Due

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«Lethe. Significa letteralmente "l'oblio", "dimenticanza", o "occultamento". È legato alla parola greca  "verità", aletheia, che attraverso l' alfa privativa significa letteralmente "non-dimenticanza" o "non-occultamento"»

Lethe camminava sul marciapiede in silenzio, pensava, pensava insistentemente che qualcosa nella sua vita non stesse andando come dovrebbe, c'era qualcosa che sentiva da giorni qualcosa che lentamente si stava avvicinando e non capiva se fosse una cosa positiva oppure no. Aveva paura di ciò che stava succedendo, sì, ne aveva paura perché non aveva idea di come sarebbero andate le cose, aveva paura perché era da sola. Non voleva pensare a quello che sarebbe successo se assieme a lei ci fossero ancora i suoi genitori, Lethe voleva dimenticare tutto. Forse è anche per questo che sua madre, quella adottiva, le aveva dato questo nome. Non per la sua smania di dimenticare, ma per la costante ricerca di dimenticare che la portava a non farlo. 

Lethe aveva un significato particolare come nome e le è sempre piaciuto, ha accettato quel soprannome quasi subito, dopo aver compreso realmente cosa significasse e dopo aver compreso quello che intendesse la madre. Al suo interno sentiva davvero un oblio, un vuoto assurdo, cosmico, che quasi lei stessa faticava a comprendere. Anzi faticava proprio ad accettare, non comprendeva perché dopo tutto quel casino nel cercare di allontanare la sua famiglia da lei, dopo aver sofferto lei stessa in primis di quel allontanamento, ora ne risente il vuoto, capisce di aver sbagliato a farlo, ma che ormai non si può tornare indietro. Lo sa bene.

Alzò lo sguardo verso il cielo grigio di Milano, e si chiedeva cosa le avrebbe riservato la vita in quel preciso istante della sua giornata, cos'altro poteva accadere? Ne aveva già passate e nel bene o nel male ne era sempre uscita. Certo a volte facendo del male a delle persone, involontariamente, senza nemmeno comprenderlo a fondo. Lo capiva dopo, quando tutto finiva, che aveva ferito le persone a cui voleva bene, eppure alcune di loro erano ancora lì, al suo fianco senza pensare a ciò che aveva detto o fatto. Si sentiva una merda, per tutto quello che aveva combinato in quella famiglia, era cosciente che senza di lei le cose sarebbero andate meglio, ed infatti apparentemente era così.

-ehi...che ne dici andiamo da qualche parte?- domandò Giaime -dove vuoi andare?- chiese -non lo so andiamo da qualche parte.- propose il ragazzo -va bene, come vuoi, basta che non sia uno di quei locali di merda che di solito scegli.- disse ridendo -come sei simpatica.- rispose l'altro -lo so.- alzò le spalle -ultimamente però sei strana...cioè, più strana del solito.- disse, la mora lo guardò confusa -in che senso?- chiese -nel senso che...sì, insomma, c'è qualcosa che non va...- continuò vago -ma spiegati.- disse sempre più confusa, l'altro sbuffò frustato, non aveva la minima idea di come spiegare il suo comportamento alla sua amica, delle volte non riusciva davvero a  trovare le parole. -insomma, la Martina che conosco io...- Lethe lo interruppe, abbastanza infastidita -quella Martina che conosci tu è rimasta in quella famiglia che non sa nemmeno perché sta ancora in piedi.- disse ad un fiato con tutta la rabbia che delle volte le usciva involontariamente nella voce, glielo si leggeva in faccia che quel sentimento continuava a tenerla attanagliata al passato. 

-sì, sì, come ti pare Lethe. Fatto sta che comunque la ragazza che conosco io, a quest'ora mi avrebbe detto che cosa le stesse passando per la mente.- disse -nulla, esattamente nulla, cosa vuoi che ti dica?- rispose la ragazza sistemandosi i lunghi capelli mossi -come ti pare, ma se c'è qualcosa, qualsiasi cosa, dimmela ti prego.- disse il ragazzo quasi supplicandola, Lethe si sorprese, perché si stava così tanto preoccupando di lei? Glielo aveva espressamente chiesto appena lei si era trasferito da lui, non voleva che si preoccupasse delle sue condizioni, non doveva preoccuparsi di niente, non gli avrebbe dato fastidio in alcun modo, a lei interessava soltanto stare in una casa e avere un posto in cui dormire. 

-non capisco perché tu ora ti stia preoccupando...te lo avevo espressamente chiesto e...- Giaime interruppe la ragazza -cazzo lo vuoi capire che non è normale la vita che conduci?!-urlò -lo so, l'ho sempre saputo e continuare ad urlarmi contro non cambia un cazzo.- rispose anche lei alzando la voce, il moro prese un grosso respiro e chiuse gli occhi, si stava innervosendo quando si era ripromesso più e più volte di stare tranquillo. Non doveva andare così, doveva cercare di fare quello che gli era stato chiesto da Matteo, tenerla a sicuro e preoccuparsi di lei, anche senza che lui sapesse niente. Matteo si fidava, e lui avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non rovinare la fiducia del suo amico. -Lethe senti, a me sembra tutto una stronza, ci conosciamo da troppo e non voglio che tu ti riduca male.- disse, la mora rise -ma che cazzo ne sai te.- disse poi -non sai nulla Gimmi e continuerai a non sapere niente, come quella famiglia di merda.- si alzò in piedi camminando nervosamente per tutta la stanza -a cui però tieni ancora.- affermò l'altro, la mora si fermò, lentamente girò lo sguardo verso il suo amico -non tengo a nessuno.- affermò con tono serio -nessuna di quelle persone in quella cazzo di famiglia.- continuò poi -avanti, non dire cazzate.- alzò lo sguardo -non capisci nemmeno tu, vedi? Come cazzo potevo pretendere che mi capissero gli altri.- disse per poi uscire di casa sbattendo la porta.

Lethe si guardò attorno, confusa, in questo momento non aveva una meta precisa, ma qualsiasi posto sarebbe stato migliore di quella casa in cui non sarebbe voluta rimanere qualche minuto in più. Non sapeva dove stava andando, seguiva il suo istinto e basta, non le interessava nulla in quel momento. Non capiva perché dovesse tirare fuori il discorso della sua famiglia, sapeva che era l'unico argomento che non voleva toccare e così doveva essere. Giaime non la comprendeva, la sua famiglia non la comprendeva. Si sentiva così fuori luogo con qualsiasi persona iniziasse ad avere un rapporto, nessuno era come e lei, e quando credeva di aver trovato la persona che le assomigliava l'aveva allontanata, si sentiva una stupida, ma non poteva tornare indietro. Non sarebbe mai tornata indietro.







Comunque si per presentarvi questo "personaggio" ho deciso di scrivere in terza persona :)

Lethe/ IziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora