Capitolo 4

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20 Settembre 2018, ore 16.30 lui

Bonetti mi fissa con la sua aria di supponenza, nonostante sia palese che sia sorpreso di vedermi. In effetti anche io sarei sorpreso di vedermi. Si sistema nervosamente la cravatta mentre riflette sulla mia proposta. Sa benissimo che sono il miglior chirurgo d'urgenza su piazza e sa che il mio sostituto ha provocato più decessi di quanti ne abbia salvati. Ho fatto le mie ricerche. Mi sono informato con Alex prima di andare a parlare con lui. La faccia che ha fatto Bonetti quando sono entrato nel suo ufficio. Sembrava che avesse visto un fantasma. Ma infondo sono un fantasma. Ho rischiato di morire due volte nella mia vita. La prima volta che ho rischiato di morire un pezzo del mio corpo è stato spazzato via, la seconda volta la mia intera vita è andata distrutta. E adesso eccomi qui a cercare di ricomporre i pezzi della mia esistenza. A supplicare il marito della mia ex di riprendermi a lavorare. Cristina come moglie proprio non me la immagino. E poi Bonetti era andato a vivere a Londra lasciandola e lei quando è tornato se l'è ripreso. Che donna miserabile.

Lo hai fatto anche tu con Cristina. Mi schernisce il mio demone interiore. Lo odio ma ha di nuovo ragione. Quando Bonetti l'ha lasciata e lei si è fatta trovare in casa mia con suo figlio io l'ho accetta senza discutere. L'ho ripresa con me e ho abbandonato la donna della mia vita per tornare con lei. Che uomo miserabile che ero. Mi guardo intorno, l'ufficio del primario è esattamente come lo ricordo. C'è ancora la vecchia scrivania in pesante legno massello. Le sedie di pelle e il divanetto in tessuto scuro vicino alla porta. E c'è sempre l'inquietante quadro di Modigliani, 'Les Femmes'. La donna del dipinto mi fissa senza occhi e come sempre mi mette a disagio. Solo la targhetta col nome è diversa all'interno dell'ufficio. La placchetta dorata che un tempo recitava il nome di Marcello Marchi adesso riportava il nome Stefano Bonetti in grassetto. Sicuramente quest'uomo vile e meschino aveva rinunciato al suo posto a Londra non appena aveva saputo della malattia di Marchi. Sono certo che l'allettante ipotesi di diventare primario lo aveva fatto tornare con la coda tra le gambe. E adesso eccolo seduto sulla stessa poltrona di Marchi mentre si sistema convulsamente la cravatta e mi scruta. È combattuto perché vorrebbe assumermi ma allo stesso tempo non mi sopporta. Quando sono arrivato in ospedale sono stato accolto come un eroe quando in realtà non ho fatto altro che svegliarmi da un lungo sonno. Snow è il vero eroe. Lui mi ha salvato, a lui devo la mia vita. Cristina quando mi ha visto mi è saltata addosso abbracciandomi e baciandomi sulle labbra come se fosse innamorata di me, come se le importasse qualcosa di rivedermi. Quella donna mi farà uscire matto. Mi sono sentito a disagio quando mi ha preso in quel modo. Adesso è sposata perché non mi lascia in pace?

Adesso ti fai scrupoli? Sibila il mio diavolo non eri tu a voler strappare Marika dalla braccia del marito? Ha fatto di nuovo centro. Ma Marika è un'altra storia. Io la amo. Come non ho mai amato nessuno in vita mia. Eppure è così cambiata. Sembra altezzosa e fredda. Così lontana dall'immagine della ragazza spontanea e affettuosa che avevo conosciuto. Mi viene da ridere al pensiero che quando mi ha visto è svenuta. Poi quando è rinvenuta...

Le sue labbra sulle mie. Oddio che effetto mi fa. Mi basta sfiorarla per avere la reazione del mio corpo. È così attraente, mentre parlavamo avrei voluto cancellare quel cupo rossetto color mattone sfregandogli la bocca con la mia.

<dunque> esordisce Bonetti distogliendomi dai miei torbidi pensieri su Marika. <inizierai come strutturato. Il dottor Albani sarà il tuo superiore e dovrai fare ciò che ti dice> mi sorride soddisfatto. Vuole che stia a sentire un tizio qualunque darmi ordini. Già me lo immagino questo Albani un ragazzetto malleabile che Bonetti può tenere sotto controllo.

<d'accordo> accetto con grande sorpresa di Bonetti. Pensava che avrei rifiutato solo perché non posso essere capo di chirurgia d'emergenza. Povero illuso. Desidero così tanto tornare in sala operatoria che mi sarei persino messo in ginocchio a supplicarlo. Tanto ormai la mia dignità era andata a farsi fottere quando ho accettato la sua squallida moglie di nuovo con me. Bonetti mi stringe la mano freddamente e mi consegna le chiavi del mio vecchio armadietto negli spogliatoi e mi informa che mi farà avere il contratto al più presto. Esco dall'ufficio soddisfatto ed energico, sarei pronto ad affrontare un mostro a due teste in questo momento. Con Alex siamo rimasti d'accordo per vederci in sala mensa non appena avrei finito con Bonetti, quindi se non ci sono stati casi urgenti dovrei trovarlo lì. L'ospedale è identico a come l'ho lasciato. Così familiare, mi sento a casa. Sfilo tra i corridoi mentre altri medici e alcune infermiere mi salutano commossi. Sono quasi arrivato alla mensa quando mi imbatto su un medico. Riconosco il camice blu dei chirurghi ma non faccio in tempo a vederlo in faccia che le cartelle che tiene in mano gli scivolano a terra.

<scusi> mormoro. L'uomo sembra riconoscere la mia voce e si rizza in piedi per osservarmi. Ecco faccia da fesso.

<Hunt?!> gracchia esterrefatto.

<Torre> lo saluto freddamente. In un gesto involontario faccia da fesso porta la mano sulla fede d'oro che porta al dito, rigirandosela sulla pelle. Sento il pollo che ho mangiato a pranzo risalirmi su per lo stomaco.

<Come...Quando...?> balbetta confuso. È divertente vederlo annaspare. Lui che è sempre così perfetto con il suo ciuffo ribelle perfettamente acconciato e la sua pelle liscia fresca di rasatura. A confronto con lui io sembro sfatto e rozzo. Con la mia barba incolta e i miei capelli arruffati. Chissà se Marika lo ama proprio per la sua perfezione. Solo il pensiero che Marika lo possa amare mi fa gelare il sangue. Ho bisogno di andare via, lontano da quell'uomo.

<è un piacere rivederla, collega> sibilo cattivo prima di andare via. Torre mi guarda interdetto, è evidente che l'idea di riavermi intorno non gli piaccia per niente, come se a me facesse piacere doverlo vedere tutti giorni mentre mi sbatte in faccia la sua fede d'oro. Mi dirigo a grandi falcate nella sala mensa e raggiungo Alex in un tavolo in fondo allo stanzone.

<è fatta> gli dico sprofondando nella sedia di fronte a lui.

Un amore di Chirurgo 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora