Per una notte abbracciati

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15 dicembre 2005

Avevano sempre avuto un rapporto molto intimo sin da quando si erano incontrati in facoltà, la loro amicizia si era rafforzata per via dei loro interessi comuni, del loro coinvolgimento per il partito che ai tempi contava davvero pochi iscritti, ma che era destinato ad avere un grande ruolo in futuro.
Non era insolito che passassero ore a studiare insieme in biblioteca o chiusi in camera, le giornate che iniziavano con il preciso intento di impegnarsi sui libri e che finivano con lattine di birra e conversazioni sui temi più disparati.
Ogni tanto si cimentavano anche in qualche altra attività che non fossero le chiacchiere o il bar di fiducia accanto alla facoltà, per esempio adoravano armarsi di bicicletta e percorrere la città esplorandone i luoghi più nascosti e meno frequentati dai turisti, piccoli angoli di una bellezza tutta loro, niente di strabiliante come la Fontana di Trevi o Piazza di Spagna, ma altrettanto degni.
Un pomeriggio Roberto la convinse a pattinare sul ghiaccio ed Eleonora lo guardò indecisa se prenderlo sul serio o ridergli in faccia “Non sappiamo pattinare, ci uccideremo!”
“Io so pattinare” rispose Roberto
“Davvero? E perché non lo sapevo?”
“Uno dei miei tanti talenti nascosti”

Il giorno prima la madre di Eleonora la prese bonariamente in giro “Anche io e tuo padre andavamo sempre a pattinare insieme quando eravamo due giovani innamorati”
Eleonora sbuffò “Sai che io e Roberto siamo solo amici”
La madre le sorrise con l’espressione di chi la sa lunga “Porta a pattinare te e non la sua ragazza, altro che amici”
Eleonora alzò gli occhi al cielo e riprese a mangiare.

Si recarono alla pista di pattinaggio nel tardo pomeriggio, Eleonora ancora titubante visto che non aveva mai imparato ad andare sui pattini e Roberto emozionato per poterli indossare di nuovo.
Il primo impatto per Eleonora fu davvero pessimo, iniziò a reggersi alla balaustra mentre i piedi scivolavano sulla lastra di ghiaccio senza controllo “Rob aiuto!” esclamò prima che le braccia di Roberto la aiutassero a mantenere un po’ di equilibrio “Ci sono io” rispose con gentilezza offrendole la mano.
Fecero qualche giro della pista in quel modo, le mani di Eleonora impegnate a stringere convulsamente quelle di Roberto “E’ dannatamente difficile”
“Non così tanto” commentò Roberto mentre tentava di guidarla “Se ho imparato io puoi certamente farlo anche tu”
Eleonora sbuffò ma con determinazione continuò a muovere le sue gambe a piccoli passettini “Devi essere più fluida, scivola!”
“Sono già abbastanza in crisi così!”
Ad un tratto la ragazza mosse un piede nel modo errato finendo a terra nonostante il tentativo di Roberto di tirarla su e atterrò proprio sopra una delle sue caviglie, tastandosi il punto offeso con aria dolente
“Tutto bene?”
“No, mi fa malissimo la caviglia” borbottò la ragazza stringendo i denti
Notò che attorno a loro si era formato un gruppetto di persone e per sottrarre Eleonora dall’umiliazione la prese in braccio con attenzione e la portò fuori dalla pista, lei si strinse forte alle sue spalle nascondendo il volto per l’imbarazzo.
Quando riuscì a sedersi su una panchina adibita al cambio delle scarpe Roberto con delicatezza le sfilò il pattino “Fai piano” lo implorò Eleonora, impaurita come una bambina
Roberto con estrema cura riuscì a liberare la caviglia “Riesci a poggiarla?” la ragazza annuì
“Non dovrebbe essere rotta”
“Sei un dottore?” replicò Eleonora sbuffando, Roberto le sorrise con gentilezza “No, ma riconosco un osso rotto in genere, credo sia solo una distorsione, ti porto a casa”
Eleonora sgranò gli occhi “Devi portarmi in ospedale, non a casa!”
Il ragazzo sorrise divertito da quell’affermazione “Quante storie per niente” rispose prima di prenderla nuovamente in braccio e facendola sobbalzare per la sorpresa “Che fai Rob?”
“Ti porto fino all’auto, devi stare assolutamente ferma con quella gamba”
Lei ancora si godette la sensazione di qualcuno che si prendeva cura di lei in quel modo tornando per qualche istante piccola e indifesa tra le sue braccia.
Quando giunsero a casa sua Roberto la aiutò a salire le scale per portarla in camera non perdendo mai l’abitudine da gentiluomo di tenerla sollevata come una principessa per evitarle di dover poggiare la gamba.
Sua madre non appena notò la situazione chiese delucidazioni e andò a prendere nel ghiaccio non prima di aver rimproverato la figlia per la sua eccessiva preoccupazione “Suvvia non è nulla” le aveva detto bonariamente mentre Eleonora contestava le sue affermazioni sostenendo di provare molto dolore.
Roberto la fece distendere sul letto con una grazia e una cura che erano tipicamente sue, la aiutò a spogliarsi della giacca e applicò sulla caviglia il ghiaccio avvolto dentro un asciugamano.
“Sei un infermiere provetto” esordì Eleonora notando la maniacale attenzione con cui il ragazzo sfiorava il suo piede
“Se andasse male con Giurisprudenza so su cosa buttarmi”
Eleonora sorrise poggiando la testa sul cuscino “Dopo tutto questo tempo io pretendo la laurea, non mi interessa se dovrò piangere sui libri altri vent’anni”
“Tu sui libri non ci piangi, li divori!” affermò il ragazzo spogliandosi a sua volta dell’ingombrante giacchetto “Sei troppo brava per non finire questo percorso”
La ragazza sorrise quando una fitta alla gamba la fece immediatamente sussultare
“Perdonami” sussurrò Roberto con la sua voce vellutata e avvolgente “Ti ho fatto tanto male?”
Lei scosse la testa e Roberto le prese senza preavviso una mano baciandone il dorso “Scusami”, Eleonora rimase qualche attimo senza parole, le sue guance tinte di rosso che sperò non venisse notato dal ragazzo di fronte a lei.

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