"Yesterday" [SPECIALE 4 - PARTE UNO]

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Tutti i presenti in sala si alzarono in piedi e iniziarono ad applaudire. Centinaia di sorrisi mi comparvero davanti, congratulandosi con me per il mio concerto.
«Hai suonato divinamente, Petra!» Si complimentò mia madre una volta tornati a casa.
«Sono certo che da grande diventerai una violinista strabiliante!»
«Se non diventa prima un'artista, caro.» La mamma rispose a mio padre, ridendo.
Facevano sempre queste scommesse i miei genitori, su cosa avrei fatto da grande: musicista, pittrice, cantante, attrice, professoressa in un rinomato liceo... La mia vita era interamente una scommessa. Ma io ne ero felice. Non capivo veramente cosa stava succedendo, perchè da piccoli è sufficiente avere attenzioni, un bambino vuole tutti i riflettori puntati su di ; ed io avendone molti, credevo di esser felice.

Corsi a per di fiato sotto un portico appena vidi la pioggia aumentare e mi asciugai i capelli con la sciarpa di lana. Fissai intensamente le goccioline d'acqua cadere e dissolversi sull'asfalto.

«Guarda cara, Petra ha cucinato la cena tutta da sola!»
Mia madre mi venne incontro e mi prese in braccio. «Soli otto anni e già potresti esser una perfetta chef. Potresti lavorare al posto del nostro maggiordomo!»
Mi girai a guardare il maggiordomo, che sempre mi fissava con quel sorriso che mi spaventava. Ma mi trattava sempre bene, come una reginetta. Si prendeva cura di me quando i miei genitori non erano a casa, mi faceva da mangiare, mi abbracciava, mi accarezzava, mi baciava...
Da piccola credevo fosse semplice affetto, perché voleva dimostrarmi che mi voleva bene...

"Chissà come ci si sente ad essere una goccia di pioggia. Nascere e morire in un momento."
Rabbrividii senza rendermene conto e mi avvolsi maggiormente nella sciarpa e nel cappotto, seppur zuppi d'acqua, in cerca con lo sguardo di un posto dove rifugiarmi.

«Petra perché non vuoi andare al concerto? Stai male?»
Mia madre mi parlava ed io rimanevo in silenzio. Lo sguardo del nostro maggiordomo era puntato su di me, vitreo, come una lancia pronta a conficcarsi dentro di me e la paura mi assalì all'improvviso.
«Mi sono rotto, ragazzina.» Sentii tuonare mio padre dietro di me. «Stasera hai un concerto di pianoforte e domani le prove finali per il balletto di danza classica! E tu passi le tue giornate a non far nulla, a poltrire sul tuo letto e a non esercitarti. Hai dodic'anni ormai, dovresti sapere il significato di "responsabilità"!»

Ripresi la mia valigia e mi avventurai sotto la pioggia una seconda volta in una corsa disperata. Non sapevo dove andare nè cosa fare. In un mese avevo perso tutto e mi ero ritrovata con un pugno di mosche in mano. Mi sentivo sola e persa come mai prima d'ora. Non avevo nessuno.

«Ti ho detto che non posso più sopportare i suoi problemi!»
«Ma dobbiamo continuare con la terapia proprio per questo caro, per farla riprendere.» Mia madre rispose pacata, ma con una finale nota stizzita. Riuscivo a sentire i miei litigare dalla cima delle scale.
«Continuare a pagare una psicologa per quella disgraziata?! Non ci penso nemmeno, oltretutto non parla, non le confida nulla e non sta funzionando. Sai qual'è la cosa giusta da fare, ne avevamo parlato la scorsa volta.»
«E credi che non proverà di nuovo a tagliarsi o togliersi la vita?»
«Dopo ci trasferiremo lontano da qui. Non sarà più un nostro problema a quel punto.» Rispose infine risoluto mio padre, poi lo sentii prendere il telefono e comporre un numero, mentre mia madre piangeva. L'orfanotrofio.

𝐉𝐮𝐬𝐭 𝐒𝐞𝐱... 𝐎𝐫 𝐌𝐨𝐫𝐞? «Levi x Reader»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora