Chapter 14.

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Ho letto da qualche parte che le ferite sulla pelle si rimarginano in fretta, l'epidermide si rinnova di continuo, contiene molte cellule staminali, sono cellule pronte a rimpiazzare quelle morte, sono le seconde schiere di un battaglione.
Il guaio è che nel cuore di queste cellule miracolose non ce ne stanno. Hai una fila di soldati. Una sola. Incominciai immediatamente a pensare a quanti soldati sono sopravvissuti nel cuore di mia madre, a quelli del cuore di mio padre, a quelli di Luca, ai miei.
Le informazioni di quel giorno erano tante da assimilare in una notte sola.
Ho così tante domande da fare, così tanta confusione da riordinare.
Mia madre era a conoscenza dell'adozione di Luca? Perché l'avevano adottato? Il piccolo Giulio sapeva? Chi altro ne era a conoscenza? Quanti soldati erano rimasti attivi nel cuore di Luca? Potevo dargli i miei? E io, in tutta questa madornale matassa, cosa centravo? Il mio ruolo qual era? Ero una comparsa, un personaggio secondario, un coprotagonista o la protagonista? Cosa dovevo essere? Soprattutto chi?
Preferivo tenermele queste domande che trovare risposte a cui non mi sarei mai rassegnata.
Erano le due di notte e c'era una serata fantastica: cielo stellato, una leggera brezza fresca che scompigliava i capelli e che rinfrescava.
Ma non è fuori, è dentro. Troppe novità, responsabilità, domande, aspettative, speranze, delusioni, tutte insieme. Non voglio vedere nessuno, né parlare con nessuno.
Voglio solo silenzio, un anestetico, un letargo che mi desse la mia pace, che mi desse il tempo per capire cosa fare.
Ti farò entrare, ti permetterò di conoscermi: sarà difficile, complicato, frustrante e devastante; a volte ti farò venire voglia di scappare e ti stancherai di me. Le mie paranoie ti mangeranno viva e ti trascinerò sul fondo con me. So già come andrà a finire ma sono così egoista che voglio trascinarti nel casino che sono perché parlandoci chiaro, tra noi c'è qualcosa. Lo sento e credo che lo senti anche tu, ma questa è un'altra storia. Quello che voglio farti capire è ciò a cui vai incontro e ti chiedo, anzi, ti imploro di pensarci bene perché non posso permettermi di perdere un'altra persona.

Luca"

Lo rilessi una decina di volte. Sarei stata capace di salvarlo da se stesso? Avevo la forza per entrambi? E se mentre salvavo lui mi distruggevo io? Questo ragazzo per me cos'è?
Decisi di non rispondere al messaggio, avrei risposto la mattina o il pomeriggio. Il giorno fa sempre meno paura della notte.
Io avevo bisogno di un segno, di una svolta, di un nuovo punto di partenza, di un motivo per alzarmi dal letto la mattina con la voglia di lottare.
Luca poteva essere tutto: la mia svolta, il mio segno e il mio nuovo punto di partenza ma sarei andata contro tutte le mie idee di indipendenza; inoltre era assolutamente inaffidabile affidarmi ad una persona. Era giusto stravolgere così tanto tutte le mie certezze e rischiare?
Dove sarei potuta andare con lui? Dove mi avrebbe portata?
E se fosse il mio raggio di sole? La mia vita d'uscita?
Mi addormentai, sfinita da tutti quei punti interrogativi che di certo non avrei risolto sul letto ma solo vivendo, solo tentando di fare la cosa migliore.
E mi accorsi di quanto sono lunghe le notti quando c'è qualcosa che non va.

Cara Amy, ti svelo un segreto: lo specchio è la forma più crudele della verità. Quella mattina mi svegliai con gli occhi gonfi e rossi e sudata, decisi immediatamente di farmi una doccia, era il compleanno di John, volevo essere bella.
Con i ragazzi avevamo organizzato la festa nei minimi particolari: i colori, il cibo, la disposizione dei tavoli, gli invitati, il fotografo. Faceva pur sempre 18 anni. Avevo comprato il vestito settimane prima: le spalline mi arrivavano al polso, erano trasparenti, il seno era coperto da brillantini neri che sembravano rami che si diradavano su tutto il petto, la gonna era ampia ma corta con qualche punto luce qui e lì e le scarpe erano nere a punta con il tacco alto. Avevo preparato una torta al cioccolato che gli portai a casa subito dopo pranzo.
"Buon pomeriggio piccola"
"Auguri amore!" Gli saltai addosso e lo baciai, lui mi prese in braccio e mi portò in cucina continuando sempre a baciarmi con passione, con foga.
"Ti ho preparato una torta" gli dissi con il fiatone e il viso bollente. Mi spostò delicatamente i capelli e li sistemò dietro l'orecchio.
"Grazie, posso mangiarla adesso?"
"Certo" gli sorrisi entusiasta.
Mangiammo la nostra fetta di torta alla Nutella con molta più fretta del dovuto e poi ci sdraiammo abbracciati sul divano.
"Allora, bel 18enne, stasera hai impegni?"
"Beh, mia bellissima ragazza, volevo avere l'onore di uscire stasera con te"
"A una condizione"
"Quale?"
"Passo a prenderti io, ok?"
"Va bene" disse ridendo.
Lo baciai, un bacio dolce e semplice ma lui chiese l'accesso alla mia bocca che io immediatamente accettai. Il bacio si fece più passionale, più bisognoso, più carnale.
Le sue mani cercarono il mio corpo e con delicatezza si mise sopra di me continuando a baciarmi.
Le sue mani indugiarono un po prima di disegnarmi cerchi sulla pancia e levarmi la maglietta.
Iniziò a lasciarmi lunghi baci sul collo e proseguì fino ad arrivare all'ombelico.
Mi guardò, io annuii incerta. Mi fece scivolare i pantaloncini. Io mi misi in ginocchio sulle sue gambe e gli tolsi lentamente la maglietta.
Riprese a baciarmi con passione e iniziò a sganciarmi il reggiseno.
"Io non posso, non posso farlo, mi dispiace"
Mi rivestii in fretta mentre lui mi guardava confuso e deluso.
"Va bene Mia, se non ti senti pronta è tutto ok"
"Non va bene nulla John, per favore non fare finta che ti vada bene perché sappiamo entrambi che non è così. Non va bene che io ancora dopo tutto questo tempo non sia pronta e che tu non abbia il coraggio di affrontare le cose. Non può andare sempre tutto bene, ci saranno sempre dei problemi tra noi e tu non puoi oscurarli semplicemente perché ne hai paura o perché non li ritieni importanti perché per me lo sono! Devi parlarmi, urlarmi in faccia che sono presuntuosa a volte e che sono spesso distratta, devi dirmi cosa non va, dobbiamo litigare e poi fare la pace. Dobbiamo viverci e sconvolgerci John!"
Mi misi le scarpe che non sapevo nemmeno di aver tolto, lui si mise la maglietta.
"Lascia almeno che ti accompagni"
"No, preferisco stare da sola, grazie" sbuffai "passo alle nove, ok?"
"Ok"
Mi girai e andai via. Tornai a casa e mi addormentai, erano solo le cinque. Ho sempre amato dormire. La vita tende a frantumarsi quando si è svegli.
Mi svegliai verso le sette e iniziai a prepararmi: feci una doccia, asciugai i capelli e li arricciai, mi truccai e mi vestii.
Non mi interessava più nemmeno di come apparivo, non avevo la minima voglia di andare alla festa tantomeno vedere John. Lo andai a prendere, appena entrò in macchina mi lasciò un bacio sulla guancia.
"Volevo dirti che ho pensato alla nostra discussione di oggi e.." Lo interruppi.
"No, non ora John, non roviniamo la serata più di quanto già lo sia"
Arrivammo nella villa di Ella e Zoe e la festa iniziò.
Lui rimase abbastanza stupito e felice della sorpresa, almeno qualcosa era riuscita.
"Mia!" Gridarono le ragazze. Dio quanto mi erano mancate!
"Che faccia che hai, sembri una di quelle ragazze che si vestono tutte di nero e che odiano la vita" mi disse Glene.
"Abbiamo bisogno di un bel Martini!" Dissero in coro Alis e Ella.
Il problema fu che i Martini furono molti di più di uno.
Ballai fino allo sfinimento con le ragazze, cercai di evitare in tutti i modi John e cercai di divertirmi il più possibile.
L'alcol è la cura di molti mali finché non ti ritrovi accanto ad un cespuglio a vomitare anche l'anima.
Il punto era, Amy, che io ero contenta. Ero talmente soddisfatta del mio vomitare che non volevo smettere. Più vomitavo, più mi sentivo libera ed era proprio così che volevo essere: vuota.
Ne avevo abbastanza di pensare per quella sera.
Ella mi trovò accasciata in una panchina e mi riportò a casa dove collassai. Ebbene si, pure tua nonna si sbronzava.

Con affetto, Mia

Erano le tre di pomeriggio e anche io ero esausta di pensare. Quindi presi il cellulare e scrissi.

"Ne vale la pena Luca."

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