Incipit

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Era una calda sera d'estate ed il premier Conte si trovava chiuso all'interno del suo ufficio a Palazzo Chigi, immerso in mille scartoffie. Nonostante la finestra aperta, il caldo permeava nella stanza e Giuseppe si sentiva soffocare.
Pian piano le sue dita allentarono il perfetto nodo della cravatta scivolando sul candido tessuto blu oltremare. Gli mancava l'aria. Sbuffò con impazienza: erano già le 20.30 ed ancora non era riuscito a concludere il carico di lavoro giornaliero. Aveva bisogno di una pausa, la testa gli scoppiava e l'afa era divenuta insopportabile. Una boccata d'aria poteva concedersela, no?

Si alzò in piedi e nel mentre raggiungeva la finestra aperta che dava su Piazza Colonna si sbottonò i polsini della camicia per arrotolarli su se stessi in modo informale. Mille pensieri gli invadevano la mente, dal peso di un Paese sulle spalle al poco tempo che riusciva a dedicare al figlio, ma in quel momento provò a concentrarsi solo sul via vai di persone che passeggiavano, incuranti del suo osservarli.

Prese un lungo e sentito sospiro, chiudendo gli occhi alla ricerca di tranquillità ed immaginando per un momento di trovarsi nella calma della sua abitazione. Quanto gli mancava la normalità! Quella normalità alla quale da sempre aveva cercato di sfuggire. Ambizioso com'era non riusciva a frenare la sua voglia continua di fare di più e meglio e fu così, quasi per caso, che finì per diventare Presidente del Consiglio dei Ministri. Non ci volle molto prima che la pace mentale che aveva da poco raggiunto venne interrotta. Due leggeri "rintocchi" sulla porta lo costrinsero a ridestarsi ed a tornare con i piedi per terra. Sì, si trovava ancora a Palazzo Chigi.

«Avanti» pronunciò con voce roca ma decisa.

«Giuseppe, scusa se ti disturbo, avrei bisogno di parlarti riguardo alla conferenza di domani.»

La giovane ministra Azzolina si fermò all'ingresso aspettando il permesso del Presidente per entrare. L'uomo le dava le spalle e solo dopo una tacita attesa della donna, si voltò.

«Lucia!» 


Il tono dell'uomo era quasi sorpreso, ma ciò non stava a significare che non avesse riconosciuto la voce suadente e calda della collega. Semplicemente non si aspettava una sua visita serale e di essa si riscoprì piacevolmente felice. Discorre con lei era sempre appagante, la trovava una donna estremamente sapiente e coscienziosa.

«Prego, accomodati» la invitò lui, accompagnando le parole con un gesto cordiale della mano ed un sorriso che tendeva a dar mostra delle sue - oramai conosciute e tanto apprezzate - fossette.

La ministra era vestita sempre in modo formale ed impeccabile ed il presidente Conte non poteva di certo negare che quell'abito celeste cielo, aderente al punto giusto per mettere in risalto le sue forme ma allo stesso tempo molto sobrio, riusciva a far emergere al meglio le sue qualità di donna. Il celeste era un colore che le donava, se accostato ai capelli neri mossi ed al rossetto di quel rosso acceso che era solita indossare. 

Anche la sua leggiadria non passava inosservata, nemmeno agli occhi stanchi del Presidente. Proprio per questo, alla sua vista, il sorriso di quest'ultimo fu restio a scomparire tanto velocemente. Da sempre la trovava una bella donna, ma non aveva mai fatto pensieri volgari e poco casti su di lei, per lui era semplicemente un piacevole "bel vedere".

D'altro canto, lei non era per niente indifferente al fascino da gentiluomo di Conte e spesso si era scoperta imbambolata, come una ragazzina alla prima cotta, ad osservarlo. "Ma come ti salta in mente, Lucia! Lo sai benissimo che ha una compagna e non pensa nemmeno lontanamente ad una relazione con un'altra donna. Non con te, certamente!". Lucia, in cuor suo, sapeva bene che Giuseppe era un uomo molto riservato nell'ambito della vita privata ed allo stesso tempo molto fedele e devoto. Mai si era azzardato a gesti inopportuni o ad avanzare corteggiamenti che non fossero semplicemente spinti dalla sua buona educazione. Da uomo legato alle vecchie e galanti maniere qual era, cos'aspettarsi? Anche per questo a lei attraeva, forse anche più di quanto sarebbe dovuto essere o di quanto lei stessa immaginasse.

Il suo però, era solo un amore platonico, fluttuante nell'Iperuranio dei suoi sogni più reconditi. Ed era così che convinceva se stessa a custodire quei sentimenti solo nella mente ed a non darsi alcuna possibilità reale. Semplicemente un "amore platonico", si ripeteva ogni volta.

La giovane donna si accomodò appoggiando alcuni fascicoli sulla scrivania del Presidente. Accavallò le gambe, pronta per spiegar lui il motivo della sua visita a quell'ora insolita.

"La pazienza è amara, ma dolce è il suo frutto." - Conte/AzzolinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora