Tutto intorno era nero.
Solo una luce argentea, luminosa, molto piccola gli regalò un punto verso cui fissare.
Chiudere gli occhi era come tenerli aperti: riusciva a vedere ancora quel puntino luminoso attraverso le palpebre, quando si irrigidì d'improvviso.
Una forza esterna voleva tirargli le budella fuori dal corpo e né aria né voce poterono uscire dalla bocca spalancata: stava precipitando in quel buio netto.«Mi schianterò al suolo.» pensò.
Ma un suolo non c'era.
Tutto era nulla, egli stesso era nulla; incorporeo, immateriale.
Anche se riusciva ad avvertire i movimenti del suo corpo, delle sue dita e delle sue falangi, non possedeva tatto, perché quando provò ad unire le mani, riusciva a percepire precisamente il punto entro le quali avrebbero dovuto incontrarsi, ma non le sentiva.La caduta si arrestò, lasciandolo sospeso a mezz'aria.
In quel momento il puntino luminoso era ancora immobile.
Lontano o vicino non riusciva a capirlo, poiché nulla gli consentiva una misurazione dello spazio attorno e non vi era modo di cogliere la prospettiva del luogo.Quella luce argentea gli balenò vicino alla mano, sentiva il calore promanare da essa, ma la sua mano non c'era, o meglio, non riusciva a vederla, non ne coglieva i contorni.
Provò a raccogliere quella briciola di luce ma il calore che emanava era troppo intenso, incandescente.
Riusciva a sentirlo.
Avvicinò nuovamente le mani come per congiungerle e si toccò. La pelle era liscia e fredda, ma gli occhi gliela celavano.La luce argentea si scostò verso i suoi piedi, poi più in basso ancora.
Attraversò una barriera e generò dei cerchi concentrici per poi storpiarsi in una forma ondeggiante.«Acqua.»
I piedi, che sentiva liberi, provarono a raggiungere quella superficie mobile, mentre con lo sguardo rincorreva la luce che esplorava il fondale.
D'un tratto, essa si posò su qualcosa che smosse l'acqua animandone i movimenti ondosi.
Lo scintillio che ne promanava si fece sempre più intenso, finché non affiorarono miliardi di squame brillanti.Centinaia di serpenti strisciavano vorticosamente l'uno attorno all'altro e dovevano essere aumentati di numero perché sentì i piedi invasi dalla limacciosità della loro pelle.
Provò a ritrarre le gambe, ma non ci riuscì.
Il viscidume lo aveva stretto in una morsa fino alle ginocchia. Ogni movimento era vano. Non una parola poté proferire, udiva unicamente il fruscio dei rettili e lo zampillio dell'acqua smossa da quei movimenti scomposti.In un attimo, fu sommerso.
Si ritrovò senza respiro sott'acqua. La luce argentea fluttuò fino a che poté essere abbastanza vicina da poter far avvertire il suo calore.
Provò a scacciarla senza risultato.D'un tratto la luce si appiattì ed esplose in un lampo verde circolare che si estese infinitamente cercando i confini di quel luogo.
I cadaveri dei serpenti immobili cominciarono a fluttuare verso l'alto, mentre anche lui riuscì a risalire dalla superficie bagnata.
L'unico serpente ancora in vita, lo seguì con lo sguardo fluttuare verso l'alto. Aveva le iridi celesti che emanavano uno scintillio familiare.
Le pupille serpentine lo rimproveravano: Piton non era un cadavere e non gli era consentito fluttuare in quel luogo.
Sentì che quel serpente gli parlava
«Sta tranquillo, Severus, sei salvo.»
Il serpente riuscì a strisciare facendo attrito sul nulla. Si avvicinò a Piton, ma ad un tratto si avventò su di lui e infilò i denti aguzzi nella carne.«Va tutto bene, Severus!»
Una forte luce lo accecò.
Ansimava senza una costanza.
Gli ci vollero dei secondi per abituarsi a quel bagliore; quindi richiuse gli occhi.
Piton si portò una mano alla fronte, ma la ritrasse appena notò quanto grondasse di sudore.«Sei in infermeria, Severus. Sta' tranquillo.»
La voce di Madama Chips gli suonò di conforto.
Aprì gli occhi finalmente abituati a quella luminosità crepuscolare e vide erette sul suo letto le figure di Minerva McGranitt e di Poppy Chips.
Provò a mettersi seduto ma con insuccesso, poiché, con la mano sul petto, Poppy Chips lo riaccompagnò ad aderire al materasso.
«Devi riposarti, Severus.» disse «Sei ancora molto debole. Bevi questa.»
Gli porse un bicchiere d'acqua con dei grumi fluttuanti all'interno. Piton lo prese e bevve senza troppe moine, seppure il sapore di quell'intruglio gli risultò più disgustoso di una Polisucco.
«Bevi un po' di succo di zucca, su. Ti laverà via quel saporaccio.»
Minerva McGranitt lo guardava compassionevole, come se fosse stato uno studentello del secondo anno ferito accidentalmente da un Bolide, mentre assisteva ad una partita di Quiddich.
Incrociò accidentalmente il suo sguardo per un secondo prima di distoglierlo imbarazzato e bere il suo succo di zucca.
«Lascia pure il bicchiere sul comodino» gli disse Madama Chips da lontano.
Chiuse di nuovo gli occhi.
Non aveva proferito parola, come se fosse ancora in quell'incubo.
Quell'indifferenza infastidì Minerva McGranitt, la quale sentiva come un grosso peso sullo stomaco, conseguente al suo attacco la sera precedente nei corridoi.
Piton lo sapeva e la sua natura scorbutica e orgogliosa gli suggeriva che avrebbe dovuto rendere ancora più acuto quel malessere.
Per quanto odiasse l'espressione apprensiva e colpevole che Minerva indossasse in quel momento, non aveva alcuna intenzione di passare sopra al fatto di essersi sentito chiamare "vigliacco".«Potter era qui fino ad un attimo fa.» disse lei «Se avessi saputo che ti saresti svegliato tanto presto, non lo avrei congedato.» Furono le uniche parole che riuscì a dire. E furono abbastanza per far sgranare gli occhi di Piton e ricevere l'attenzione che pretendeva.
«Cosa ci faceva qui Potter?» le chiese, inarcando il sopracciglio.
«Era in pensiero per te.»
Piton non disse nulla, si limitò ad alzare gli occhi e a sbuffare esasperato.
"In pensiero per lui".
Non poté trovare parole più inappropriate per descrivere lo stato emotivo di Harry Potter.
Un "pensiero" neppure lo aveva in quella sua testa vuota.
Si erano fatti la guerra per sette anni ed adesso pretendeva di provare una qualche sottospecie forma di premura?
Non lo avrebbe accettato.
«Ha chiesto di essere chiamato appena ti fossi svegliato.» continuò la McGranitt.
«Potter non verrà chiamato in questa stanza fintanto che ci sarò io.» grugnì Piton «Non ho alcuna intenzione di vedere nessuno, benché meno Potter.»
La McGranitt abbassò lo sguardo rassegnata, Harry Potter avrebbe dovuto capire e l'avrebbe fatto, conoscendo l'ostinatezza del professore.
La lama ardente del silenzio scese su di loro. La McGranitt si stropicciò la pelle delle mani.
«Sei stato davvero...»
«Basta così, Minerva, vorrei riposare.» la interruppe glacialmente.
Minerva McGranitt si sentì umiliata. Le bruciò il petto per la rabbia «Sei ancora il Preside di Hogwarts, Severus, quindi, cerca di riprenderti presto, perché dovrai parlare ai nostri studenti. Ci sono state numerose perdite questa notte.»
Piton si coricò su di un fianco dandole le spalle. Sapeva bene cosa avrebbe dovuto fare e non si lasciò andare a paragoni su cosa avrebbe invece preferito.
Madama Chips ritornò in fretta al suo letto con uno straccio bagnato. Spinse sulla spalla di Piton, come a volerlo far tornare supino.
«Mettiti dritto. Così vomiterai e la medicina non farà effetto!» gridò.
Piton obbedì sbuffando.
In quella posizione poteva ancora vedere Minerva fissarlo in cagnesco e preferiva di gran lunga questo, di sguardo.
«Sto bene, adesso.» disse, cercando di evitare la mano opprimente di Madama Chips che gli bagnava la fronte bollente.
«Oh! Sciocchezze! Non sei ancora nelle condizioni di lasciare l'infermeria.» disse tamponandogli lo straccio sugli zigomi roventi. «Avresti dovuto fare una corsa al San Mungo, altro che Hogwarts».
«Severus, i Carrow sono ancora di sotto con gli studenti e gli alleati. Appena sarai in forze dovrai scendere anche tu in Sala Grande. Capisco che non sarà la cosa più semplice da fare, ma è tuo dovere di Preside. Farà bene a tutti vederti sano e salvo. E dovrai prendere una decisione per l'anno scolastico in corso.»
«Minerva, ci penserà dopo a tutto questo» disse Madama Chips infastidita «lascialo riposare, accidenti. Va' giù con gli altri. Qui ci penso io.»
«Poppy, sto bene, adesso, davvero. Grazie.» Piton era esasperato. Non aveva mai ricevuto così tante premure prima e non era sicuro di esserne lusingato.
«Severus, devi rimanere a riposo almeno per stanotte, domani mattina potrai scendere il Sala Grande.»
Minerva uscì dall'infermeria con fare affranto e si diresse in Sala Grande, avrebbe considerato l'idea di congedare gli studenti e i membri dell'Ordine.
Le fiaccole si accendevano tutte intorno, mentre la luminosità dell'ambiente esterno calava.
La Sala Grande era ancora ghermita di persone che cenarono con ciò che gli Elfi riuscirono a preparare in quella serata di confusione.
Minerva McGranitt attraversò l'uscio della Sala.
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IL LEONE E LA SERPE - SNARRY
FanfictionHarry Potter Fanfiction - sequel dell'ultimo capitolo di J.K. Rowling. SNARRY. Come farà Severus Piton a provare la propria innocenza? "Hai sempre organizzato tutto in ogni minimo particolare. Conoscevi le persone meglio di quanto loro non conosc...