30 Settembre 2018, Lui
Mi alzo stancamente dal letto basso e scomodo della stanza del b&b dove alloggio, mi dirigo verso il minuscolo bagno e mi infilo dentro la doccia senza nemmeno togliermi la protesi d'acciaio. Lascio che l'acqua fredda mi inondi cercando di darmi la sferzata d'energia necessaria per affrontare la giornata. Ho passato l'intera notte pensando a Marika, a immaginarmi un'ipotetica vita insieme in modo autolesionistico. Eppure da quando mi sono svegliato dal coma, la notte non riesco più a dormire bene perciò passo le interminabili ore che mi separano dal mattino a rimuginare sulla mia inutile esistenza. Oggi devo essere lucido però. Oggi incontrerò per la prima volta il primario di terapia d'urgenza visto che questo tizio si è concesso il lusso di andare in ferie una settimana e tornare adesso. Come diavolo si fa ad andare in ferie quando si dirige il reparto che più in assoluto ha bisogno di direzione e controllo? Se non altro l'assenza di Albani, così si chiama il capo reparto, mi ha fatto ritornare ai vecchi tempi quando ero io a dirigere la baracca. Se Bonetti pensa di mettermi a disagio a dover prendere ordini da un altro medico si sbaglia di grosso. Avrei fatto qualsiasi cosa per tornare in sala operatoria. Esco dalla doccia e ancora inumidito mi infilo l'unica camicia che mi è rimasta. Azzurra e leggermente logora. Dagli Stati Uniti non mi sono portato molti vestiti non essendo sicuro se fossi rimasto per parecchio tempo o meno. Il problema principale dell'essere tornato a Milano è che non ho più un auto, visto che il mio caro fratellino aveva venduto la mia jeep e quasi tutta la mia roba quando mi avevano trasportato negli USA. Anzi aveva lasciato che Alex si occupasse di tutto mentre lui dirigeva le operazioni dall'America. Per lo meno avevano avuto la buona idea di donare tutti i profitti delle vendite all'ospedale e così avevano racimolato abbastanza da potersi permettere metà acquisto del nuovo RX. Almeno il mio coma era servito a qualcosa.
Il B&B dove alloggio è a qualche isolato dall'ospedale, troppo lontano per poterlo raggiungere a piedi, non quando ho fretta per lo meno. Sono tentato di prendere la metro se non fosse per il fatto che la fermata più vicina all'ospedale si trova proprio di fronte al bar di Marika e non vorrei fare la figura dello stalker a sbucare ogni mattina proprio davanti al suo locale. Però desidero così tanto vederla. È passata più di una settimana dal nostro primo incontro e non l'ho più rivista da allora. Speravo che lei si facesse viva, ma non ho avuto sue notizie e nemmeno Alex l'ha sentita. In quei giorni che avevo evitato appositamente di passare davanti al suo locale avevo camminato a piedi e per uno zoppo non è cosa facile; un giorno persino sono sceso alla fermata successiva della metro e sono tornato indietro. Ma oggi, vuoi il mal di schiena, vuoi la sua mancanza che mi toglie il respiro, non riesco nemmeno a pensare di dover camminare per andare in ospedale. Perciò esco in strada e mi incammino verso la stazione della metro. Sono da poco passate le otto e in strada vi è tutto il caos del mattino. Lo strombazzare dei clacson mi martella il cervello e tiro un sospiro di sollievo quando raggiungo la stazione a poche decine di metri dal B&B. anche questa è affollata e caotica; la gente mi corre accanto spingendomi e strattonandomi da un lato all'altro.
Quanto mi manca la mia auto.
Entro nel vagone e come immaginavo non ci sono posti a sedere. Mi aggrappo alla maniglia del treno anche se mi fa schifo. Già immagino i milioni di germi e batteri che attaccano la mia mano. La gente non può neanche immaginare quante malattie si possono prendere all'interno dei mezzi di trasporto pubblici. Influenze, virus, herpes.
Come le onde del mare che raggiungono il bagnasciuga la metro si svuota e si riempie ad ogni fermata. Ormai riconosco alcuni pendolari che come me prendono la metro ogni giorno. C'è un tipo coi capelli brizzolati che porta sempre con sé una valigetta, ha l'aria dell'avvocato o forse è un notaio, non saprei. Poi c'è una ragazza che siede sempre nella stessa zona e nel tragitto la vedo leggere un enorme libro. Volti di gente sconosciuta che inizia a essermi familiare. Dopo qualche minuto la voce metallica che proviene dal megafono annuncia la mia fermata. Cerco di posizionarmi davanti le porte automatiche prima di essere travolto dalla prossima ondata di gente. Sento il bisogno di disinfettarmi le mani e sono quasi tentato dall'idea di entrare nel bar di Marika con la scusa di lavarmele. Esco dalla metro e mi fermo di fronte la vetrina del suo locale sperando di scorgere la sua esile figura. È così snella e in forma adesso che quasi stentavo a riconoscerla quando l'ho vista una settimana fa. Un po' mi mancano le sue curve generose e la morbidezza del suo corpo rigoglioso. Ma anche adesso è stupenda anche se mi sembra un po' più triste rispetto a quando era la mia Marika. O forse la mia è solo una sciocca speranza. Spero nel profondo del mio cuore egoista che lei non sia felice con quel coglione di suo marito, perché se lei non è felice con lui io ho ancora una possibilità di riconquistarla.
<Owen?> mi sento chiamare alla mie spalle, mi volto e mi ritrovo davanti Clara, mi guarda con i suoi occhietti indagatori pieni di domande.
<Ciao Clara>
<Ciao, cosa ci fai qui?>
<Stavo andando in ospedale e la metro ferma proprio qui davanti> lei fa su e giù col capo guardandomi con sospetto.
<Marika è dentro> mi informa e sento quella strana adrenalina che solo lei sa innescare, scorrermi nelle vene.
<Vuoi entrare?>
Si che voglio, non desidero altro ma non posso, sono in ritardo e oggi devo conoscere il mio capo. Mi viene da ridere al solo pensiero.
<Non posso, mi dispiace>
<Va bene, ci vediamo presto> Clara arrossisce appena poi aggiunge <salutami Alex>
Vero, non avevo ancora scoperto il mistero che lega questi due ragazzi. Mi incuriosisce parecchio la cosa.
Lei scappa via attraversando incautamente la strada e per poco una macchina non la mette sotto facendomi venire un infarto. Nella frazione di secondo in cui l'auto frena la mia mente si divide in due, la parte razionale immagina già la procedura da attuare in caso di incidente, bloccare il collo, vedere se sono presenti emorragie interne o esterne poi procedere con la messa in sicurezza della vittima. L'altra metà di me al suono dei freni che stridono sull'asfalto torna indietro a due anni prima, alla serata di gala, dove la vittima dell'incidente ero stato io. L'ultimo mio ricordo è stato lo sguardo terrorizzato di Marika mentre urla il mio nome sovrastando il rumore della pioggia battente. Il dolore istantaneo alla schiena poi più niente. Da quel momento solo sogni.
A volte mi domando se non sono stati quei sogni a tenermi in vita. Se il pensiero inconscio di poter tornare da Marika mi avesse salvato dal restare per sempre un vegetale. Io credo che sia stato così. Lei mi ha salvato, senza saperlo ha prima cambiato la mia vita rendendola migliore poi mi ha salvato dal coma. Lei e Snow sia chiaro.
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Un amore di Chirurgo 2
RomanceAvete mai amato qualcuno talmente tanto da non riuscire a dimenticarlo anche dopo che la storia è finita? Continuato ad amare nonostante viviate una nuova relazione? Può un amore sopravvivere al tempo? alla distanza? alla sua stessa fine? Per Marik...