CAPITOLO 1

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"Il borsone lo hai preso? E la valigia verde? Il passaporto ce l'hai? Il telefono?"
"Mamma calmati, ho tutto! Sto per partire dalla parte opposta dell'oceano e questa è la fiducia che hai in me?" sbuffò il riccio scostando una ciocca di capelli color cioccolato che gli solleticava la fronte.
Amava sua madre e le era grata di tutti i sacrifici che stava facendo per realizzare il sogno più grande della sua vita ma insomma, aveva pur sempre diciassette anni!

"Scusami Haz, hai ragione, ma sono sempre le tua mamma e...oh, al diavolo. Mi mancherai da morire piccolo"
"Anche tu e Gemma, tanto, ma ti romperò così tanto con FaceTime che ti dimenticherai addirittura che sarò così lontano. Ce la faremo, mamma, un anno alla fine passa in fretta"

"Voglio solo che tu sappia che sono orgogliosa di te e che non vedo l'ora di vedere le migliaia di foto che mi manderai ogni giorno. Quando tornerai le stamperemo tutte e ci tappezzeremo la casa!"
"Stai facendo degli sforzi grandissimi a livello economico per tutto questo...spero di non deluderti"
"Non potresti mai, Harry, e ora vai a salutare Gemma. Il taxi sarà qui fra dieci minuti".



Il ragazzo si avviò verso le scale che portavano al piano superiore di quella che era la casa in cui sia lui che la sorella erano nati e cresciti e che, a dire la verità, temeva di abbandonare.
Appoggiò delicatamente la mano destra sul corrimano in legno bianco lucido e appoggiò la suola delle sue Converse bianche e rovinate con i lacci lilla sulla moquette grigia facendo appena pressione mentre, lentamente, saliva le scale.

Ogni gradino faceva riaffiorare in lui mille ricordi; gli sembrò di vedere se stesso e Gemma su quegli stessi scalini a fare scendere in picchiata le sue macchinine o le molle dai colori arcobaleno della sorella, gli sembrava di sentire le risate provenire dal piccolo cortile sul retro quando la domenica tutta la famiglia di riuniva per un barbecue  oppure le urla che facevano tremare i quadri al piano di sotto quando Gem era di fretta e doveva uscire con un ragazzo e, puntualmente, trovava il bagno occupato da lui.

Si ritrovò a dover scuotere la testa per cacciare indietro le lacrime e scacciare il pizzichio che lentamente gli risaliva in gola.

Solo un anno, Harry, solo uno. New York è il tuo sogno, vivilo.
Se lo ripeteva spesso da quando la mail era apparsa prepotentemente sullo schermo del suo Mac, eppure sapeva che la nostalgia di casa lo avrebbe colpito in pieno petto con prepotenza.



Senza rendersene conto si ritrovò davanti ad una porta bianca con una G in legno rosa al centro.
Chiuse gli occhi, respirò e bussò.

"Entra!"
"Disturbo? Volevo salutarti, il taxi sarà qui a momenti"
"Oh...è già ora?"
"A quanto pare sì. Senti, non voglio fare il sentimentale ne tantomeno perdere tempo ma...promettimi che starai attenta e che baderai a te stessa e alla mamma"
"Ci puoi scommettere fratellino"
"E non uscire con dei tossici!"
"Harry, fino a prova contraria la più grande qui sono io"
"Sì, ma sei comunque mia sorella"
"Gelosone, menomale che non volevi fare il sentimentale"

"Ah e...se qualcuno dovesse farti star male tu chiamami, prendo il primo volo per Holmes Chapel e lo faccio a pezzi"
"Ma se cadi solo con un po' di vento, per piacere. Piuttosto, se succede qualcosa a te...io arrivo subito lo sai"
"Me la caverò"
"Di questo ne sono certa, sono orgogliosa di te fratellino"
"Ti voglio bene Gems, mi mancherai da morire"
"Verrò a trovarti appena possibile spilungone, ho sempre sognato di vedere New York" disse lei facendo l'occhiolino.

"Harry, il taxi è qui!"
"Scendo subito mamma!"
"Suppongo sia davvero il momento...ciao piccolo Harry"
"Ciao Gem"



Salutò velocemente la madre che lo guardava sorridente sulla porta per non mettersi a piangere davanti a lei perché sapeva bene che, se lo avesse fatto, avrebbe iniziato anche lei e non voleva assolutamente allagare tutto il quartiere.



Salì in auto con un borsone nero sulle gambe e, dopo aver preso in mano in cellulare, lesse alcuni messaggi dei suoi più cari amici che gli auguravano buona fortuna in America e gli dicevano che avrebbero sentito la sua mancanza.
Chi non sentirebbe la mancanza di una persona come Harry alla fine?
Era sempre disponibile ad aiutare chiunque ne avesse bisogno anche a costo di mettere i suoi problemi in secondo piano.

"Tratta le persone con gentilezza"; era questo il suo mantra.
Spesso Anne lo prendeva in giro dicendogli che prima o poi si sarebbe tatuato quella frase in fronte a furia di dirlo ma, in realtà, era felicissima che suo figlio fosse...semplicemente Harry.

Aveva cercato di crescere entrambi i suoi figli con i massimi valori ed era orgogliosa di quello che aveva creato da sola.
"Non importa chi siete e chi sarete, sarò comunque fiera di voi" era la frase che gli ripeteva sempre.



Spense il cellulare e si mise a guardare fuori dal finestrino i contorni del suo paese natale che correvano veloci. Riconobbe la panetteria in cui aveva lavorato per due anni per potersi pagare parte del viaggio senza pesare troppo sulle finanze della madre, il parchetto in cui era solito ritrovarsi con James e Nick, i suoi amici d'infanzia, e gli altri ragazzi che nel corso degli anni avevano preso parte alla sua vita incasinata ma terribilmente felice.

Vide il ponte sotto al quale aveva dato il suo primo bacio a Tessa, una ragazzina che all'epoca aveva solo dodici anni (Harry ne aveva quattrodici), e si ritrovò a sperare di incontrare qualcuno di speciale nella sua città dei sogni perché ad essere onesti non aveva più avuto nessun tipo di rapporto con delle ragazze dopo quel bacio inesperto e un po' si sentiva a disagio, perché tutti gli altri ragazzi della sua età avevano fatto esperienze che lui non si sentiva pronto nemmeno ad immaginare ma poi pensava di essere fortunato, perché per lui l'amore era una dei pilastri che sorreggevano il mondo e volva viverlo a pieno solo quando sarebbe stato pronto a farlo.
Non un secondo di più, non uno di meno.

E in fondo che importava vantarsi di essersi fatti una tipa in un sudicio bagno del pub di Holmes Chapel, se non poteva vantarsi di aver amato davvero?



Holmes Chapel, la sua casa, il suo posto nel mondo.
Harry era sicuro che, qualsiasi cosa sarebbe successa nella sua vita e qualsiasi persona sarebbe diventato, sarebbe sempre ritornato a casa.
Era cresciuto in quella casa dai mattoni ormai sbiaditi dal sole, aveva visto sua madre coltivare con passione le sue amate rose rosse nel giardino e aveva imparato, da quello, che se ti prendi cura delle cose queste fioriscono e ti regalano lo spettacolo più bello al mondo.

Non aveva ancora abbandonato casa sua che già ne sentiva la mancanza fin dentro le ossa ma poi pensava che stava per vivere il suo sogno, e questo lo fermava dal piangere per la nostalgia.
Gli sarebbe mancata casa, sì, ma in realtà aveva paura di innamorarsi troppo di New York perché si sa, ad Holmes Chapel ci sarebbe tornato entro un anno ma avrebbe dovuto abbandonare New York per molto, molto tempo.



Arrivato in aeroporto ringraziò l'autista e si diresse al suo gate con i biglietti e il passaporto in una mano e la valigia nell'altra tremante di paura e di eccitazione.
Dopo aver passato infiniti controlli riuscì finalmente a prendere posto sull'aereo.
Per sua fortuna notò di essere vicino al finestrino così avrebbe potuto passare il viaggio osservando l'oceano molti metri più in basso che si estendeva infinito per moltissime miglia.

Scrisse un messaggio ad Anne e a Gemma per rassicurarle di essere sano e salvo e si mise le cuffiette per rilassarsi con un po' di musica.
Il volo sarebbe durato all'incirca undici ore, quindi aveva tutto il tempo a disposizione per dormire, guardarsi una serie tv e calmare i nervi. Dell'ultimo punto non ne era poi così convinto, a dir la verità.

Una volta arrivato avrebbe dovuto cercare una coppia, marito e moglie, con un cartello con scritto il suo nome: i signori Tomlinson. La sua nuova famiglia.

Il riccio non sapeva molto di loro, solo quello che gli era stato detto dall'agenzia tramite mail.
La moglie si chiamava Johannah, il marito Mark e dovevano avere due figli: Louis e Charlotte.
Era impaziente di conoscerli e sperò che i due ragazzi (Louis aveva un anno in più di lui, mentre Charlotte uno in meno) fossero simpatici e dei buoni amici.

Chiuse gli occhi quando l'aereo decollò per recuperare le ore di sonno perse la notte stessa per l'ansia e sognò come sarebbe stata la sua nuova vita.
Ma il vero sogno stava per arrivare e Harry non poteva nemmeno immaginare quello che sarebbe successo.

the starry night over new york| lxuistmlnsn Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora