamente perde l'interesse che ha per te. Un attimo dopo, credi che sia piangere per il semplice fatto di essere te stesso. Ma non è finita qui, poi arriva la rabbia e la frustrazione che devi riuscire a nascondere quando tutti ti dicono di essere forte ma in realtà non hanno la benché minima idea di come realmente tu ti senta. Oppure quando ogni mattina apri gli occhi e in quel preciso istante ti rendi conto di doverti alzare di nuovo in tua compagnia e affrontare la giornata con te stessa. E magari non ti va di fare niente. Non ti importa. Nulla, assolutamente nulla. Ma in realtà non importa a nessuno come ti senti, quindi devi alzarti comunque, dire in giro che va tutto bene e accettare che quando chiuderai gli occhi a fine giornata ti sentirai cadere. Game over. Ancora, ancora e ancora.
E queste sensazioni che ti fanno da seconda pelle, questo dolore, come lo ridimensioni? Come riesci a capire quale sia la cosa peggiore fra tutte? A chi lo dai il premio?
Sono troppo giovane per essere così triste ma non ho idea di come rimettere insieme i pezzi e come porre fine a questa furia di tempesta che è in atto.
Quando hai tutto quello schifo addosso, quando ti consideri una delusione e ti rendi conto che tutto ciò che hai fatto è sbagliato ma non sai il perché allora che si fa?
Quando ti impegni come non hai mai fatto ma non riesci a smuovere un passo, anzi i tuoi piedi ti sembrano persino ricoperti di cemento, a quegli istanti come dici basta?
Quando invece ti rendi conto che la tua vita -la tua personalità, le tue abitudini, i tuoi interventi- sono una combinazione di libri che hai scelto di leggere, delle persone che hai scelto di ascoltare e delle cose che hai scelto di tollerare e tutto va male, allora cosa devi cambiare? Da dove devi partire?
"Se n'è andato", ho pensato, è tutto dentro di me sprofondava in un buco nero.Quando mi svegliai decisi di continuare a leggere il diario di Mia. Mi faceva male il solo pensiero che anche lei, questa splendida donna, fosse una cosa che avevo in comune con Luca.
Dopo aver letto la lettera di Glene mi sono resa conto di dover prendere delle decisioni. Non era più il tempo di lasciare le cose in sospeso, il tempo, appunto, aveva aggiustato quello che poteva e adesso era arrivato il mio turno.
Era da più di cinque mesi che ormai non ci parlavamo, ne vedevamo, quando arrivò quella telefonata.
"Pronto?"
"Mia, sono Ella, ascoltami attentamente: Mason ha avuto un incidente con la moto, adesso è in ospedale. Non so dirti altro. Cosa vuoi fare?"
"Passami a prendere Ella. Ora."Arrivammo in ospedale mezz'ora dopo. Erano le cinque. Era stato sette ore in sala operatoria.
I suoi erano tornati a casa per dormire un po, la situazione era stabile. Aveva avuto una lieve commozione celebrale e si era fratturato la spalla. Avrebbe dovuto stare in riabilitazione per minimo un mese, ma stava bene.
Dormiva, imbottito di antidolorifici e sedativi. Era vivo.
In quanto a me, ero seduta sulla sedia accanto al suo lettino da ore e gli tenevo la mano.
Era vivo.
Presi la mia testa tra le mani, guardai nel vuoto e piansi.
Poi sentii il bisogno carnale di parlare, lacrime e parole, per capire, per spiegare, a lui, a me, l'origine di questa paura matta e di tutto questo dolore. Allora iniziai col dirgli tutto quello che avevo nascosto in un angolo del mio cuore.
"Non so perché dopo tutto questo tempo, dopo tutte le volte in cui mi hai ferita, delusa, umiliata, io sia qui. Non lo so, e sinceramente, questo sentimento e il potere che tu hai su di me mi fa paura perché più tento di sopprimerlo più viene a galla, più pretende attenzioni. E so che probabilmente non ti interessa come dovrebbe ma non sai quanto tutto questo mi stia facendo male. Non sai quanto mi sta facendo male.
Chissà se ti manco davvero, chissà se ogni tanto mi pensi. Chissà come mai penso ancora che ci sia qualcosa. Non c'è.
Dovrei forse arrendermi al fatto che abbiamo sprecato tempo, tutti e due.
So che fra i due quello più dolce eri tu, e sai che quella che invece era più fredda ero io. Eppure poi era esattamente il contrario.
Tu sparivi e io ogni volta me ne stavo qui seduta, aspettandoti. Come adesso.
E so che dovrei arrendermi. So che dovrei dimenticarti. So che tu non tornerai, che tra me e te ormai non c'è più nulla, o forse non che mai stato. So che quando dici che ti manco menti e quando dici che hai bisogno di me non vedi l'ora che me ne vada. Lo so e mi fa male.
Mi dispiace per come sono andate le cose. Mi dispiace perché prima eravamo una cosa bellissima, e adesso invece..
Mi dispiace perché tutte le parole e le emozioni che ti ho dedicato non ti sono bastate.
Mi dispiace perché con te ho sempre sbagliato tutto.
Mi dispiace se non ne valevo più la pena, se non sono riuscita a tenerti con me.
Vorrei chiederti se è finita veramente, ma ho paura della risposta. Perché se fosse davvero finita dovrei arrendermi una volta per tutte e se mi dicessi di no sarebbe un continuo vederti sparire e tornare. Ma sono stanca di lottare da sola, perdonami. E allora quella domanda non te la faccio. Lascio una porta socchiusa perché non sono capace nemmeno di lasciarti andare via da me nonostante sia proprio tu a chiedermelo. Perdonami."
Esausta, più stanca che mai, gli lasciai la mano, mi asciugai le lacrime e mi alzai.
Presi le mie cose e aprii la porta.
"Mia.." Mi girai, era sveglio.
"Riposati Mason, sei stanco."
"Vieni qui."
"Mason.. Devo andare"
"Lo so, so che devi andare via, so anche che chiederti di restare non porterebbe a nulla è per questo evito."
"Grazie."
"Ma una cosa voglio chiedertela comunque."
"Cosa?"
"Non lasciarmi finché non mi addormento."
Lo guardai, tornai indietro e mi sedetti.
Si addormentò dopo mezz'ora. Non ci siamo detti più nulla. Rimasi lì un altro po e mi resi contro che i dialoghi, nella realtà, non funzionano mai.
Avrei voluto accarezzarlo, dirgli che non l'avrei mai lasciato anche se tutti lasciano tutti. Ma avevo fatto le mie scelte in quelle ore. Così mi alzai, lo guardai e gli sussurrai "non era questo quello che volevo".
E andai via.Con affetto, Mia
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Love, Mia
Romance"Lo ricorderò per avermi regalato i sorrisi migliori. Lo ricorderò per essere stato il mio sbaglio peggiore che mi ha rovinato la vita ma allo stesso tempo mi ha permesso di viverla. Con tanto amore, Mia"