Di tuffi nel passato, Montale e tricolore

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15 ottobre 2016

“Dieci anni fa ho sbagliato tutto con te, ti ho delusa, ma non voglio perdere altro tempo” le aveva sussurrato “Domani alle 10 pronta sotto casa tua, ti passo a prendere”

E così in quel sabato di metà ottobre insolitamente caldo anche per il clima mite di Roma Eleonora l’aveva aspettato davanti al portone con largo anticipo per l’agitazione, controllando l’orologio come una ragazzina al primo appuntamento.
Lo vide arrivare con qualche minuto di ritardo su di una fiammante vespa rossa, sorrise immediatamente “Questa è il tuo tipico mezzo di locomozione?”domandò coprendosi un irriverente sorriso col dorso della mano in un gesto di finta pudicizia “Non proprio” ammise lui porgendole un casco “Volevo prendere la bicicletta ma mi pareva poco adatta per due persone”
“Perché le bici?” domandò confusa mentre assicurava il casco sulla sua testa
“Ricordi quello che ti ho detto? Dieci anni fa non mi sono comportato come avrei dovuto, quindi voglio farti rivivere un pomeriggio del 2006, e noi cosa facevamo all’università?”
“Andavamo in bici in giro per Roma” rispose Eleonora, poi lo squadrò con attenzione notando l’ampia camicia rigorosamente a maniche corte sotto la quale spiccava una maglietta a maniche lunghe “Sei molto anni duemila effettivamente” constatò, Roberto sorrise e con orgoglio sfoderò un cellulare a conchiglia lasciando Eleonora a bocca aperta “Non ci credo” sussurrò divertita prima di sedersi dietro di lui facendo aderire il suo petto alla schiena dell’uomo “Partiamo” proferì lui prima di schizzare per il traffico di Roma, le mani di Eleonora a stringergli la maglietta con forza.
“Dove andiamo?” gridò Eleonora per farsi udire nonostante il vento e il rumore del traffico
“Un luogo che ricorderai sicuramente” e non aggiunse altro continuando a guidare lungo le affollate strade della città.
Man mano che si avvicinavano alla meta Eleonora riconosceva il panorama attorno ed i sospetti sulla prima tappa furono confermati quando Roberto accostò di fronte alle Villa del Priorato di Malta.
“Ti ricordi?” domandò porgendole una mano per aiutarla a scendere
“Sì, ci siamo stati poco dopo essersi conosciuti” sospirò la donna
“Io ero da poco arrivato a Roma e tu ti eri proposta di mostrarmi gli angoli più nascosti della città”
“E tu mi chiamavi sempre Cicerone” rispose Eleonora lasciandosi andare ad un sospiro nostalgico
“Lo sei stata, in effetti” disse avvicinandosi “E sei stata proprio tu a svelarmi la particolarità di questo luogo”, Eleonora immediatamente si sporse per osservare dentro la serratura che regalava uno dei più belli e suggestivi squarci di Roma: una visuale della cupola di San Pietro perfettamente incorniciata dalle rigogliose piante del giardino, sorrise osservandola qualche istante e tornando indietro di molti anni, alla prima volta in cui gli aveva mostrato quella serratura con orgoglio.

“Non c’è tempo da perdere!” esclamò Roberto con tono concitato e colmo di emozione “Prossima tappa!”, Eleonora salì in sella sempre rigorosamente stretta al suo corpo e si lasciò guidare dalle stravaganti idee di quell’uomo.
Giunsero in un bar poco lontano dalla facoltà che avevano frequentato da giovani “Questo posto!” sospirò Eleonora con gli occhi colmi di ricordi “Il bar in cui abbiamo fatto tutte le nostre colazioni, i nostri aperitivi” disse Roberto osservando il modesto locale di fronte a loro “Quante ore passate qua dentro” rispose Eleonora ma non appena aprì la porta si rese conto di una cosa estremamente particolare: in giro per il locale c’erano diverse bandiere italiane di dimensione eccessiva per essere decorazioni adottate tipicamente dal gestore, Roberto fece un cordiale cenno d’intesa al barista e lui sparì dietro una porta chiusa solo da una tendina a frange “Perché ci sono tutte queste bandiere?”
“Non ricordi?” domandò Roberto invitandola a sedersi ad un tavolo vicino “Siamo nel 2006, l’Italia ha vinto i mondiali”
Eleonora si passò una mano sul viso arrossato, incredula che avesse organizzato tutto ciò solo per lei, ma poco prima che potesse rispondere il barista tornò con un vassoio e porse loro la colazione.
“Bignè alla crema e succo d’arancia” constatò Eleonora “Ti ricordi ancora cosa mangiavo?”
“Diciamo che raramente variavi i tuoi pasti, il bignè alla crema era un rito sacro”
Eleonora sorrise con gli occhi lucidi “Rob…” sussurrò incapace di dire altro.
Il barista tornò verso di loro sorridendo sotto i baffi bianchi “C’è un’altra cosa che devo consegnarle” esordì guardando Eleonora e mostrandole un mazzo di margherite.
“Il mio fiore preferito…”
Roberto le regalò un dolce sorriso “Ammetto che non sono di campo, ma spero che…”
Eleonora fu costretta a passarsi una mano sulla guancia per spazzare via una lacrima solitaria sfuggita al suo controllo “Ele…”
“Tu mi vuoi morta” sorrise lei di rimando con gli occhi ancora tersi di lacrime
“Devo rimediare a troppi errori”
“Tu non devi fare niente…”
“Non sono dello stesso avviso, le sole lacrime che voglio solchino il tuo viso devono essere di gioia, ti ho fatto troppo male in passato per essere ancora causa delle tue sofferenze. D’ora in poi sarò la causa dei tuoi sorrisi”
Eleonora poggiò una mano sul tavolo per permettere alle loro dita di intrecciarsi e rimasero qualche istante in silenzio a guardarsi negli occhi prima di consumare la loro golosa colazione.

“E ora?” domandò Eleonora quando furono fuori dal bar “Innanzitutto mi metto questa” rispose intrecciando una bandiera italiana attorno al suo polso “La vittoria dei mondiali va festeggiata, ti evito l’imbarazzo di farla sventolare dalla vespa solo perché sei un Deputato e sembreresti una fanatica” la donna sorrise “Vorrei preservare la mia carriera”.
Il viaggio fu molto breve e li condusse di fronte ad una graziosa libreria che Eleonora riconobbe “Adoravo questo posto, ogni tanto ci vengo ancora”
“Me l’ha detto Claudio” rispose Roberto accennando al proprietario “Entra” disse invitandola con un ampio gesto del braccio.
“Buongiorno, ecco qua” esordì Claudio prontamente porgendo alla donna un volume dall’aria antica, ma ben conservato “Cos’è?” domandò con un enorme sorriso.
Passò una mano sulla copertina rigida e osservò il titolo facendo scorrere il dito sulle lettere incise “Ossi di seppia”
“Questa è l’edizione del 1925, la ristampa è degli anni ‘50” dichiarò con orgoglio Claudio
Eleonora non smise di sorridere anche quando si accorse di un segnalibro, aprì il volume e notò che la pagina segnata conteneva una delle poesie a lei più care e ne lesse i primi versi

“Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un'acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d'un greto,
esiguo specchio in cui guardi un'ellera i suoi corimbi;
e su tutto l'abbraccio d'un bianco cielo quieto”

Usciti dalla biblioteca Eleonora gli gettò le braccia al collo in uno slancio del tutto naturale
“Hai fatto tutto questo per me… Non ci posso credere”
Roberto sorrise posandole una mano sul viso e unendo le loro bocche in un profondo bacio che tolse a entrambi il respiro, tanto atteso e bramato da tramutarsi in impellente necessità.
Rimasero stretti per un tempo che parve interminabile, eppure mai abbastanza tornando ogni istante a cercarsi, toccarsi, a prendere brevi respiri per baciarsi di nuovo.
“Ma come ti è venuto in mente tutto ciò?” domandò la donna sospirando contro la sua pelle
“Sottovaluti la mia fantasia e le mie incredibili doti organizzative”
Eleonora si lasciò scappare una risata “Addirittura incredibili?”
“Certo” rispose orgoglioso “Il mio matrimonio l’ho organizzato quasi da solo”
“Hai rubato questo ruolo prerogativa delle spose, non ti senti in colpa?” rispose Eleonora distogliendo lo sguardo
“No, ho organizzato tutto piuttosto bene, sono stato estremamente meticoloso anche nei più minimi dettagli, per esempio con le partecipazioni. Ho scelto font, colori, decorazioni, insomma ogni singola cosa”
“Ricordo bene quell’invito” e non mentiva affatto, ne ricordava ogni parola, ogni ricciolo di ciascuna lettera, ne rimembrava perfino l’odore, ma ciò che più di tutto ricordava nitidamente era il momento in cui quella lettera era giunta a casa loro.
Giorgio le aveva annunciato l’arrivo dell’invito con gioia, perfino troppa, ed Eleonora aveva sorriso mentre finiva di bere il suo the, fuori imperversava un temporale di inizio estate e la donna lo fissava con intensità cercando di celare il suo umore dopo la notizia.
Era scontato che prima o poi Roberto e Bianca sarebbero convolati a nozze, eppure si sentiva pervasa da un senso di impotenza che le rendeva difficoltoso articolare un pensiero lineare e razionale. Ricordava Giorgio che parlava del viaggio che avrebbero fatto fino a Milano, iniziava a riflettere su quale regalo fosse più adeguato ed Eleonora fissava il diamante che aveva il dito ripetendosi che se Roberto era felice lei non aveva niente da invidiargli.
Osservava l’anello che faceva bella mostra di sé sul suo anulare come se esso contenesse ogni risposta, e non faceva che ripetersi quanto fosse felice mentre qualcosa dentro di lei si era distrutto.

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