Quattordici

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"Non è necessario essere
in una stanza o una casa per
essere stregata. Il cervello ha
corridoi che vanno ben oltre
gli spazi materiali"

Emily Dickson


-perché mi stai aiutando? - domandai confusa - perché non dovrei? - rispose - no, non ci conosciamo nemmeno- continuò confusa -te l'ho detto già, mi ricordi una persona a me... molto cara... - disse come se la voce gli si fermasse in gola - che fine ha fatto? - chiesi, lui rimase in silenzio. Cosa stava nascondendo? Perché non ne parlava?
Ma la cosa che non capivo era per quale motivo mi stessi preoccupando, forse perché è stato lui il primo a preoccuparsi per me.

-siamo arrivati- sussurrai fermando l'auto - va bene, ti aspetto qua, forse è meglio- disse portando alle labbra una sigaretta e accendendosela -la macchina è aperta nel caso tu voglia scendere - dissi senza guardarlo in volto, forse perché stavo cercando un modo per spiegare tutto quello che era accaduto e forse anche per spiegare perché fossi li.
Uscì dall'auto e mi avvicinai alla portoncino, lanciai un ultimo sguardo a Diego, non capivo perché mi fossi fatta convincere da lui. Suonai al citofono, mi rispose una voce femminile, era lei.

-chi è?- domandò - sono io...- sussurrai sperando che potesse riconoscere la mia voce. E sembrò fu così, spinsi la porta dell'entrata e presi le scale, le salì lentamente come se ogni gradino mi costasse tutta la mia forza. Perché ero li? Era la scelta giusta? Forse, dipendeva tutto da oggi.

Arrivai al piano, la porta era socchiusa e mi diressi verso essa aprendola lentamente - si può? - chiesi educatamente - vieni - rispose lei probabilmente dalla sala, lentamente mi affacciai, non era sola, c'era anche Fabrizio che spalancò gli occhi vedendomi - che ci fai qua? - chiese alzandosi - io... - sussurrai perdendo tutte le parole che avevo trovato mentre salivo le scale - siediti, con calma - disse mia madre indicandomi la sedia affianco a lei, e così feci, tenni lo sguardo basso per un po' mi sentivo così stupida.

-perché sei qua? - mi chiese - perché so di aver sbagliato, almeno con te... Con voi- dissi - pensa, Martina che si scusa- disse in tono sarcastico mio nonno - papà smettila - lo ammonì mia madre con tono severo - anche tu hai molte cose di cui scusarti, ti ricordo- continuò zittendolo - so che forse sarà una strada lunga, ma non riuscirei almeno non più a passare affianco a voi e far finta di niente - continuai ignorando la scena precedente - non ti sembra così strano ora? - disse, la guardai nei occhi, risentivo la fiducia - sembri una sconosciuta, e sembra che tu ti stia scusando con due sconosciuti. Lo sai, no  abbiamo mai avuto una famiglia... Almeno non normale. Ma Marti, noi lo siamo, con fatica ci siamo riusciti e mi sentirei una stupida a non perdonarti perché sentivo saresti tornata. - disse per poi alzandosi - vieni qua dai- disse allargando le braccia, sorrisi lievemente e ci abbracciamo, con la coda dell'occhio notai che Fabrizio si era alzato. Sciolsi l'abbraccio e guardai - dai vieni qua scema- disse ridendo e tirandomi verso di lui - mi sei mancato nonnino- risi prendendolo in giro
-ecco, ora tu a me no-rise

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