Capitolo 1

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20 Settembre 2018, ore 8.00 lei...

Come ogni mattina mi sveglio col suono dolce e familiare del pezzo 'lezioni di piano' di Michael Nyman, che ho scelto come sveglia. Spengo il cellulare alla quarta nota per evitare di svegliare Michele. Ieri sera ha avuto il turno di notte e deve essere rincasato da un paio di ore al massimo. Scosto dolcemente la mano calda con cui mi cinge il fianco e scivolo lentamente fuori dal letto cercando di muovermi in modo cauto e di non fare il minimo rumore. Prima di entrare in bagno gli lancio un occhiata: è così bello quando dorme. È sdraiato su un fianco, la testa sul bordo del mio cuscino e il braccio adagiato dove l'ho sistemato un attimo fa. L'ombra di un sorriso sul suo volto serafico come ogni volta che si addormenta dopo che abbiamo fatto l'amore. Odio quando mi sveglia al suo rientro a casa ma non ho il coraggio di dirglielo. Più tardi ho l'incontro con un cliente importante e mi sento nervosa e poco riposata perché ho dormito poco, svegliata prima dai miei soliti incubi poi dalle voglie di Michele. Sbuffo piano, quando dorme così profondamente sembra un bambino beato e mi è impossibile avercela con lui. 

Come se avesse colto i miei pensieri nel sonno Michele apre il sorriso mostrando appena i suoi denti bianchi e perfetti e le stupende fossette agli angoli della bocca. Stento ancora a credere che sia mio marito.

Oddio non mi sono ancora abituata a quella parola, e tra poco festeggeremo il nostro primo anniversario di matrimonio. Entro in bagno chiudendomi piano la porta alle spalle, apro l'acqua lasciandola scorrere per riscaldarla al punto giusto. Se mi fossi trovata ancora nella mia vecchia casa o in quella di Clara, quest'operazione avrebbe richiesto almeno una decina di minuti per quanto era vecchio e scadente il nostro scaldabagno, invece qui mi basta contare dieci respiri e l'acqua è già calda. Lascio che il getto mi inondi il viso, mi riempio la bocca con l'acqua e me la risputo ai piedi. Mi sento la bocca così asciutta, a causa dei miei soliti incubi avrò ansimato molto, solo che non me lo ricordo. Davvero Michele mi ha baciato mentre avevo quest'alito? Che schifo. Mi insapono per bene col mio adorato bagnoschiuma alla ciliegia, poi passo ai capelli. Michele trova ridicolo che mi ostini a comprare quei detergenti da pochi spiccioli quando potremmo permetterci le migliori marche. Eppure il profumo persistente di quei saponi non lo cambierei per niente al mondo. Esco dalla doccia avvolgendomi nel cotone caldo del mio accappatoio lasciato a riscaldare sullo scalda salviette. Una delle solite premure di Michele. Chissà quando l'ha messo lì. Mi guardo allo specchio e le mie ormai immancabili occhiaie mi salutano beffarde per ricordarmi ogni mattina degli incubi che hanno tormentato il mio sonno.

Ciao bastarde, adesso ci penso io a voi! Apro un cassettino del mio mobiletto (chi lo avrebbe detto che anche dopo il matrimonio avrei avuto un intero mobile tutto per me?) e tiro fuori il correttore di Mac che la sorella di Michele mi ha imposto di comprare quando siamo andate a fare shopping un mese fa. Costa un occhio della testa ma fa il suo dovere e in un attimo le occhiaie sono sparite e sembro quasi riposata. Metto un po' di mascara e il mio ormai amato rossetto color mattone che mi dà un aria seria e sensuale allo stesso tempo, almeno così sostiene Clara. Me la immagino già a correre tutta trafelata per accompagnare Filippo all'asilo ed arrivare puntuale a lavoro. Chissà come si vestirà oggi. Mi sfugge un sorriso a quel pensiero. Mi infilo il completo intimo senza cuciture poi mi dirigo in punta di piedi verso la cabina armadio, la mia cabina armadio, visto che io e Michele ne abbiamo due separate. Mi emoziono ogni volta che vi entro sfilando tra la moltitudine di abiti griffati, scarpe e accessori alla moda. Quand'è che sono diventata così materialista? Indosso il tailleur blu di Dolce e Gabbana che ho acquistato la settimana scorsa proprio pensando a quest'occasione. Infilo la camicia di seta bianca dentro i pantaloni che mi fasciano nei punti giusti. Stacco il talloncino dalla giacca leggera, strappandolo direttamente con i denti e la indosso. Infine metto le decolté blu col tacco, che sono terribilmente scomode ma si intonano perfettamente col completo e slanciano la mia figura minuta. Mi guardo allo specchio bianco posto al centro della cabina e mi sento soddisfatta: sono elegante e professionale proprio ciò che volevo ottenere. Prima di uscire accendo la macchina del caffè, impostata per azionarsi alle dieci in punto, Michele ama svegliarsi con l'aroma di caffè appena macinato nell'aria. Gli scrivo un post-it e lo appiccico sul frigo. Noto con tristezza la quantità di bigliettini che siamo costretti a lasciarci per avere un qualche tipo di comunicazione. Se non si contano i frettolosi messaggi e le brevi chiamate che ci scambiamo durante la giornata.

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