Capitolo 20

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25 Febbraio, mattina.


Appoggiato con le natiche contro la sua scrivania, attendeva l'avanzare delicato di lei. Nei movimenti e nell'espressione del volto leggeva chiara la voglia della donna di ritrovare un contatto fisico tra loro, ma con un leggero soffio di sana paura e timidezza.

Giuseppe invece aveva gli occhi ciechi di un innamorato, ancora piacevolmente avvolto dal ricordo passato del sabato sera romantico, quando si erano amati nel buio della notte scura, sempre pronta a colpire gli amanti più appassionati.

"Ciao.."

Lei toccó il suo sguardo e subito ne fuggì via.
Con passo leggero, stringendo la borsa a tracolla sulla spalla destra, gli andò incontro.

"Come mai qui, ministra?"

Perché voleva vederlo? Perché le mancava da morire? Perché era incredibilmente intrappolata in quegli attimi di felicità nel suo appartamento?

Improvvisamente Lucia perse le parole ma lui lo sapeva il perché: in quel tenero labirinto d'amore non era sola. E, da buon complice, allungó la mano, pronto ad accogliere la sua vicinanza.
Lei, prima di afferrarla, posò la borsa sulla sedia accanto. A poco a poco fu attirata nella sua morsa. Le loro gambe si incastrarono, alternandosi in un intreccio che rimandava ai loro corpi spogli uniti insieme davanti al calore del camino e di un amore finalmente sbocciato.

"Ti ho pensata continuamente.."

La voce roca di lui arrivò calda alle orecchie della donna, provocandole un leggero brivido.
Erano a pochi soffi l'uno dall'altra e la tensione sessuale tra loro era già alle stelle.
Giuseppe era talmente felice di vederla che gli audaci solchi che spesso calcavano il suo viso gli illuminarono il sorriso, morbido e docile.
Calamitati gli occhi di lei, si sporse in avanti. Le mani che le coccolavano i fianchi accompagnarono le sue labbra lungo la via verso il raggiungimento delle gemelle. Quest'ultime, carnose, riempirono quel vuoto che il Presidente percepiva da due giorni, accendendo finalmente quel barlume di fuoco già insito in lui.

Caffè amaro con una macchia di latte cremoso. Ecco di cosa sapeva Giuseppe Conte.
Lei da sempre preferiva addolcire la bevanda nervina con un po' di zucchero. "La vita è già sufficientemente aspra, perché non renderla meno pungente, quando possibile?", aveva sempre pensato. Eppure quel sapore amaro - al contrario - le risultava l'emblema della dolcezza.

Nuovamente separati, i loro occhi si scrutarono, condividendo la stessa potente voglia di un bis più appassionato.
La seconda volta fu un incontro più sensuale. La lingua di lui scivoló lungo il labbro superiore di Lucia, stretto tra i suoi, invitandola ad una crescente brama di possesso ulteriore.

Si erano aspettati due giorni prima di rincontrarsi ancora in quella nuova romantica e spumeggiante avventura. Non che non si fossero sentiti anzi, il giorno precedente si erano scambiati qualche messaggio condividendo l'un con l'altro i vari impegni ed augurandosi il buongiorno e la buonanotte. Lo stesso era accaduto quella stessa mattina: Giuseppe le aveva mandato un whatsapp che l'aiutò ad affrontare al meglio la giornata. Perfino alla sua segretaria non era sfuggito il sorriso smagliante ed insolito che le colorava il viso. Era impossibile non capire che fosse vittima di Cupido!

Nello staccarsi, la giovane ministra si strinse a quel corpo forte, strizzando le sue spalle con le dita le quali poi, ad un nuovo incontro delle loro bocche, corsero rapide tra i capelli accoglienti dell'uomo.
Ogni volta che i loro visi si ritiravano, uno di loro si avventava di nuovo sull'altro con veemenza, come se ne sentisse improvvisamente la mancanza e non potesse farne a meno. Ed era proprio così.
Fu un lungo incontro di sapori, lento e ricercato, atto a conoscersi meglio l'un con l'altro. L'amaro di Giuseppe con il fresco di Lucia in un'esplosione di desiderio represso fin troppo a lungo.

"La pazienza è amara, ma dolce è il suo frutto." - Conte/AzzolinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora