Capitolo 59: Manca poco, piccolo fuoco.

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Apro la porta di casa e poggio le buste della spesa a terra. Ho leggermente paura di quello che mi aspetta, ma non mi tiro indietro.

Ho fatto un salto al supermercato più vicino per trovare una scusa da dire a Peter, ma anche perché non c'è quasi più nulla da mangiare. L'ultima volta che l'ho lasciato solo per qualche ora l'ho ritrovato in lacrime, e spero solo che questa volta sia diversa.

Sento il rumore di qualcosa che frigge, ma niente tristezza o dolore, per una volta. La casa sembra più pulita, come se qualcuno avesse aperto tutte le finestre per fare entrare un po' d'aria fresca.

Faccio capolino in cucina, e la scena che mi si ritrova davanti non è di certo quello che mi aspettavo. Peter sta preparando la colazione, e non ha gli occhi rossi dal pianto. Sembra piuttosto leggero, neutro.

«Aideen, sei tornata» sorride quando si accorge della mia presenza.
«S-sì, scusa se non ho lasciato un biglietto» balbetto, un po' spiazzata dal suo bellissimo sorriso, «Sono andata a fare un po' di spesa.»

Lui annuisce, mentre torna a guardare la pentola in cui sta preparando delle uova strapazzate. Indossa ancora il pigiama, cioè un pantaloncino e basta. Il suo petto nudo è esposto, forse perché ha molto caldo, o magari si è svegliato solo adesso.

«Che fai?» chiedo mentre mi avvicino a lui e poggio il mento sulla sua spalla, anche se so già la risposta.
«Preparo la colazione» sorride leggermente senza girarsi troppo verso di me, «Non mi andava di stare nel letto tutto il giorno.»

Spalanco un po' gli occhi. Non me l'aspettavo. Dopo il funerale, non riusciva mai ad alzarsi dal letto, come se ogni sua energia fosse stata risucchiata da quell'uscita.

«Davvero?» chiedo, «Sicuro di stare bene?»
«Sì, davvero!» esclama, per poi abbassare la voce, «Cioè... più o meno.»

Si gira verso di me, e io mi allontano un poco per lasciargli spazio mentre cucina. Cosa sarà successo per farlo essere così... felice?

«Questa notte l'ho sognata.»

Spalanco gli occhi. Ecco. Ecco il perché di questa sua spontanea forza.

«Lei mi diceva... Diceva che non dovevo abbattermi e che dovevo ricominciare a vivere, e uscire da casa...» mi spiega, esitante, «Forse è stupido da parte mia pensare che sia stata davvero lei, però...»
«È molto probabile che sia stata lei.»

Peter alza di scatto lo sguardo, speranzoso. Quello che ho detto lo penso. Insomma... non sarebbe certo una sorpresa... Mi chiedo solo perché non abbia visitato anche il mio sonno. Forse non ho nemmeno diritto a quello dato il mio esilio dal paradiso.

«Davvero?»

Annuisco, mentre lui sorride e torna a guardare la pentola.

«Allora voglio fare quello che mi ha detto. Certo, sarà difficile, però vorrei tenere il sorriso.»
«Mi fa piacere, Pete.»

Sorrido. Sono davvero sollevata. Forse la visita di Jessica è davvero stata un dono. Peter ne aveva bisogno, e forse anche io. Lui si gira di nuovo verso di me.

«Scusa se non sono stato forte in questi giorni. So che avrei dovuto comportarmi in modo diverso, forse più da adulto, eppure-»
«Non dire cose del genere» lo interrompo.

Mi avvicino a lui e gli metto le mani sulle spalle. Fisso i suoi occhi marroni mentre parlo.

«Pete» gli tengo il mento con due dita per obbligarlo a guardarmi, «Tutto questo è molto difficile per te e lo so benissimo, non potrei mai darti la colpa per qualcosa su cui non hai potere. Hai vissuto di nuovo lo stesso incubo... e capisco che è difficile.»

Occhi da DemoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora