Capitolo 3

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•EVELYN

Quando quella mattina mi ero svegliata avevo trovato New York completamente coperta dalla neve. Amavo l'inverno in questa città, rendeva il tutto ancora più magico di quanto non lo fosse già. Il meteo per quella giornata segnava meno quattro gradi, e avevo notato come quasi tutti gli uccellini restavano sugli alberi, nei loro nidi, al caldo. Le strade erano piene di persone che camminavano velocemente, come al solito, dando inizio ad un'altra giornata in una metropolitana così caotica già dalle prime ore del mattino.
La sveglia aveva suonato verso le sei e mezzo, l'avevo impostata a quell'ora perché volevo andare a fare una corsetta prima di andare a lavoro; quel giorno sarei dovuta restare in negozio solo fino all'ora di pranzo, quando poi Ronda mi avrebbe dato il cambio iniziando il proprio turno.
Avevo appena finito di farmi una doccia quando mia madre chiamò. Ci sentivamo spesso, ultimamente, e mi era stata molto d'aiuto quando gli attacchi di panico erano iniziati ad arrivare in seguito alla morte di Ryan. Con mio padre non ne parlavo, preferivo sapesse che andava tutto bene e che mi ero ripresa.

《Ho visto quel ragazzo di cui ti parlai tre anni fa》, iniziai a mordicchiarmi il labbro, guardando fuori dall'enorme vetrata che mi dava una vista mozzafiato di quasi tutta New York. 《Sai, quello per cui avevo deciso di prendermi una pausa da questa città, prima di iniziare a conoscere Ryan.》
Avevo parlato a mia madre di Blake, senza entrare molto nei dettagli né lasciarmi sfuggire il suo nome. A Los Angeles, nel quartiere dove vivevamo anni prima, si conoscevano quasi tutti tra loro... come se fosse un piccolo paesino come quelli di cui mi aveva parlato mia nonna in Italia, dove tutti sapevano tutto di tutti. Loro conoscevano i genitori di Blake, come gli avevo conosciuti io, solo che loro non erano mai stati in buoni rapporti. Non ho mai capito il perché, e loro mi tennero sempre fuori dai loro affari. A lei le avevo semplicemente rifilato sù qualche bugia in mezzo alla verità. Le avevo detto che ci eravamo conosciuti ad un matrimonio, cosa più o meno vera dato che ci eravamo incontrati lì per la prima volta dopo tanti anni, e che tra una cosa e l'altra avevamo iniziato a frequentarci, che con lui mi ero trovata bene ma che poi era andato tutto a rotoli a causa mia e della mia gelosia. Mentii anche sul suo lavoro, cosa che avrei potuto evitare dato che ai miei genitori non importava niente di queste cose, ma ormai lo avevo fatto.
《Oh sì, mi ricordo di lui》, la sentii farsi scappare dalle labbra un piccolo sospiro. 《E...?》
《Niente di che》, mormorai abbassando lo sguardo sulla mano libera, guardando qualche piccolo residuo di smalto che avevo ancora sulle unghie. 《Abbiamo scambiato qualche parola di sfuggita, ero in ritardo per il lavoro》, aggiunsi, per poi sospirare. 《Ho provato un po' di sensazioni strane, quando l'ho rivisto dopo tutto questo tempo.》 Quando lo avevo visto il mio cuore sembrava volesse uscire dal mio petto e iniziare a vivere per conto suo, per evitare di vivere le mille emozioni che stavo provando in quel momento. Mi era mancato, anche solo vederlo, se devo essere completamente sincera. Quando poi mi aveva mandato quel messaggio... Dio, ero uscita completamente fuori di testa. Non sapeva niente del mio dolore, e che cercasse di farmi aprire proprio con lui non mi piaceva come idea.
《Sai, tesoro, è facile dire che hai superato qualcuno, che non te ne frega più niente di lui, se non lo vedi. La vera sfida è guardarlo negli occhi e vedere il suo sorriso, sentire la sua voce, ed essere ancora in grado di dire "questo non è più quello che voglio"》, disse con un tono leggermente triste. 《Ryan ti ha fatta innamorare, ma il tuo cuore, in fondo, è sempre amato un'altra persona; solo tu sai a chi appartiene veramente.》

Avevo parlato con mia madre fino a quando non ero arrivata a lavoro, poi dovetti chiudere.
Quella mattina era stata devastante, come al solito. Un cliente dopo l'altro, Crissy che per miracolo era passata nel negozio in un orario decente e non alla chiusura, addirittura senza fare scenate come suo solito. Ronda arrivò verso l'ora di pranzo, mentre io davo velocemente un morso al panino che mi ero comprata nel tragitto dall'appartamento al lavoro, prima che una nuova cliente entrasse iniziando a guardare un po' tutta la merce che avevamo esposta. Salutai la mia collega sorridendo, mentre lei ricambiava mettendo subito a lavoro essendo qualche minuto in ritardo. Andò prima nel magazzino, per poi tornare con un espositore già completo di vestiti mentre lo spingeva fino ad un determinato punto del negozio. Guardai la cliente che si avvicinava alla cassa, posando poi su di essa una borsa grigio chiaro, della marca Armani, dal costo di centottanta dollari, e un paio di sandali neri con tacco dorato della Yves Saint Laurent, dal costo di millecentocinquanta dollari. Iniziai a battere entrambi i codici, per poi prendere la carta di credito che la ragazza mi aveva posato sul banco e passarla nell'apparecchio apposito, ma subito la scritta "errore" appare sul display.
《Non è valida, ne ha un'altra?》, puntai gli occhi sulla ragazza di fronte a me, porgendole la carta di credito.
Lei mi guardò confusa, per poi farsi scappare una risata. 《Impossibile, provi di nuovo.#
Lanciai uno sguardo a Ronda, che si era fermata qualche secondo puntando il proprio sguardo su di noi, e poi passai nuovamente la carta ricevendo un'altra volta la scritta "errore".
#Non è valida#, le porsi la carta che lei prese un po' titubante, deglutendo nervosamente. #Ne ha un'altra?#, chiesi, come prima.
#No. Non importa, grazie lo stesso#, mormorò rimettendo la carta nel borsellino, mentre io tiravo a me la borsa e le scarpe che lei aveva posato sul banco. #Arrivederci#, disse per poi dirigersi fuori dal negozio, senza darmi la possibilità di salutarla a mia volta.
Guardai Ronda, che negava con la testa facendosi scappare una risata. Molte clienti venivano qui, vantandosi che non badavano ai prezzi, per poi fare una brutta figura quando la loro carta risultava errata.
#Vogliamo parlare della risatina che ha fatto?#, chiese la mia collega.
#Come se fosse colpa nostra#, replicai, negando con la testa e ridendo.
Continuammo a lavorare, fino a quando staccai circa mezz'ora dopo.
Iniziai a camminare tranquillamente, in confronto a tutte le altre persone che correvano a destra e a sinistra, mentre un piccolo brivido mi percorreva la spina dorsale a causa del freddo pungente. Il ricordo di Blake mi tornò subito in mente. Quella mattina avevo pensato che aprirmi con lui, proprio come lui voleva, fosse una pessima idea... ripensandoci, forse mi avrebbe aiutato. Nel messaggio mi aveva detto che stava passando ciò che stavo passando io, che aveva capito della mia dipendenza, e che se avevo bisogno di lui... be', lui era lì.
Forse non sarebbe stata una cattiva idea. Forse lui sarebbe stato la prima persona che mi avrebbe veramente ascoltato, con il quale mi sarei potuta finalmente aprire veramente nonostante i nostri motivi per essere in quella situazione fossero completamente diversi.

Love (Attraction Series 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora