Ventitré

83 6 9
                                    

Lethē, nella mitologia greca, fiume infernale nelle cui acque l'anima perdeva il ricordo della vita passata; talvolta lo si trova personificato in una dea, figlia di Eris e sorella del Sonno e della Morte

-non ci sono dubbi Lethe.- disse Diego alzando le spalle -ne sei sicuro?- domandai -sicuro come poche cose nella mia vita. Ormai non possiamo più farci niente.- disse lui facendo prevalere quel senso di colpa che continuava a tormentarlo costantemente da ormai anni -non dovresti sentirti in colpa.- risposi posando una mano sulla sua spalle, creando il primo contatto fisico da parte mia, prevalse una strana e insolita sensazione. Non capivo cosa fosse, ma era piacevole, e mi lasciai quasi trasportare -come faccio a non sentirmi in colpa, spiegami, avanti.- disse lui spostandosi poi da quell'unico tocco che ci univa, mi ricomposi e mi alzai in piedi -innanzi tutto, non è stata una cosa tua volontaria.- dissi e lui mi guardò confuso

-esattamente, è lei che si è cacciata in questa specie di guaio, non è così?- domandai ricevendo in risposta un debole cenno -appunto, tu ti sei ritrovato in quella situazione a causa sua, quindi la morte di...lei non è altro che una delle sue conseguenze.- continuai -avrei potuto evitare di sparare quel colpo...- sussurrò, Martina rimase ferma a pensare, ricostruiva nella sua mente tutto lo scenario, cercando di capire se, effettivamente, il moro avesse potuto colpire a morte quella che era la sua ragazza. 

-c'è qualcosa che non mi torna.- sentenziai -cosa?- domandò lui confuso -dobbiamo andare lì.- risposi convinta -cosa? No! Sei pazza se pensi che rimetta piede in quel capannone.- disse lui facendosi serio e nervoso -Diego, non mi tornano i conti. - continuai imperterrita -l'ho uccisa io!- urlò per poi rendersi conto di aver sbagliato, portò una mano sulla bocca, la sua espressione era grave, sapeva o almeno così pensava, che qualcuno l'avesse sentito. Scossi la testa -adesso fai quello che dico io, ti stai riducendo uno straccio Diego, non è possibile.- dissi prendendolo per il polso e facendolo alzare dal divano su cui era seduto, non sapevo perché stessi facendo tutto questo, ma sentivo che dovessi farlo, come se una forza maggiore quasi mi obbligasse a far capire, che in realtà niente di quello che lui pensa sia accaduto sia realmente colpa sua. 

Uscimmo di fretta dal suo palazzo, quasi stessimo scappando da qualcosa, entrammo nella mia auto e dopo averla accesa mi feci spiegare chiaramente il luogo esatto dove si trovava il capannone. Non era molto distante dalla casa del moro, era fuori Milano, in un posto dove, se non andavi di proposito non avresti mai fatto caso a quell'enorme edificio lì presente.

[...]

Ci avvicinammo lentamente, quasi preoccupati potesse esserci qualcuno, ma dall'esterno abbandonato sembrava quasi ovvio che non era più utilizzato per scopi illeciti o quant'altro. -attenta.- sussurrò Diego alle mie spalle -non c'è nessuno.- dissi continuando a guardarmi attentamente attorno, non mi sentivo in pericolo, sapevo quasi certamente che dopo l'omicidio di quella ragazza nessuno si sarebbe potuto avvicinare. 

Afferrai la manica arrugginita della grossa porta e con qualche sforzo iniziai a tirare, riuscendo ad aprire una piccola parte che permetteva ad entrambi di entrare all'interno -cazzo...- sussurrò Diego una volta entrato, sul suo volto comparve un'espressione ferita, mi spiaceva vederlo in quello stato, ma era per lui. -lo so Diego, so come ti senti, ma è ora di capire realmente cos'è accaduto.- dissi, lui annuì e si mise al centro dell'edificio guardandosi attorno e ricordando momento per momento ciò che era accaduto. Iniziò a parlare, e a posizionarsi esattamente come ricordava -c'era qualcun altro.- disse poi scattando in avanti -quindi non sei stato tu.- sorrisi, Diego scosse la testa, e la sua espressione passò da desolata, triste a quasi contenta, aveva finalmente capito che non era stata colpa sua, ne ero felice. 

-visto Diego? Era come ti dicevo.- sorrise -sì, ma è che...è inutile comunque.- disse lui -ti sei sollevato delle tue colpe Diego.- continuò lei mentre il moro studiava ogni angolo del posto per capire, finalmente, da dove fosse partito quel maledetto colpo. Ad un tratto un fascio di luce illuminò eccessivamente la grande stanza, Diego si girò di scatto e vide, tra la gloriosa luce una donna, che aveva un volto familiare -cosa...?- disse lui, sorrisi alzando le spalle -Lethe...- mi richiamò la donna, mi girai e vidi mia madre -mamma, cosa ci fai qui?- domandai confusa, si avvicinò -hai fatto quello che dovevi figlia, è ora di tornare a casa.- disse posando una mano sulla mia spalla -cosa..?- domandai confusa, dove dovevamo andare? -dobbiamo tornare a casa, te l'ho detto, il nostro regno di aspetta.- disse lei -e lui?- domandai -lui se la saprà cavare, hai visto tu stessa.- sorrise, annuì -avanti.- disse poi, mi avvicinai a lui quasi in lacrime, era strano sentire una mancanza ancor prima di andare via. -grazie Diego.- dissi per poi abbracciarlo, il moro non disse nulla, mi strinse a sé. 

Mi allontanai -adesso potrai vivere senza il tuo continuo senso di colpa.- dissi -ci rincontreremo?- domandò speranzoso -questo non posso dirtelo.- risposi -le moire sanno cosa c'è in serbo per te.- dissi avvicinandomi a mia madre -non dimenticarmi.- dissi infine prima che la gloriosa luce facesse ritornare me e mia madre a casa. 









Siamo giunti alla fine

Non ho molto da dire a dire il vero, ma soltanto grazie, forse questa storia non è (personalmente) una delle migliori, ma ha accompagnato anche lei una parte della mia vita, e ne sono soddisfatta alla stessa maniera. Grazie a tutti per averla letta.

Lethe/ IziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora