Un addio è come una lunga carezza

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16 luglio 2006

Roberto aveva deciso di passare quella sera così importante davanti alla fontana di Trevi, quale luogo più iconico per mantenere viva nel cuore e nei ricordi la splendida immagine di quella città così amata che tanto gli aveva dato.
“La tua ultima serata da romano” commentò Eleonora avvicinando la bottiglia di birra alle sue labbra, il ragazzo sollevò la testa rivolgendo lo sguardo verso al cielo limpido di quella sera, le stelle non si vedevano ma a Roberto piaceva immaginarle.
“Non sarà mai l’ultima sera da romano” replicò “Sarò sempre più romano che milanese”
La ragazza sorrise “Non perdere la calata eh!”
“Mai, ci ho messo anni per apprendere l’esatto uso di questo dialetto, non lo rimpiazzerò”
Rimasero qualche istante in silenzio, quella sera era davvero l’ultima, si chiudeva un’epoca. Ora, finalmente laureati, erano pronti a vivere la loro vita, inseguire i loro sogni e diventare le persone che erano destinati ad essere, certo confidavano di farlo insieme, da quando si erano incontrati erano sempre stati l’uno per l’altra un punto fermo, ma il destino aveva piani diversi.
“Ti vedo strano” constatò la ragazza
“Perché vivo tutto questo come una fine? Dovrei essere la persona più felice di questo mondo, dovrei saltare di gioia per la grande opportunità che questo giornale mi ha concesso”
Eleonora bevve un altro sorso di birra osservando il volto teso dell’amico
“Credevo sarebbe stato più facile”
“Cosa?”
“Dirti addio”
Eleonora abbassò lo sguardo “Non è un addio”
Roberto sospirò, troppo adulto e disilluso per credere a quelle parole
“Ci sentiremo quotidianamente” proseguì Eleonora rivolgendogli un sorriso “Tu mi racconterai di Milano, e gioirò con te quando sarai diventato il giornalista più importante della redazione!”
“E quando tu sarai Presidente della Camera” rispose con una risata Roberto nascondendo un filo di serietà dietro a quelle parole, perché nonostante Eleonora si prendesse poco sul serio con grande umiltà entrambi sapevano che stava facendo strada e che aveva un brillante futuro davanti.
“Perché non sono felice?” domandò di nuovo Roberto come se cercasse una risposta nelle statue immobili della magnifica fontana, nel cielo scuro oppure nella ragazza che le stava seduta accanto
“Hai solo paura, ti passerà”
Non era semplicemente l’ansia di cambiare città, l’aveva fatto dopo il liceo partendo dal suo piccolo paese per recarsi nella capitale, Roma l’aveva travolto ma era riuscito ad ambientarsi e anche ad amare quella meravigliosa città fatta di contraddizioni, arte, cultura.
In quel momento, con una birra in mano, la vista riempita dalla maestria delle sculture di Nicola Salvi e la sua amica di sempre seduta a fianco sentiva di essere a casa.
“Temo che mi ammalerò di nostalgia per la mancanza di casa”
“No” rispose Eleonora convinta “Casa è dove sta chi ami”
Roberto stava per riprendere la parola ma venne interrotto dalla ragazza “Hai Bianca con te, non hai bisogno di altro per essere felice”
“Credi questo?”
“È ciò che ho visto. La ami, lei ti ama e questo basterà a rendere Milano il tuo nuovo posto felice” iniziò anche lei a guardare il cielo, forse per cercare le stelle, forse per evitare lo sguardo del ragazzo che le sedeva accanto “Probabilmente quella sarà la città in cui costruirai la tua famiglia, in cui la tua vita diventerà quella che sognavi”
“Io non… Non sognavo questo”
“Non volevi diventare un giornalista?”
“Non è questo, io non sarò mai felice a Milano”
“Perché” lo incalzò Eleonora sperando di sentirsi dire quella frase che tanto aspettava, sapeva dentro di sé che Roberto avrebbe avuto nostalgia di quei momenti almeno quanta ne avrebbe provata lei
Uno squillo del cellulare interruppe quel momento “Scusami, è Bianca”
“Certo” rispose Eleonora facendo roteare il liquido ambrato dentro la bottiglia scura
“Devo tornare” asserì Roberto infilando il cellulare in tasca
“Capisco” replicò Eleonora
Roberto si avvicinò e notò che i suoi occhi era umidi “Ele…”
“Buon viaggio, spero che sarai molto felice” e lo strinse forte a sé consapevole che avrebbe dovuto aspettare molto per poterlo riavere così, solo loro in mezzo all’arte di Roma, e Roberto contraccambiò quell’abbraccio immergendo il viso tra i suoi capelli castani, anche nel suo cuore gravava la consapevolezza che quell’abbraccio aveva il sapore dell’addio, che diventare adulti significa rinunciare, smettere di credere ai per sempre.

“Non vieni domani alla stazione?”
Eleonora si asciugò una lacrima che le stava percorrendo la guancia morbida “Non ce la faccio”
“Come non ce la fai?"
Altre lacrime solcarono il suo viso ma non tentò di fermarle “Non ce la faccio a salutarti un’altra volta”
“Va bene” rispose Roberto abbracciandola di nuovo, stringola a sé come fosse il suo tesoro più prezioso “Prenditi cura di te, Ele”
“Anche tu”
“Non ti dimenticare di me”
“Non potrei mai” rispose Eleonora

Quando la figura di Roberto fu sparita inghiottita dalle vie di Roma si sedette e si lasciò andare ad un pianto liberatorio, la voglia di correre a casa del ragazzo e disfarne le valigie, strappare il biglietto del treno, fermarlo se necessario, ma sapeva bene che ciò non era possibile. Non le restava che rimanere lì a saggiare la salsedine della sua pelle.

17 luglio 2006

Roberto e Bianca erano giunti presto alla stazione muniti di molti bagagli, l’attesa era stata scandita dalla voce di Bianca che non vedeva l’ora di cominciare la sua vita a Milano, entusiasta per il suo lavoro di professoressa che l’attendeva, il volto roseo e radioso nell’immaginare la loro vita assieme, mentre Roberto non faceva che pensare alle lacrime sul viso di Eleonora la sera precedente.
Una parte di sé si aspettava di vederla arrivare nonostante gli avesse chiaramente detto che non sarebbe stata capace di salutarlo una seconda volta. E Roberto con tutti quei pensieri non riusciva ad ascoltare la sua ragazza che esprimeva tutta la sua gioia, le gambe non ne volevano sapere di stare ferme e passeggiava qua e là lungo la banchina preso dall’agitazione, troppe domande nella sua testa e poche risposte.

Ad un certo punto Roberto dovette sgaranare gli occhi incredulo che qualcuno avesse ascoltato le sue preghiere, pochi metri più in là c’era Eleonora, impaziente corse da lei e si domandò, in quel breve tragitto, come avrebbe fatto a stare senza di lei se la sola idea di lasciarsi attanagliava in quel modo i loro cuori.
Senza farla parlare la strinse in un abbraccio incurante delle valigie, di Bianca, del treno, di Milano, incurante di ogni cosa che non fosse il loro abbraccio “Allora sei venuta”
“A costo di versare tutte le mie lacrime, sì” sospirò Eleonora con le mani strette alla giacca dell'altro come se stringerlo potesse imprimere  quell’abbraccio sulla sua pelle
Roberto le prese il viso tra le mani facendo toccare le loro fronti ed Eleonora si beò di quel contatto
“Non voglio partire”
“Devi, non sono qua per fermarti”
“Se me lo chiedi mollo tutto, resto qua a Roma” sospirò Roberto, entrambi con gli occhi resi lucidi dalle lacrime
“Non te lo chiederò, devi andare”

La voce meccanica riecheggiò per tutta la stazione e avvertì dell’arrivo del loro treno, Roberto la ignorò qualche istante, ma dovette staccarsi da lei “Promettimi che ci rivedremo” le sussurrò quasi come una preghiera “Te lo prometto” rispose la ragazza “Fatti sentire, milanese”
Lui con garbo le baciò un mano, quel gesto così d’altri tempi che faceva sempre sorridere Eleonora, e niente fu così difficile come slacciare le loro dita dal perfetto intreccio che avevano creato. Roberto si voltò più volte  verso di lei e la trovò sempre lì, in piedi sulla banchina, vi rimase fin quando il treno non partì e lo osservò sparire all’orizzonte con gli occhi gonfi di lacrime.

“Nessun posto è casa mia
Ho pensato andando via
Soffrirò nei primi giorni ma
So che mi ci abituerò
Ti cercherò nei primi giorni
Poi mi abituerò
Perché si torna sempre dove si è stati bene
E i posti sono semplicemente persone
Partenze improvvise, automobili, asfalto
Le ombre di una notte in provincia
Il coraggio di chi lascia tutto alle spalle e poi ricomincia
Non era la vita che stavamo aspettando ma va bene lo stesso
È l'amore che rende sempre tutto pazzesco”

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