Harry scese le ultime scale di corsa, saltando i gradini a due a due con i gomiti ben larghi, in modo da mantenersi in equilibrio.
Dietro di lui, Ron lo seguiva.
Sentiva la scala tremare sotto la sua corsa impacciata e pesante, mentre cercava di tenere il passo dell'amico.
Una voce di ragazza dall'alto: «Aspettatemi! Non trovo Grattastinchi!»
«Sarà in giardino a mordere la testa di qualche gnomo» disse Ron, ansimante.
Arrivarono nella piccola cucina della Tana.
Le dita dorate del sole della prima metà del giorno enfatizzavano il pulviscolo che aleggiava nella casa.
Nel mezzo della stanza c'era il tavolo consunto con le sedie e alla parete l'imponente orologio da pendolo con le nove lancette. Quelle del signore e della signora Weasley erano puntate sulla dicitura "in transito".
Nel cuore di Harry c'era l'inevitabile. Pensava alla notte in Grimmauld Place, quando Kreacher gli mostrò la signora Weasley disperarsi in un pianto. Provò una leggera scossa e le spalle si lasciarono invadere da un brivido.
«Ecco dov'eri!» gridò Hermione, volgendo uno sguardo al tavolo. Grattastinchi era appollaiato su un cumulo di fogli di giornale e li guardava col muso imbronciato. «Cattivo! Cattivo, Grattastinchi! Mi hai fatta preoccupare!» Il gattone accolse con fare gradito la mano di Hermione per prendersi una coccola, quindi, saltò giù dal tavolo, spostando con le zampette storte i fogli di giornale, aprì la porta col musetto e uscì fuori in giardino.
«Palla di pelo mortale» commentò Ron, seguendolo con gli occhi, ma Hermione lo ignorò con un ringhio.
Per un attimo Harry credette che Grattastinchi volesse proprio che lei leggesse il giornale e quando la padrona si mise a sedere, per poco non cadde dalla sedia.
«'Primo Ministro Babbano scomparso da due giorni'? 'Licenziamenti alla Gringott, il Ministro faccia chiarezza'? Cosa vuol dire?» mise da parte il giornale e Harry notò sulla prima pagina l'immagine di Kingsley Shacklebolt che si accompagnava ad un uomo anziano con gli occhi di una vipera.
«Ricominciamo con le sparizioni?» chiese Ron, ironicamente.
«È una cosa seria! Non essere stupido!» vociò Hermione, tesa, ma prima che Ron potesse controbattere, la piccola cucina si tinse di verde e dal camino vennero fuori i signori Weasley.
La signora Weasley, affondava il viso in un fazzoletto sul quale era ricamato in cotone rosa "M.H."
Il signor Weasley, pallido e teso la teneva sottobraccio e sobbalzava ad ogni suo singhiozzo.
«Ma che diavolo succede?» chiese Ron e per poco la sua mascella non toccò terra di fronte a quella scena.
Il cuore di Harry tambureggiò impaziente, ma non ebbe la forza di fare altro che non fosse scostare una sedia per farvi accomodare la signora Weasley.
«Oh, c-c-caro, c-c...aro, caro... Caro!» diceva lei, con gli occhi arrossati e intorpiditi dalle lacrime.
Il signor Weasley posò la moglie sulla sedia come fosse fatta di vetro e rivolse ad Harry uno sguardo lungo, carico di premonizione.
Ad Harry parve di non averlo guardato per giorni ed ora che ci pensava, forse era così.
«Harry» disse lui, con un filo di voce, al che la signora Weasley prese a singhiozzare più forte, mentre Hermione le accarezzava la schiena, come a consolarla. «Ascoltami!» disse, mettendogli le mani sulle spalle perché lo guardasse «Ti vogliono vedere, Harry. Quanto prima».
«Chi...» per un secondo, un minuscolo soffio di sollievo gli alitò in petto, prima che il terrore cominciasse a stringerlo in una morsa «Chi vuole vedermi?» chiese, ma il signor Weasley era troppo impegnato a racimolare della Polvere Volante tra le mani per potergli rispondere. La lanciò nel camino e questo prese a sollevare alte fiamme verdi.
«Metti la maglietta nei pantaloni» disse, poi, con la mano libera, si tolse la giacca e la passò al ragazzo. «Mettila, presto e entra nel camino».
Così Harry fece e sentì le fiamme inviluppargli le gambe, piacevoli come un respiro caldo. Il signor Weasley gli porse una manciata di Polvere scintillante «Al Ministero» disse «Ti raggiungerò in un attimo».
Harry non obiettò, se il signor Weasley diceva che ci fosse fretta, allora così doveva essere.
«Ministero della Magia di Londra» disse, con uno sbuffo d'ansia.
Vide gli occhi intrisi di spavento di Ron ed Hermione -che accudivano la signora Weasley- sparire dalla propria vista. Venne risucchiato nella canna fumaria. Piroettò sempre più in fretta finché non vide il salone del Ministero. Tese le mani e saltò fuori da uno dei camini dorati, appena in tempo, perché quello si fece verde di nuovo e un mago con uno scatolone bucherellato ne venne fuori di fretta.
«Per di qua, Harry». Sentì il signor Weasley cingergli il braccio e con uno strattone uscirono dalla fiumana di maghi e streghe.
Con grande stupore di Harry, fecero il percorso inverso, allontanandosi dai camini e dirigendosi, invece, verso le cabine telefoniche che accoglievano i visitatori.
Davanti ad una di esse c'era una piccola strega con i capelli grigi raccolti in una coda che ad Harry fu familiare. Sembrava attenderli con impazienza poiché batteva il minuscolo piedino in terra, come un metronomo.
«Weasley! Di qui!» disse, strizzando gli occhi dietro agli occhiali e tese una manina venosa ad Harry perché lui la stringesse. «Mafalda Hopkirk, Ufficio per l'Uso Improprio delle Arti Magiche» si presentò, forzando un sorriso ed Harry non provò neppure il minimo rimorso nell'averla schiantata e nascosta l'anno prima.
«Io non...»
«Oh, non sia sciocco, signor Potter, non è qui per questo.» sospirò, aprendo la porta di una cabina «Sono qui in veste di accompagnatrice. Prego» lo invitò con un cenno del braccio.
Harry entrò nella cabina seguito dalla minuta strega. Dovette ammettere che la ricordava più comoda, quanto meno più larga e più alta di quanto fosse.
Rivolse al signor Weasley uno sguardo e lo vide sorridergli amaramente al di là del vetro.
«Grazie per essere stati al Ministero della Magia» ronzò una voce femminile e metallica, prima che la cabina si sollevasse dal suolo tremando, con un sonoro clang.
Stavano riemergendo lentamente dal suolo. Harry vide le luci del Ministero sparire, mentre l'oscurità cominciò ad inghiottirli. Quella fu, per Harry, la parte di viaggio peggiore, perché provò un grande imbarazzo nel sentire il corpo di Mafalda Hopkirk così vicino al suo.
Poco dopo, fu lieto nel vedere Londra sopra di loro in un caleidoscopio grigio e giallo.
I rumori della città si fecero sempre più pressanti, man mano che la cabina affiorava.
Harry notò che la strega guardava, continuamente, l'orologio con una certa insistenza, poi, il ronzio uniforme della voce femminile e metallica ripetè:«Grazie. Arrivederci».
La porta della cabina di spalancò e Mafalda Hopkirk ne uscì, seguita da Harry che continuava a chiedersi cosa accidenti volesse significare quella storia e chi lo stesse cercando.
La risposta non dovette farsi attendere a lungo.
Harry seguì Mafalda Hopkirk lungo il marciapiede. Più camminavano, più lontana si faceva la cabina ed il ragazzo ebbe come la sgradevole sensazione di essere abbandonato a se stesso.
«Per di qua, signor Potter, lesto!» lo pungolò lei, facendo schioccare l'uno dopo l'altro i suoi piccoli tacchi, cosa che fece sorridere Harry, perché la signora era poco più lunga di una sua gamba.
Arrivarono all'imbocco di un vicoletto dall'aria abbandonata. Era schermato dalla luce e dal vento e ciò lo rendeva anche particolarmente tetro, ma Harry, di nuovo, non obiettò.
Goccioloni d'acqua cadevano dalle scale di emergenza degli appartamenti; una puzza pestilenziale intimò Harry a respirare solo con il naso. Poco più in là, due cassonetti di immondizia straboccavano di lerciume e un liquido marrone scorreva lungo uno di essi, per poi gocciolare in terra.
«Qui, signor Potter» intimò la strega che con grande dispiacere di Harry si era nascosta proprio dietro uno dei cassonetti. Infilò di fretta la mano nella borsetta da cui tirò fuori il rossetto e il ragazzo si sentì confuso e preoccupato, tanto che si allontanò da lei con un balzo.
«Giusto in tempo» disse sollevata, guardando l'orologio «Ha mai utilizzato una Passaporta, Signor Potter?»
La strega guardò Harry. «Dovrà solo toccare la Passaporta, tutto qui. Basterà un dito e...»
«Sì, sì, ho già usato delle Passaporte» disse.
«Oh! Bene, mi risparmia la spiegazione. Ecco. Ci siamo.» bofonchiò, guardando l'orologio e porgendogli il rossetto in modo che Harry potesse arrivare a toccarlo.
«Mi scusi» disse lui, in un fiato «Dove stiamo andando, precisamente?»
Mafalda Hopkirk lo guardò, al di sopra degli occhiali, con il polso ancora dritto «Non posso dirglielo, Signor Potter» rispose, semplicemente.
La puzza della spazzatura cominciava ad essere insopportabile.
Rimasero lì, in piedi l'uno davanti all'altro per qualche secondo ed Harry provò delle vampate di imbarazzo fortissimo, poi, finalmente, il rossetto si illuminò di un azzurro vivo.
«Tre...» mormorò Mafalda Hopkirk guardando il suo piccolo orologio «due... uno...»
Con uno strappo all'ombelico, tirato come un pesce all'amo, Harry fu trascinato nel nulla. Vorticò in maniera incontrollabile, gli parve che il dito si stesse staccando dalla Passaporta, dunque, con un tremito, lo premette ancora più forte.
Dopo, quelli che gli parvero minuti -ma che in realtà furono frazioni di secondo- Harry sentì i suoi piedi affondare nel suolo. Con grande sforzo cercò di non cadere.
Tutto gli parve sfocato ed immobile. Lentamente gli occhi di Harry cominciarono ad abituarsi al chiarore di una luce bianca.
Sprazzi di freddo si spegnevano sul calore del viso.
Neve? Pensò stupidamente, poiché era agosto, ma un freddo glaciale stava tagliando il sottile strato di vestiti che aveva addosso e il calore del suo corpo si dissolveva veloce nell'aria gelida.
Neve.
Incapace di lottare contro il bagliore etereo del sole, Harry aprì gli occhi in una fessura. Vide Mafalda Hopkirk riporre compostamente il rossetto nella borsetta e sistemarsi i capelli svolazzanti.
L'aria intorno era placida, non una singola bava di vento gli tagliava la faccia e il sole era talmente insistente nel voler penetrargli gli occhi, che Harry li sentì bruciare.
Il cielo era una pura vastità incolore.
Guardò la valle innevata. Una distesa bianca e asettica; non una casupola dalla quale uscisse del fumo; non una campana che ritoccasse l'ora.
Gli parve di vivere in un sogno.
Innevato, come qualsiasi cosa in quel luogo, era un viale di cipressi che si lanciavano verso il cielo.
«Per di qua, signor Potter» bofonchiò Mafalda Hopkirk, come se non sentisse il freddo che lui stava provando.
La seguì su quel cumulo bianco, oltre le cime frondose degli alberi sui quali la neve pesava. Presto sentì il suo corpo riacquistare calore.
Camminarono per diversi minuti prima che il viale si interrompesse, lasciando spazio ad un'alta siepe che delimitava i contorni di un corridoio.
Le siepi assorbivano il rumore della neve che franava sotto ai loro passi in modo tetro e spettrale.
Ad un tratto, non appena la siepe svoltò, Mafalda Hopkirk sfoderò la bacchetta, agitandola verso l'alto.
Davanti a loro si manifestò ondulando una dimora gentilizia. Un palazzo bianco e imponente da cui promanava una luce calda attraverso le bifore. Gli andamenti sinuosi dei decori a spirale diedero ad Harry l'impressione di una indecifrabile teatralità.
«Prego, Potter» gli intimò la strega.
Harry, quindi, si avvicinò alla casa, attraversando con circospezione un imponente pergolato vuoto.
Si avvicinò lento verso la porta di ingresso, incerto se bussare o meno, ma essa si spalancò in un cigolio spettrale che riempì l'aria fino al cielo.
Dietro ognuna delle due ante, erano nascosti due elfi domestici scheletrici, vestiti con solo un cencio ciascuno.
Harry entrò.
L'atrio era vasto e lo sfarzo con cui era arredato era tutto fuorché elegante. Gli arazzi che pendevano dalle mura erano intervallati dai ritratti che, con i loro sguardi, seguivano ogni movimento di Harry.
«Proxy dà il benvenuto al signore» disse il più piccolo dei due elfi, in un inchino.
«Grazie». Rispose Harry, guardandosi attorno e dalla bocca dell'elfo sentì un gridolino, strozzato dalle sue stesse manine ossute.
«Signore» disse l'altro elfo «prima porta a destra, sulle scale».
Visibilmente confuso per quella parlantina troppo accorta e ricercata per un elfo, Harry si dileguò dall'atrio con un cenno del capo.
Salì una rampa di scale di marmo bianco, fredda come la neve fuori e non osò toccare il corrimano di mogano lucido, per paura di sporcarlo.
In un attimo fu davanti ad una grossa porta di legno. Si fermò, esitante.
Cercò un battente, una campanella, vide solo una grande lastra dorata sulla quale era incisa non un nome, bensì una frase:Oh, le pene della stirpe,
l'urlo orrendo della morte
e il colpo vibra profondo,
la ferita inguaribile, il dolore,
la maledizione che nessuno può sopportare.Bussò.
«Avanti» disse una voce estranea ed ovattata, dall'altra parte della porta.
Harry abbassò la maniglia di bronzo e il suo cuore parve esplodergli nel petto. Riusciva a sentire le vene pulsare nel collo, dunque prese un respiro prima di aprire la porta.
Si ritrovò in quello che gli parve essere uno studio.
Dietro ad una scrivania, la sagoma di un uomo anziano con gli occhi di una vipera, poi, seduto davanti alla stessa scrivania, su una poltrona di chintz con i braccioli larghi, Severus Piton.
STAI LEGGENDO
IL LEONE E LA SERPE - SNARRY
FanfictionHarry Potter Fanfiction - sequel dell'ultimo capitolo di J.K. Rowling. SNARRY. Come farà Severus Piton a provare la propria innocenza? "Hai sempre organizzato tutto in ogni minimo particolare. Conoscevi le persone meglio di quanto loro non conosc...