CAPITOLO 5

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"Sveglia ricciolino, il sole è alto nel cielo ed è una bellissima giornata!" la voce di una ragazza strilla nelle sue orecchie ancora addormentate.
Non è Gemma. Ma che...
New York.
Lottie.

"Buongiorno anche a te Lottie, che finezza"
"Scusami Harry, ma c'è il sole!"
"Lo vedo, ma non sono nemmeno le otto, dove la trovi tutta questa voglia di vivere?"
"Se c'è il sole, io sono viva. E' dentro di me"
"Sei pazza"
"Meteoropatica", lo corregge lei.

"Ad ogni modo, mamma ha preparato la colazione, scendi?"
"Arrivo subito, fammi dare almeno una sistemata"
"D'accordo, ti aspetto giù allora" dice correndo fuori dalla stanza.

Harry si fermò ad ammirare la sua camera colpita dalla flebile luce mattutina, la sfumatura ancora rosastra rifletteva il torpore di quella mattina e sembrava risvegliare piano piano ogni parte del suo corpo. Anche lui, come Lottie, amava il sole. Solo che di solito la mattina gli ci voleva qualcosa in più per riprendersi. Tipo...che ne so, tre tazze di caffè?

Si alzò pigramente, ancora riluttante all'idea di dover abbandonare il proprio letto con quel piumone così soffice, e appena appoggiò i piedi sul legno grezzo del pavimento sussultò alla piacevole temperatura di fine estate.
In Inghilterra era diverso, lì pioveva sei giorni su sette quando andava bene, e Harry non sentiva del tiepido sole sulla sua pelle lattea da troppo tempo.

Si diresse lentamente verso la finestra spalancandola e lasciandosi travolgere dalla piacevole brezza, chiuse gli occhi lasciandosi risvegliare in quel modo ascoltando il canto di un pettirosso e di qualche grillo che canticchiava pigramente una qualche melodia nel giardino della casa.

Quando fu abbastanza coraggioso per risvegliarsi ed affrontare la giornata si avviò verso la porta di camera sua passandosi una mano con le sue lunghe dita affusolate tra i ricci cercando di sistemarli nel miglior modo possibile.

Scese le scale trovando già tre quarti della famiglia riunita a tavola aspettando lui.
E si sentì a casa.

"Buongiorno caro"
"Jay, buongiorno anche a te! Mark!"
"Ciao ragazzo, dormito bene?"
"Oh sì, benissimo"
"Ne sono felice. Vieni, prendi un paio di pancakes"

Ed avevano davvero un aspetto invitante.
Non se lo fece ripetere due volte.

"Mmh, sono fantastici"
"Li ha fatti mamma!" disse la bionda dai riflessi color pesca orgogliosa.

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Rimasero a quel tavolo parlando e ridendo a lungo, e nonostante Harry fosse completamente sommerso di amore e di attenzioni non riuscì a fare a meno di notare che, dal lato opposto della tavola, una sedia fosse fredda e vuota.

Che ti importa? Non lo conosci nemmeno Harry, smettila.

E il riccio davvero non riusciva a spiegarsi per quale dannato motivo stesse dando importanza ad una cosa irrilevante. Dopotutto era in quella casa da soli due giorni, non poteva sapere le abitudini di quella famiglia e, soprattutto, non doveva interessargli cosa facesse Louis quando non era lì.

Dopo l'incidente in bagno e la cena, Harry non aveva più rivisto quegli occhi azzurro ghiaccio.
Non doveva esserne felice? Si era ripromesso di stargli alla larga, no? Ce la stava facendo.

Eppure...

Quasi come se avesse appena pensato ad alta voce, Johannah si rivolse a lui;
"Louis non fa mai colazione con noi, sai...esce molto presto tra gli allenamenti, gli amici e quant'altro"
"Capisco"

Ma no, la realtà era che non capiva.
Cazzo, era la sua famiglia, perché non era lì a ridere con loro?

Si sentì in qualche modo sollevato di sapere che la sua assenza fosse una realtà quotidiana e non un 'odio il nuovo ragazzo che vive in casa mia e lo voglio evitare'.

the starry night over new york| lxuistmlnsn Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora