Capitolo 13

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14 Febbraio, ore 21.12.



Una donna bionda, dai lineamenti perfetti e la pelle pallida, era seduta sul grande divano nel salotto del suo appartamento romano. Indossava un abito da sera nero, molto sobrio ed elegante che sapeva rendere grazia al suo fisico, tenuto sotto controllo dal costante allenamento in palestra. A braccia conserte e con lo sguardo perso in un qualsiasi punto della sala, aspettava. Non sembrava impaziente, semplicemente aspettava. Statica. 
Era una donna che di primo acchito poteva sembrare gelida, vuota, priva di alcun sentimento, ma che in realtà - se conosciuta meglio, in un contesto privato - aveva un carattere forte e non si lasciava sottomettere facilmente al volere altrui, combattendo continuamente per i propri diritti e le proprie idee; una donna capace di amare fino in fondo e perfino divertente, quando voleva.
Teneva le gambe incrociate che si intravedevano grazie al vertiginoso spacco del suo lungo vestito color pece. Era bellissima, ma la sua mascella rigida dava un volto completamente differente al suo aspetto. Immobile come una statua di cera, attendeva il ritorno dell'uomo col quale aveva condiviso anni importanti della sua vita. Si mosse solo il necessario per controllare l'ora dall'orologio squadrato che portava al polso destro. Era del suo compagno e lei spesso era solita prenderlo in prestito. Avevano sempre condiviso tutto, dalle gioie ai dolori, ma nell'ultimo periodo qualcosa era cambiato ed al suo occhio vigile non era sfuggito. 
Improvvisamente il portone d'ingresso si aprì e la figura composta di un uomo in giacca e cravatta comparve alla sua sinistra. Ma lei nessun movimento, nessun rumore.

"Sono tornato!" 

La voce rauca maschile che conosceva molto bene, annunciò la propria entrata in scena.
Nessuna risposta. Il silenzio continuò a fare da padrone.
L'uomo s'incamminò in camera da letto - probabilmente alla ricerca di un qualche segno di vita - dopo aver appeso accuratamente il cappotto all'attaccapanni. 
Grazie al favore delle tenebre di quell'angolo remoto del salotto illuminato solo dalla flebile luce di un'abat-jour, lei passò inosservata.

"Amore?" 

Quell'apostrofo dolce fu solista, accompagnato dal sottofondo regolare delle scarpe eleganti di lui che ticchettavano sul pavimento.
Differentemente alla realtà in cui tutto sembrava calmo, la mente della donna era avvolta da un continuo caos di pensieri. Non riusciva a spiegarsi come lui potesse usare quella parola con tanta leggerezza. "Amore"? Non si era fatto sentire per tutto il giorno, non le aveva prestato la minima attenzione; non un messaggio, non una telefonata; aveva dimenticato del loro appuntamento fisso e sembrava addirittura ignorare la tarda ora. Dov'era stato? Cos'aveva fatto mentre lei lo attendeva bollente di delusione?
In tutti gli anni precedenti lui non aveva mai dimenticato quel giorno. Era consapevole quanto per lei fosse importante e non aveva mai mancato di farle sentire la sua vicinanza, anche quella volta in cui, a causa del lavoro, avevano dovuto rimandare.
Sapeva fosse una sciocca e stupida festa; sapeva che avrebbero potuto stare insieme un qualsiasi altro giorno dell'anno, ma lei trovava in San Valentino un appuntamento fisso con l'amore, un giorno per ricordare ad entrambi di ricavarsi più tempo insieme.
I loro lavori non davano molto spazio alle relazioni sentimentali, né tantomeno i loro figli, perciò era un giorno in cui erano certi di dedicarsi tempo ed attenzioni che precedentemente erano mancati. Per lei era una vera e propria promessa d'amore. 

"Olivia?"

Tentò ancora lui, ma di lei nessuna traccia.
Non la sentiva da quella mattina, quando, frettolosamente, tramite dei messaggi, si erano accordati per vedersi a casa di lei la sera stessa. 
Dopo una giornata pesante, all'insegna di riunioni e telefonate istituzionali non del tutto piacevoli ma che comunque aveva gestito con diplomazia, avrebbe voluto solo concedersi del sano e rigenerante relax. Appesantito da varie preoccupazioni lavorative, si allentò finalmente la cravatta: tornò dopo ore a respirare.
Ma dov'era Olivia? Mentre distratto controllava eventuali whatsapp dal suo iPhone, tornò in soggiorno. Aveva una strana sensazione addosso, come se fosse osservato da qualcuno e non fosse solo in quell'apparente quiete.
Gli bastò accendere la luce per notare una figura seduta nella penombra. Era proprio lei, la persona che stava cercando e che a momenti avrebbe chiamato al telefono. Ma c'era qualcosa di strano, di oscuro nel suo comportamento. Perché non si era palesata al suo ingresso nell'appartamento? Non ci volle molto a capire che qualcosa non andava.

"Ehi.."

Non aveva voglia di litigare, non quella sera, non dopo la giornata infernale che aveva appena concluso. Dal volto corrucciato di lei, era inevitabile.
Temeva a chiederle cosa ci facesse lì, tutta sola senza proferir parola. Dallo sguardo e dai segnali di chiusura che il suo corpo difficilmente a lui nascondeva, non sembrava niente di buono.
Era certo che a breve avrebbero avuto una discussione, se calma o meno l'avrebbe detto solo il tempo, ma qualcosa non andava e la sua compagna, nel silenzio, desiderava parlarne.
Giuseppe fece qualche passo verso di lei, poi si fermò poco distante per analizzarla meglio.
Indossava un lungo abito da sera che non le aveva mai visto prima ma che valorizzava ogni sua curva. Abbinati ad esso dei tacchi a spillo dello stesso colore. Non mancava un po' di trucco, quel che bastava per sottolineare la sua naturale bellezza, e dei pendenti che le aveva regalato proprio lui il solito giorno nell'anno precedente.
Non capiva il motivo di questa sua eleganza. Non che non apprezzasse la sua bellezza - l'aveva sempre attratto - ma continuava a sfuggirgli qualcosa. C'era forse stato qualche evento importante in hotel o lui si era dimenticato avessero un appuntamento per cena? Quella mattina non gli aveva detto niente. Non capiva. Ma dalla faccia di lei era qualcosa che avrebbe dovuto sapere molto bene.

"Non ti avevo vista...Che cos'hai? Cosa ci fai qui da sola?"

Sola. Era proprio così che si sentiva da un po' di tempo a quella parte.
Con garbo l'uomo prese posto al suo fianco. Si accomodò con tanta leggerezza che il divano non si incurvò minimamente al suo peso. 
L'uragano sarebbe arrivato di lì a poco, ne era certo.
Olivia era una donna che non girava troppo intorno ai problemi, era solita andare dritta al punto, come piaceva a lui, ma per darle l'input ed il coraggio, posò una mano sulla sua gamba, accarezzandola con molta gentilezza.

"Che giorno è oggi, Giuseppe?"

Ecco, stavano arrivando al punto.
Che giorno era? Giovedì? Non riusciva a capire il nesso, quindi prima di risponderle si prese qualche secondo per rifletterci meglio. D'improvviso l'illuminazione. 14 febbraio. San Valentino! L'aveva totalmente rimosso dalla sua mente! Tra i continui impegni di lavoro e suo figlio, se n'era dimenticato. 
Sapeva quanto per Olivia fosse importante la "festa degli innamorati" e quanto ci tenesse a passare del tempo insieme. Quel giorno era un appuntamento fisso e lui, questa volta, non c'aveva dato la minima importanza. Era anche ben consapevole del perché. Diciamocelo, oltre ai motivi già elencati, ne esisteva un altro, non meno importante: la sua mente costantemente rivolta verso Lucia. Per quanto si sforzasse, non riusciva a togliersi dalla mente quel volto. Non l'aveva più vista né sentita da quella breve ma intensa "gita in Toscana", ma non per questo il suo interesse per lei si era affievolito.

"Olivia.."

Mentre cercava il suo sguardo, lei, al contrario, lo evitava in tutti i modi. 
Per ottenere la sua attenzione andò alla ricerca della sua mano, intrecciata con forza tra le braccia. Al suo rifiuto netto, rinunciò ad un contatto diretto.

"Olivia, mi dispiace tanto.."

"Ero convinta saremmo andati a cena fuori, come facciamo ogni anno da quando stiamo insieme. Ero convinta questa mattina mi avresti svegliato con l'aroma del caffè ed un vassoio con la colazione a letto. Ero convinta un fioraio mi avrebbe portato un bouquet di rose rosse a metà mattinata con un biglietto d'amore scritto a mano che portava la tua firma. E' uno dei pochi giorni in cui mi dedichi la tua intera serata. Sono stata una sciocca a dare tutto questo per scontato.."

Giuseppe aveva ascoltato in silenzio ogni parola, riconoscendone la verità dei fatti. Gli scorsi anni l'aveva sempre sorpresa con piccole ed inusuali attenzioni. Quell'anno: niente.
Riflettendo su come procedere di conseguenza, si coprì il volto affranto con le mani e lo strofinò più volte. Era giunto il momento di smetterla di negare e di continuare a prendere in giro sia lei che sé stesso. Non aveva pensato di dover fare un simile passo proprio quella sera, ma l'idea continuava ad invadergli la mente e probabilmente l'avrebbe ascoltata. 

"Sei assente..che cos'hai ultimamente? "

Sì, era decisamente giunta l'ora di dire la verità che tanto aveva paura di affrontare.
Odiava procurarle dolore, ma sarebbe di certo stato peggio continuare a mentirle portando avanti una relazione ormai senza più alcun significato. Le voleva bene, la riteneva una donna meravigliosa, e proprio per questo desiderava che lei trovasse qualcuno che ricambiasse veramente il suo amore. E quella persona non poteva più essere lui. 
Intrecciò le dita le une alle altre ed appoggiandosi con i gomiti sulle ginocchia, si chinò come se stesse confessando i suoi peccati. Chiuse gli occhi in cerca di un pizzico di coraggio in più. Poi sputò fuori l'amara verità con tutta la calma del mondo.

"Sono innamorato di un'altra donna.."

Non poteva più nasconderlo né rifugiarsi in una relazione per la quale non provava più alcun sentimento. La chimica che inizialmente c'era stata tra loro era ormai svanita da tempo, da prima dell'entrata di Lucia nel suo cuore. Quest'ultima non aveva fatto altro che renderlo più evidente ed ormai era inutile che entrambi continuassero a trovare scuse.
Olivia l'aveva capito che lui non l'amava più, che tutto era diventato una semplice abitudine, ma per troppo tempo l'aveva tenuto nascosto a sé stessa per non provare eccessivo dolore. Forse era stato peggio. Evitare di affrontare le cose provando a cucire lo strappo ormai troppo grande non era servito a facilitare la situazione.
Non mosse un ciglio. Dentro di lei si era aperta una profonda crepa, ed anche se non lo mostrava esplicitamente, lui sapeva di averle appena spezzato il cuore. 

"Chi è?"

La voce tremante fu l'unica sfumatura di disperazione in lei: era una vera e propria maschera di cera. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla crollare, non lì, non quella sera. Aveva sperato con tutta sé stessa che quel suo sospetto tradimento fosse semplicemente uno stupido pensiero guidato da una mancanza di attenzioni e che Giuseppe fosse solo troppo impegnato nel lavoro o nel recuperare il rapporto col figlio per guardarla con gli occhi sognanti che le aveva sempre riservato.

"Non credo sia il caso di..."

Avrebbe voluto evitare il più possibile di rispondere a quella domanda, ma stava per andare contro ad un muro che non sarebbe riuscito ad abbattere.

"GIUSEPPE! CHI E'?"

Separò bene le parole, rivolgendogli solo allora il suo sguardo di profondo disprezzo e delusione.
Al Presidente si raggelò il cuore. Il tono di lei non accettava eccezioni.

"La Ministra Azzolina.."

Cosa?! Dentro di sé era furibonda. Lucia Azzolina? Stava forse scherzando? Certo, era una bella donna, non poteva negarlo, ma non pensava a lui sarebbe mai potuta piacere, non era esattamente il suo tipo. Le mancava quel "brio", quella frizzantezza che da sempre lui cercava nelle donne. Lucia Azzolina era meglio di lei?! Tutto ciò la mandava in bestia, ma non si mosse di una virgola né si riuscivano a leggere i suoi pensieri: nuovamente priva d'espressione.

"Da quanto andate a letto insieme?"

Lui tacque, dando spazio al silenzio, tormentandosi il dito mignolo come faceva ogni volta in cui era nervoso.

"Tra me e lei non c'è mai stato niente.."

Olivia non era sicura di potersi fidare, ma anche se quel che diceva fosse stato vero, lui desiderava un'altra e tutto ciò bastava per mettere fine alla loro relazione.

"Cosa aspettavi a dirmelo? Volevi prima assicurarti fosse disponibile a del sesso col Presidente del Consiglio ed in caso contrario tenerti stretta la tua stupida compagna come salvagente?"

"Olivia, non.."

"No!"

Si alzò lei, decisa ad andarsene. Non voleva vederlo. In quel momento la calma e la sobrietà che fino a qualche secondo prima l'avevano caratterizzata stavano a poco a poco svanendo. Non riusciva ad essere razionale, specialmente dopo averlo sentito dire che si trattava della Ministra Azzolina. Cos'aveva quella donna in più di lei?
Aveva bisogno di tempo per inghiottire la situazione o sarebbe esplosa come mai prima e non voleva, non era da lei.
Si rese conto però, che quella era casa sua e che sarebbe stato qualcun altro a doversene andare. 

"Giuseppe, per favore, lasciami sola."

Non seppe nemmeno lei come riuscì a restare tanto calma, anche se la sua rigidità era ben visibile agli occhi di colui che la conosceva meglio di chiunque altro al mondo. 

"Olivia, scusami.. Non avrei mai voluto ferirti..."

La donna scattò in piedi e sollevò la mano sinistra per fermarlo sul nascere. Non voleva sentire obiezioni, era quasi al limite. 
Giuseppe capì subito che non era il momento. Desolato, consapevole avesse bisogno di tempo per accettare la situazione e riuscire ad analizzarla meglio, senza che il dolore la rendesse cieca, prese la via dell'uscita.
Afferrò il suo cappotto e, senza dire altro, lo indossò.
Si sentiva morire dentro per essere la causa della sua sofferenza, ma allo stesso tempo si era svuotato di un peso che da un po' reggeva con difficoltà. 

"Non ne vado fiero, ma non potevo più nasconderlo, per il bene di entrambi."

Olivia, con un carico nel petto che la devastava, riusciva quasi a sentire lo scricchiolio delle macerie del suo cuore. Con lo stomaco attorcigliato dall'abbandono, dalla bruciante umiliazione di essere divenuta scarto, non riusciva a capacitarsi di come quella serata - che inizialmente sarebbe dovuta essere magnifica - contrariamente alle aspettative, divenne un inferno.
Solo dopo che quella porta fu finalmente chiusa e che Giuseppe le concesse il tempo necessario per affrontare la delusione d'amore, le lacrime scottanti di rabbia scivolarono lungo il suo viso, graffiandolo di sofferenza.






"La pazienza è amara, ma dolce è il suo frutto." - Conte/AzzolinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora