Charlie Thompson

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«Signorina sta seguendo la lezione?» un borbottio generico mi desta dal sonno. Apro un occhio per assicurarmi che non ci siano problemi, e quando cala il silenzio ritorno a dormire indisturbata.
«Signorina?» solo la voce del prof che parla e nessuna risposta, magari l'interrogata non è stata fortunata con le domande; problema non mio, in ogni caso. Mi appisolo nuovamente.
«Signorina Thompson, preferisce continuare il suo sonno di bellezza in presidenza?» al suono del mio nome alzo la testa di scatto, gli occhi spalancati e un pessimo presentimento. La classe scoppia in un boato di risate, scherno e divertimento alleggiano nell'aria. Fantastico, era meglio non venire proprio a scuola, stupida io che mi sforzo per nulla.
«Come, cosa? Che ho fatto?» chiedo allarmata, la voce ancora impasta dal letargo in cui ero piombata. Riesco a dormire meglio a lezione che a casa, stranamente, non che nel mio mini appartamento riesca a passarci chissà quanto tempo.
«La vera domanda è cosa non sta facendo: stare attenta alla spiegazione. Poi non si lamenti per le sue insufficienze più che meritate.» un'altra chiassosa risata riempie l'aula. Sono lo zimbello della classe, ci mancava solo questo per completare il tutto. Non è colpa mia se ieri c'erano più clienti del solito e la serata si è prolungata fino alle tre di notte. Avrò dormito circa tre ore. Per di più questo prof mi odia, si diverte a prendermi in giro di fronte a tutti. Sai che mi importa comunque, se è contento lui lo sono anche io, così per dire. Preferisco continuare  a dormire, piuttosto. Dato che non rispondo il suo viso si corruga maggiormente, le folte sopracciglia quasi si toccano, le rughe si accentuano; è proprio arrabbiato. Diamine, stavo solamente sonnecchiando un po', non c'è motivo di prendersela così tanto.
«Bene signorina Thompson, visto che non ha intenzione di parlare, vediamo se il preside riuscirà a farle dire qualcosa. Ora esca da qui!» tuona, come ferito nell'orgoglio. Questi maschilisti palloni gonfiati, con l'ego smisurato. Mi alzo lentamente, riluttante, anche se una minuscola parte di me, non tanto piccola, esulta per non dover rivedere più quella faccia perennemente incazzata. Afferro lo zaino ed esco con il capo chino, sotto lo sguardo spiritoso di tutti, senza incrociare quello del professore. In tutto questo avrei potuto continuare a dormire in santa pace.

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«Charlie, quante volte hai intenzione di farmi visita questa settimana? Giusto per sapere, così da non prendere altri impegni.» Dio, quanto lo adoro. Sarò venuta qui decine di volte ormai, per motivi superflui di cui professori di questa maledetta scuola consideravano abbastanza per mandarmi in presidenza. Non sanno, in realtà, che l'unica punizione che ricevo è non poter continuare il mio sonnellino, del resto passo il tempo a chiacchierare e cazzeggiare con lui; quando, invece, è di malumore, svolgo qualche lavoretto in mensa o in giardino. Semplice e per nulla efficace, come piace a me.
«Tom, sai che quello mi detesta.» la sa benissimo, e sa anche a chi mi riferisco senza il bisogno di dirlo. Sbuffa annoiato, ma mi rivolge un sorriso comprensivo.
«Brown, non è vero?» chiede esasperato, neanche lui lo sopporta. Annuisco di malavoglia, è una palla al piede quello lì.
«Che ha fatto sta volta?» amo il fatto che non domandi cosa io abbia fatto, bensì lui. Sa già che quello trova qualsiasi scusa per mandarmi fuori, anche semplici sciocchezze.
«Mi ha ridicolizzata davanti a tutta la classe per un semplice appisolamento momentaneo.» spiego innocentemente, ma lui mi schiocca un'occhiataccia per indurmi ad essere completamente sincera. Alzo gli occhi al cielo, colpevole.
«D'accordo, forse non è durato proprio un momento, magari tutta la lezione. Non sono un orologio, non posso esserne certa.» ribatto ironica, cercando di farlo ridere, ma tutto ciò che ottengo ė un suono di pura esasperazione dalla sua voce. Lo guardo fingendomi offesa.
«Il punto, però, non è questo: continuerà ad odiarmi e cacciarmi finché non amerò la sua materia e spiccherò di intelligenza. Sai anche tu che ho ragione.» il problema è che la geografia, oltre a trovarla inutile, mi fa altamente schifo. Fin da piccola non mi ha mai incuriosito ed io, da bambina, ero esageratamente curiosa. Lo sono anche ora, ma in argomenti più limitati. E comunque devo impegnarmi per avere almeno la sufficienza nella materie veramente importanti, Brown e i suoi climi alpini possono benissimo andarsene a fanculo, giusto per essere chiari. 
«E tu provaci, no?» domanda come se fosse ovvio. Dico io: ma è serio? Anche se volessi non potrei in ogni caso, ho al massimo il tempo per studiare matematica, non è colpa mia se devo mantenermi per vivere, non siamo tutti ricconi qui. Il pub è l'unico posto in cui mi hanno accolto senza problemi o curriculum splendenti, ed io mi sforzo per guadagnare, quindi non può fregarmene di meno, onestamente.

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