Ho bisogno di te

138 20 15
                                    

2 ottobre 2006

Era un’uggiosa giornata di inizio ottobre e il cielo plumbeo rivestiva completamente la città di Milano con la sua pesantezza, Roberto osservava le vie piene di gente dal suo ufficio in redazione, le prime gocce di pioggia bagnavano il vetro e in strada sbocciavano come fiori i primi ombrelli, la sola cosa colorata che gli occhi di Roberto riuscivano ad intravedere in mezzo a quel caos di anime indaffarate e palazzi grigi.
Aveva provato a chiamare Eleonora più volte, ma non aveva risposto e lui era rimasto lì, come sospeso, in attesa che il telefono del suo ufficio suonasse di nuovo. Aveva completato il suo lavoro per quel giorno, scritto e consegnato il suo articolo in perfetto orario come sempre, eppure la presenza di quel telefono rosso non riusciva a farlo muovere dall’ufficio.
A fine giornata erano soliti sentirsi, lui la chiamava dall’ufficio per non essere disturbato e per non dare un motivo di preoccupazione a Bianca, dopotutto tra lui ed Eleonora c’era solo una profonda amicizia che tentava di sopravvivere alla distanza, boccheggiando tra gli sms e gli squilli del cellulare, si concedevano qualche lettera ogni tanto, lei partecipava a molti comizi del partito e si curava di mandargli una cartolina del luogo in cui soggiornava. Ogni tanto Roberto si domandava se sarebbe bastato tutto il loro sforzo per far sopravvivere quel rapporto che ormai esisteva solo grazie alla tecnologia, ad orari incastrati con difficoltà, sms strappati tra una riunione e l’altra, messaggi rimasti ore ed ore in segreteria.
Non seppe nemmeno lui quanto rimase in ufficio ad attendere, ma tutto tacque per diverso tempo finché il suo cellulare non squillò e sul display apparve il numero della sua fidanzata
“Pronto, dimmi” rispose con voce atona
“Amore, sono appena uscita da scuola, mi sono trattenuta di più con i ragazzi per il recupero di latino” esordì la donna all’altro capo del telefono con la voce emozionata, da poco era diventata professoressa in un liceo e mostrava una grande passione per il suo mestiere
“Hai fatto bene, ti serviva qualcosa?”
“Sei ancora in ufficio?” domandò la donna mentre in sottofondo alcuni rumori rendevano intermittente la sua voce, probabilmente stava cercando qualcosa in borsa
“Sì, avevo del lavoro arretrato” mentì Roberto dando una veloce occhiata all’orologio
“Va bene tesoro” rispose la donna “Pensi che uscirai tardi?”
“N-Non lo so, come mai?” rispose preso alla sprovvista
“No perché Mario, il collega di scienze, mi aveva invitato a prendere un aperitivo con alcuni colleghi, ma se tu tra poco hai finito torno a casa così possiamo stare insieme”
“Vai pure, sono contento che tu ti stia integrando” rispose Roberto sinceramente lieto che la sua compagna si trovasse a suo agio con colleghi e studenti.
Una volta terminata la breve telefonata Roberto si lasciò cadere sulla sedia del suo ufficio sentendosi sciocco come un ragazzino nell’attendere che il dannato telefono squillasse, un suono che probabilmente quella sera non avrebbe udito.
Sbuffò mentre si rigirava tra le mani una penna domandandosi che senso avesse ancora attendere; la vita di Eleonora, dopo che era diventata la punta di diamante del partito ed aveva iniziato a presenziare ai comizi, era completamente cambiata, assorbita dalle interviste, dalle riunioni, dalla sua popolarità sempre maggiore.
Stava accadendo proprio ciò che temevano.

“Non ti dimenticare di me” le aveva chiesto in lacrime, un’implorazione lasciata a quella notte romana, afosa e piena di stelle, di parole sussurrate e sospiri mai consolati.
Doverla salutare era stata una delle imprese più ardue che avesse compiuto e il solo motivo per cui non aveva ceduto al desiderio di restare a Roma era perché lei gli aveva promesso che mai l’avrebbe dimenticato.
Quanto era stato infantile da parte sua credere che due persone adulte con vite così distanti potessero mantenere la complicità che li aveva uniti.
Come erano state dolci le loro promesse finché non si erano scontrati con la crudele realtà, quando il mondo sembrava nelle loro mani ed ogni promessa giurata di fronte a Roma sembrava impresa facile da mantenere, in quelle notti che hanno il sapore della gioventù, delle belle parole, delle birre calde bevute su scalini di pietra.
Sembrava ci fosse una possibilità per loro quella notte, Roberto ne ricordò ogni istante continuando a giocherellare con la penna, avevano promesso col cuore in mano, ma ciò che sembrava uno spiraglio di luce si era tramutato nella cicatrice profonda della loro malinconia, la lacerante consapevolezza di non essere mai stati così distanti.
Sentiva di perderla giorno dopo giorno, messaggi sempre più radi, chiamate sempre più corte, cartoline sempre meno frequenti.
Tutto si stava sgretolando.

Rincasò dopo un’oretta, il buio scendeva sulla città come un oscuro mantello, il freddo pungente gli graffiava la pelle, chiuse la porta alle sue spalle con un tonfo sordo lasciandosi alle spalle il mondo.
Si abbandonò sul divano, la casa silenziosa e scura, avrebbe dovuto accendere qualche luce, iniziare a cucinare, spogliarsi, farsi una doccia ma rimase semplicemente lì seduto con il corpo molle abbandonato contro la stoffa morbida, il freddo di quella giornata sembrava portarselo dentro.
Lo squillo del telefono gli segnalò l’arrivo di un sms, era Bianca:

<<Ci fermiamo a cena in una pizzeria, se non ti va di cucinare ci sono delle lasagna avanzate :) >>

Roberto rispose velocemente al messaggio e poi abbandonò il telefono accanto a sé, inerte e sconsolato. Da quando le aveva dato tutto quel potere? Quando aveva permesso a quella donna di condizionare il suo umore, di prendere possesso delle sue giornate, dei suoi pensieri?
Trovò la forza di alzarsi e si recò in cucina per riscaldare le lasagne di cui Bianca le aveva parlato, attese che il forno facesse il suo lavoro e poi le estrasse con cura e le pose su di un piatto, fortunatamente Bianca era tanto dotata in cucina che dopo il primo morso l'appetito di Roberto si riaccese.
Improvvisamente il suo cellulare squillò, Roberto si alzò con calma consapevole che non sarebbe mai stata la telefonata che attendeva, probabilmente era Bianca o i suoi genitori.
Quando sollevò il cellulare rimase stupito nel leggere sul display il nome di Eleonora, rispose immediatamente come un ragazzino.

“Ele”
“Rob”
“Come stai?”
“Bene” rispose con tono distaccato mentre in sottofondo si sentivano diversi rumori, pareva carta
“Sei occupata?”
“Niente di che, sto finendo di riordinare alcuni documenti, tu come stai?”
“Anche io tutto bene” mentì “Seguo l’attività del partito in redazione e in tv, state andando benissimo, i vostri consensi aumentano a vista d’occhio”
“Sì” rispose col medesimo tono algido Eleonora “Effettivamente stiamo riscontrando un notevole successo, soprattutto tra i giovani”
“E non solo” rispose Roberto emozionato cercando un po’ di trasporto anche dall’altro capo del telefono “Ho letto delle statistiche e si stanno avvicinando persone di ogni fascia d’età”
“Lo so” replicò la donna, la sua voce ancora sepolta dal rumore di fogli “Ne sono informata”
“Sei sicura che vada tutto bene?”
“Sono solo stanca” rispose sospirando
“Se vuoi parlare…”
“No” rispose secca “Non c’è niente di cui devo parlare”
Ci fu qualche attimo di silenzio ed Eleonora ammorbidì i toni
“Mi sposto in cucina perché non ho ancora mangiato” proseguì seguita da un rumore sordo, forse un cassetto che veniva chiuso
“Va bene, che ti cucini di buono?”
“Spero di avere qualche avanzo in frigo” rispose senza un minimo di ilarità, senza un sorriso e Roberto riusciva a capire dalla sua voce quando Eleonora stava sorridendo
“Anche io ho mangiato degli avanzi”
“Cosa?” domandò Eleonora sempre accompagnata da rumori di sottofondo, l’ultimo sembrò il rumore di una confezione aperta
“Lasagne”
Ci fu qualche attimo di silenzio “Bianca?”
“Sì, le ha fatte lei”
“Fortunato” rispose Eleonora con un tono che Roberto sperò di fraintendere
“Hai trovato una degna cena in casa?” domandò per smorzare la tensione creatasi
“No, Giorgio è fuori città, è lui che cucina. Ho cereali e latte”
“Ti ammalerai così” rispose Roberto con una lieve risata che mal celava una sincera preoccupazione per i ritmi estenuanti a cui era sottoposta la donna
“Non ti preoccupare di questo”
“Certo che mi preoccupo per te”
“Non dovresti”
Coltellata.
“Scusami…”
“Perché mi chiedi sempre scusa?” domandò irritata
Roberto sospirò “Perché ultimamente non dico mai niente di giusto con te”
Di nuovo silenzio e, come prima, Eleonora sfoderò una voce più delicata
“Hai ragione, è un periodaccio. Raccontami qualcosa mentre mangio”
Roberto iniziò a parlare del lavoro, all’altro capo del telefono solo qualche cenno di assenso “interessante” “ho capito” “che bello”, ma Roberto proseguì a parlare finché anche le rade parole di Eleonora non si acquietarono:
“Ele?” domandò più volte senza udire risposta, tese meglio l’orecchio e sentì il respiro ritmico della ragazza in sottofondo, probabilmente si era addormentata.
Rimase ancora al telefono, dandosi dello stupido, solo per poter udire ancora un po’ il suo respiro, per sentirla più vicina a sé; si stese anche lui sul divano e attese il momento giusto per chiudere la telefonata, incapace anche di compiere quel gesto così banale domandandosi quanto tempo avrebbe dovuto attendere ancora per risentire la sua voce, anche se sempre più distante e fredda.
Sospirò poggiando il dito sul tasto rosso, ma prima di trovare la forza di premerlo avvicinò di nuovo il cellulare al suo orecchio “Ho bisogno di te, Ele” e riattaccò.






Ovunque proteggi Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora