Capitolo 23

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10 Gennaio 2019 h. 8.30, lei

Mi sveglio più stanca di quando sono andata a dormire ieri sera.

Sono arrivata con l'ultimo volo della sera atterrando a Linate alle undici circa. Forse sarà stato l'ultimo pranzo pesante di mia mamma, forse il panino dell'aeroporto, fatto sta che è da ieri che un senso di nausea non mi dà tregua. Ho già preso un antiacido e qualcosa per il vomito ma continuo a star male e ho in bocca un orribile sapore di bile. Stancamente mi alzo dal divano di Clara dove mi sono accampata per dormire. Vado in bagno e aspetto un eternità prima che l'acqua inizi a scorrere calda. Vorrei tornare a casa per riavere le mie comodità ma ciò significherebbe vedere Michele e dirgli una volta per tutte che è finita. Vorrei prima prepararmi un discorso per cercare di spiegargli il mio comportamento, ma sono imperdonabile, l'ho illuso per tutto il tempo continuando ad amare in segreto Owen. Credo che se Owen non fosse stato investito alla fine in qualche modo non avrei finito per sposare Michele. Avrei capito dell'errore che stavo commettendo anche se quando l'ho fatto non mi sembrava un errore. Owen era in coma, ci avevano detto che non c'erano speranze quindi perché mai avrei dovuto perdere anche Michele? È un pensiero egoista ma speravo che un giorno lo avrei amato tanto quanto ho amato, e amo Owen. Ma così non è stato e adesso che lui è tornato, adesso che abbiamo fatto l'amore non posso far altro che lasciare Michele anche se mi ha inspiegabilmente e facilmente perdonata. Quando esco dalla doccia noto sul mobiletto del bagno la classica confezione viola degli assorbenti. Sorrido vedendo che anche in quel caso Clara è eccentrica. Mi infilo l'ultimo pantalone pulito che mi è rimasto e la camicia con la quale sono arrivata ieri sera, tanto profuma ancora di buono. Oggi però devo inevitabilmente tornare a casa a prendere altri vestiti. Sarà meglio che per allora io abbia un discorso pronto.

Casa di Clara dista un paio di chilometri dal bar, quindi preferisco farmi una passeggiata piuttosto che rischiare di rimanere imbottigliata nel traffico dell'ora di punta. I marciapiedi sono vuoti, la gente con questo freddo preferisce prendere i mezzi piuttosto che camminare. Mi stringo nel cappotto quando una ventata gelida mi penetra fin dentro le ossa. Durante la passeggiata penso alle parole da pronunciare a Michele ma non riesco a trovare nulla di abbastanza carino. O in modo dolce o diretto, ''voglio il divorzio'' è pur sempre una coltellata.

Entro nel bar e una ventata di odore di uova mi fa venire un conato. Mi avvicino a Clara seduta alla cassa, intenta a strimpellare col cellulare.

<cos'è questa puzza?> le chiedo disgustata. Clara strabuzza gli occhi confusa poi inizia ad annusare l'aria come un cane.

<puzza? Io non sento nessuna puzza> dice perplessa.

<io sento un odore persistente di uova> asserisco. In quel momento Melinda esce dalla porta del laboratorio e vengo nuovamente colta da quell'odore nauseabondo.

<adesso lo senti?>

<adesso si, ma non è puzza, è l'odore dell'uovo che si cucina sulla carta forno dopo aver spennellato le brioches> spiega. <c'è sempre questo odore la mattina>

<sarà> mormoro ancora nauseata.

<forse in questa settimana dai tuoi ti sei disabituata dagli odori che senti ogni giorno> ipotizza mentre si alza dalla sedia per farmi posto. In genere le avrei detto di rimanere seduta ma oggi sento proprio il bisogno di sedermi.

<come è andata in mia assenza?> domando cambiando discorso.

<tutto bene, abbiamo lavorato come sempre>

<è venuto qualcuno a cercarmi?>

<è passato Michele ieri, aveva capito che tornassi di mattina non di sera>

Un amore di Chirurgo 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora