Capitolo 16

103 15 4
                                    

BLAKE

Erano passati quattro mesi. Quattro mesi in cui i medici avevano tenuto Evelyn in coma farmacologico per le troppe e gravi fratture che aveva riportato a causa di quel maledettissimo incidente. Le mie ferite non erano state di certo migliori delle sue, ma non erano neanche state così gravi da farmi finire su un letto d'ospedale per più di una settimana. Restavo accanto al suo corpo immobile, disteso su quel maledetto lettino a una piazza e mezzo, giorno e notte nella speranza che la sua situazione migliorasse. Avevo anche iniziato a pregare, cosa che non mi sarei mai aspettato di fare in tutta la mia vita. Ma era quello che mi avevano consigliato i medici, e ad un certo punto ogni essere umano cerca di aggrapparsi anche alla minima cosa che potrebbe salvarlo da tutta quella situazione. Non l'avevo lasciata sola neanche per due secondi, escludendo quando mi costringevano ad andare a casa per farmi una doccia. Sua madre, Tessa, e addirittura Cassidy che era rimasta lì con me per non lasciarmi solo, cercavano di farmi distrarre ripetendomi che se non fossero stati i medici a toglierla dal coma allora non si sarebbe risvegliata da sola. Ma non potevo lasciarla sola.
Date le condizioni gravi di entrambi, soprattutto quelle che aveva riportato Evelyn, quando mi risvegliai sul letto d'ospedale venni immediatamente sommerso di domande dalla polizia. Quel giorno ricordavo vagamente quello che era successo poco prima di perdere i sensi, e con il mio racconto, con quei piccoli dettagli, confermai però la loro versione nella quale l'uomo che aveva raccontato la vicenda era proprio la persona che quella macchina aveva sorpassato. L'uomo aveva raccontato che quella macchina gli stava dietro già da un bel tratto di strada, e che poteva superarlo in qualsiasi momento ma aveva optato per farlo proprio quando stava arrivando la nostra macchina, come se fosse stato tutto programmato o fatto di proposito. Ricordavo di aver sterzato solamente dopo aver prima cercato di proteggere Evelyn, o almeno la nostra bambina, come potevo. L'uomo confermò la mia azione, per quel che aveva potuto vedere in quella notte illuminata solo da qualche lampione. Aggiunse anche di essere riuscito a prendere la targa di quella macchina, che poi era risultata inesistente e mai registrata da nessuna parte, e che l'uomo alla guida era uscito dalla macchina con talmente tanti vestiti addosso da non essersi procurato neanche un graffio, a suo parere. Quello confermava ancora di più la teoria che fosse stato fatto di proposito, ma chi mai avrebbe potuto fare qualcosa di così crudele?

《Posso entrare?》 La voce di Tessa mi giunse alle orecchie, facendomi alzare la testa e puntare gli occhi verso la porta d'ingresso in cui lei si trovava.
《Certo》 risposi facendo un piccolo sorriso debole.
Lei si avvicinò con passo lento, fino ad arrivare al mio fianco, per poi porgermi quel piccolo fagottino che aveva tra le braccia. 《Si è appena svegliata, e credo proprio che volesse il suo papà. Ho pensato fosse meglio cercare di farla calmare prima di portarla qui dentro.》
《Grazie, Tessa. Sei un'angelo》 dissi prendendo la bambina, che subito si accoccolò al mio petto disperatamente.
《Non esagerare》 mi sorrise posando una mano sulla mia spalla, per poi avvicinarsi a Evelyn e accarezzarle lentamente i capelli. 《Ti hanno detto qualcos'altro?》
Negai con la testa. 《La situazione è sempre la stessa, a parte qualche minuscolo miglioramento che ci hanno accennato due giorni fa.》
《Vedrai che si riprenderà velocemente. Evelyn è una donna forte, non ha mai mollato e dubito che lo farebbe proprio adesso.》 Guardò l'amica, poi me, e infine la piccola tra le mie braccia. 《Non può lasciarla sola con te, non se lo perdonerebbe mai. Porteresti la bambina alla rovina》 disse tutto d'un tratto facendomi scappare una risata leggera.
《Hai una grandissima fiducia nei miei confronti, che bello》 replicai ironicamente.
Si mise a ridere anche lei, per poi lasciarmi nuovamente solo e tornare nella sala d'aspetto.
Fissai la porta chiusa, per poi abbassare lo sguardo sulla bambina. Era stupenda, nel vero senso della parola, nonostante avesse solo un mese. I suoi occhi erano enormi e dello stesso colore grigio/azzurro di Evelyn. Dalla madre aveva preso praticamente tutto. Occhi. Labbra. Capelli. Da me aveva preso solamente il naso, ma era perfetta così. Dal primo momento in cui la vidi capii subito quanto avrei combattuto in futuro per colpa dei ragazzi che le sarebbero girati attorno. La sua bellezza era qualcosa di indescrivibile, e avrei pagato oro per tornare indietro nel tempo e restare a casa di Evelyn evitando l'incidente che l'aveva portata a non godersi la gravidanza che aveva tanto sognato.
I medici non si erano mai spiegati come la bambina non avesse subito danni. Era stato un miracolo, a detta di loro.
Il giorno del parto avevo chiesto il favore di poter registrare e fare foto, volevo che un giorno lei vedesse tutto quanto. E non mi ero mai pentito di quella decisione.
Ogni giorno la sistemavo sul petto di Evelyn, per non farle mancare il contatto materno che lei stessa non poteva darle.
Le avevo messo il nome Ivy. Tantissime volte Evelyn aveva parlato di voler probabilmente dare quel nome, in futuro, a sua figlia e quando la piccola nacque ringraziai il cielo per essere stato presente quando lei aveva espresso quel suo desiderio. Ivy Davis.

Love (Attraction Series 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora