Capitolo 30: Stiamo ballando, Stella.

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Continuo a lavarmi le mani, cercando di fare scomparire il rosso del sangue che le ricopre. Il mio respiro è veloce, gli occhi mi lacrimano.

«Dimmi chi ti ha ordinato di uccidere quegli uomini!»
«Nessuno mi può dare ordini, bellezza.»

Strofino freneticamente il dorso della mia mano, mentre le urla di quell'uomo mi rimbombano nelle orecchie. Non riesco a togliermi le sue espressioni di dolore dalla testa.
E il peggio di tutto questo è che mi è piaciuto fargli del male... Che razza di mostro sono?

Chiudo il rubinetto e mi appoggio al lavandino, trattenendomi dal frantumarlo in mille pezzi nel stringere troppo forte. Piccole gocce d'acqua salata scivolano sulla mia guancia, e non faccio niente per fermarle. Non posso fare niente.

Erano anni che non facevo del male a qualcuno in quel modo.
Erano anni che non scatenavo la mia forza e il mio potere su qualcuno in quel modo.

Alzo gli occhi sul mio riflesso, e non posso fare a meno di indietreggiare di scatto quando mi accorgo dei miei occhi rossi, dei miei capelli scompigliati e del sangue sulla mia maglietta bianca. Nella rapidità con cui indietreggio, sbatto contro un mobile, e un asciugamano mi cade sul viso. E il suo odore mi inebria i sensi.

Mi lascio scivolare lungo il muro accanto, mentre osservo l'asciugamano bianco che sa di lui. Me lo stringo al petto, affondando il viso dentro. Perché non torna?

Dormire nel suo letto e vedere il sangue sparire non mi basta più, voglio sentire la sua voce.

D'un tratto la porta del bagno si apre, e sento Lentiggini che entra, per poi sedersi vicino a me. Anche se non lo sto guardando, so che è lui: non ha fatto quasi nessun rumore quando è entrato, cosa tipica degli angeli. Mi mette una mano sulla spalla, poi mi accarezza piano la schiena.
Non mi muovo. Forse questo gesto è l'unico contatto fisico che io e Theo abbiamo avuto da quando ci siamo incontrati. Tranne i pugni che gli ho dato, certo. Non mi dà fastidio, però è un po' strano. Non ci sono abituata.

«Scoperto qualcosa?» chiede piano.
«Sì... Quello che lo ha pagato per uccidere quegli uomini gli scrive tramite messaggi. Ho preso il suo telefono, e sono riuscita a strappargli il codice» gli dico, alzando un po' la testa.

Theo mi guarda curioso, con un po' di tristezza negli occhi verdi. Tiro fuori il telefonino dalla mia tasca e glielo porgo.
Da come quell'uomo mi ha descritto il tizio che lo ha pagato, non può essere Kai, quindi posso tranquillamente uccidere chiunque sia.

«Dobbiamo solo aspettare il messaggio» mormoro, prima di tornare a poggiare il viso sull'asciugamano.

Theo sta zitto per un po', forse perso nei suoi pensieri. Io guardo dritto davanti a me, pensando ai modi in cui potrei far soffrire la persona che si trova dietro quel numero di telefono. Di sicuro sarà un demone.

«Niente notizie di Royal, vero?» chiede, indicando l'asciugamano che ho in grembo.

Sussulto leggermente, poi annuisco, senza guardarlo in viso.

«Posso fare qualche ricerca se vuoi. Forse potrei trovare la ragione del perchè si può nutrire solo del tuo sangue, magari in qualche libro antico-»
«Non devi, Theo» scuoto la testa, anche se mi fa piacere che ci abbia pensato, «L'unica che poteva aiutarmi era Ecate, ma non ha voluto ascoltarmi. Comunque lui sta bene, credo. L'importante è che sia vivo, non m'importa di che cosa si nutra.»

Cerco di fargli credere che non mi preoccupo. Sono ancora arrabbiata con Ecate, ma cerco di non pensarci. Per adesso devo concentrarmi su questo indizio che ho ricavato dall'uomo che ho torturato.

Occhi da DemoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora