VI. GLI ULTIMI PENSIERI

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Harry sentì drizzare i peli sulla nuca, mentre le sue spalle e il suo viso venivano attraversati da una scarica elettrica che lo punse fin dentro alle iridi.
Il suo sussulto doveva essere stato palese, perché Lupin gli strinse forte la mano sulle nocche, prima di lasciarla. Quel tremito fece scoppiare la bolla grigia nella quale si era trovato prima. Gli occhi verdi furono invasi da un velo di quella chiarezza che finalmente taceva i ronzii nelle orecchie. Non era sollevato: una coltre di fumo nero continuava ad aleggiargli attorno, ma ora aveva un piccolo fiammifero capace di fenderla.
Fissò la cicatrice biancastra sulla mano e la sua mente venne pervasa dal ricordo di colpetti di tosse scanditi da una vocina acuta e melliflua.
Guardò Kingsley, di nuovo «Non crederà che Piton meriti Azkaban, vero?»
Il tono della sua voce lasciava trapelare un'eccesso di artificiosità, tale da renderne la risposta ovviamente dissenziente, ma Kingsley Shacklebolt non rispose. Si limitò ad abbassare lo sguardo dagli occhi indagatori di Harry e a torturarsi le mani in ventre.
Harry trattenne il respiro. Si sentì come se fosse stato incastrato in un tubo di acciaio. Scattò in piedi, paonazzo, rovesciando il bicchiere di idromele che Aberforth Silente gli aveva allungato.
« PITON NON MERITA AZKABAN! » gridò, indignato, mentre il signor Weasley gli premeva sulle spalle per rimetterlo a sedere.
Fu chiaro come Kingsley si aspettasse una reazione simile, perché non parve smuoversi di fronte alle urla e neppure fece cenno di guardare Harry che, sotto la pressione del signor Weasley, si rimetteva a sedere con una lentezza distratta.
« Severus Piton non merita Azkaban » mormorò Kingsley, con un filo di voce, da essere appena, appena udibile.
Guardò Harry per una frazione di secondo, prima di riprendere a tormentarsi le mani «ma io devo assumere la posizione che ci si aspetta che il Ministro della Magia assuma ».
Tornò a guardare Harry, intensamente.
« Non mi aspetto che tu capisca, ragazzo. Ma è questo ciò di cui stiamo discutendo ora... se non dovessimo trovare uno straccio di prova che lo scagioni... sarò costretto a voltargli le spalle e ad assecondare ciò che i membri del Ministero mi chiedono».
Harry si dimenò sulla sedia, il signor Weasley, riluttante, lo lasciò andare, mentre tranquillamente, il ragazzo si rimetteva in piedi. « È pronto a sacrificare la libertà di un uomo innocente per salvarsi la faccia? Questo mi sta dicendo?» chiese, pieno di veleno « Non è diverso da Barty Crouch o da Caramell.»
«Non è la mia faccia che cerco di salvare, Potter!» rispose, palesemente offeso « è necessario! Per il bene superiore!»
«VOI E IL 'BENE SUPERIORE' MI AVETE STANCATO!» gridò Harry, mentre la rabbia dentro di lui montava come un incendio «Testimonierò io per Piton, a costo di convincere ogni membro del Wizengamot!»
«È inutile, Harry!» la voce di Hermione lo raggiunse con un fremito, cercando di far scaturire il minimo briciolo di razionalità nel ragazzo. Lui la guardò con disgusto, mentre bruciava nel risentimento che si fece sempre più dirompente quando capì, per la prima volta, che fosse l'unico in quella stanza ad esserne arso.
«Granger ha ragione, Harry» bofonchiò Kingsley, più sicuro di quanto non fosse stato fino a quel momento «Piton è reticente, è passivo. Remus ha provato a mettercisi in contatto, ma respinge ogni tentativo.»
«Quel ragazzo è più cocciuto di un abraxan!» mugugnò Dedalus Lux, dall'altro lato del tavolo.
«MA QUESTA NON È UNA SCUSANTE PER ABBANDONARLO!»
«Harry... mi dispiace...»
«Voglio presentarmi davanti al Tribunale.» disse il ragazzo, con decisione, cercando il minimo consenso in ogni sguardo che incrociava.
Ciò che vide, però, fu solo indecisione, mentre Kingsley si metteva in piedi.
«Vedrò cosa posso fare.» disse e ad Harry parve già molto, rispetto al completo dissenso che si aspettava.
Il signor Weasley, però, sembrava scarsamente disposto ad accondiscendere ad una decisione simile, perché il suo sguardo mostrava lo stesso timore di quando, al terzo anno, aveva messo in guardia Harry da Sirius.
«Harry...» disse, schiudendo appena le labbra «se Piton dovesse essere dichiarato colpevole, il Ministero non ti darà tregua. Sarai considerato alla stregua di un complice...»
« Ma è ridicolo! » boccheggiò Harry, mentre le mani del signor Weasley si poggiavano di nuovo sulle spalle del ragazzo.
«Devi stare molto, molto attento, Harry. I tempi sono ancora troppo giovani per una ripresa completa. Ci sono rivolte in tutto il Regno Unito e molti proseliti di Tu-Sai-Chi sono ancora membri eminenti del Ministero. Nessuno vorrebbe vederti nei guai quanto loro. Non possiamo permetterci passi falsi. Lo capisci?» concluse, mentre i suoi occhi dardeggiavano da destra a sinistra in quelli del ragazzo.
Un silenzio sibilante ricomponeva le parole del signor Weasley, sbattendogli confusamente sulle tempie.
Harry scrollò le spalle e il signor Weasley indietreggiò, mentre lui girava i tacchi e si avvicinava alla porta. La mano della signora Weasley lo sfiorò, senza toccarlo e uno sbuffo di voce suonò al suo orecchio somigliando molto a: 'Caro...'
Aprì la porta e ne attraversò l'uscio, lasciando che gli si chiudesse alle spalle, lentamente.
Rimase lì immobile, per qualche attimo ascoltando le voci ovattate oltre il muro, finché la porta non si aprì di nuovo, lasciando che Ron e Hermione uscissero dalla sala da pranzo. Fecero per salire su per le scale quando Ron pestò qualcosa.
«Leva il piede da lì, Ron! Muoviti!»
Fred, George e Ginny erano affacciati dalla balaustra in cima alle scale e dalla mano di Fred correva un filo che finiva dritto dritto sotto al piede destro di Ron. «Levati di lì! Presto!» mugugnò di nuovo Fred, in un bisbiglio abbastanza forte da renderlo udibile. Ron scansò il piede dall'estremo di un filo color carne, rivelando un Orecchio Oblungo che i Weasley, a quanto pareva, stavano usando per origliare. «Maledizione» si udì George sussurrare, mentre riavvolgeva il filo. Harry li raggiungeva percorrendo le scale che portavano al pianerottolo del primo piano e Hermione brontolava qualcosa mentre passavano sotto la fila di teste degli elfi domestici appese al muro.
«Non è andata granché bene, vero?» chiese George, ironico.

IL LEONE E LA SERPE - SNARRYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora