Epilogo

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Sono davanti a questo edificio da dieci minuti, fa caldissimo, il sole di luglio mi brucia la pelle, mi fa sudare e lo odio perché avrei voluto essere al meglio delle mie condizioni psicologiche e fisiche prima di bussare a quella porta ma non ho molto di cui lamentarmi visto che davanti all'appartamento venti non ci sono neanche arrivato ed anzi me ne sto qui, fermo, immobile ad aspettare che qualcosa o qualcuno mi distolga da questo progetto stupido e malsano.

Perché sono qui? Perché nonostante tutto non riesco a dimenticarmi di Lui, nonostante tutto ho bisogno che sia Lui stesso a dirmi che non ero abbastanza a dirmi che non valevo la pena.

Dopo poco più di quattro mesi da quella maledetta sera dove l'intero mondo mi è crollato addosso sono tornato all'università ma ho saltato così tante lezioni che adesso mi ritrovo a frequentare ancora i corsi del secondo anno, comunque ne è valsa la pena visto che BoGum è definitivamente fuori dalla mia vita, aveva provato a chiamarmi più volte dopo che quel pomeriggio ero scomparso dalla sua casa e dalla sua vita in un sol colpo ma grazie all'aiuto della mia famiglia sono riuscito a liberarmene, mio padre in persona, togliendomi il telefono dalle mani gli aveva intimato di allontanarsi per sempre da me e lasciarmi in pace.

Si, la mia famiglia, perché con le valigie in mano, neanche un soldo in tasca e gli occhi pieni di lacrime, dopo essere scappato via da quella prigione dell'anima, mi sono presentato davanti alla porta della casa dei miei genitori per chiedere il loro aiuto ed implorare il loro perdono. Mia madre, che era venuta ad aprire, quando mi ha visto ha cominciato a piangere tirandomi dentro e portandomi subito in cucina, «Oh, quanto sei dimagrito bambino mio», erano state le sue prime ed uniche parole e mentre con la manica del suo vestito color indaco continuava ad asciugarsi gli occhi, tirando su con il naso, mi aveva preparato un tramezzino buonissimo che sapeva di casa, d'amore e di mamma.

«Papà è ancora a lavoro, tornerà per cena», era stata questa la seconda frase che aveva pronunciato dopo aver messo il pane ed un bicchiere di latte sul tavolo invitandomi a sedermi. Mi ricordo che la guardai con gli occhi pieni d'amore, non solo non mi stava chiedendo niente sul perché io fossi spuntato dal nulla a casa ma si stava prendendo anche cura di me come se io fossi ancora il suo piccolo bambino; come se fossi ancora il suo ragazzo con il cuore illeso e gli occhi rivolti ad un futuro felice.

Ancor prima di finire il panino mio fratello e mia sorella erano tornati dai soliti impegni che riempivano il loro tempo dopo la scuola, lei pratica danza e lui gioca a calcio, io sono l'unico che quando andava a scuola, dopo le lezioni, si divertiva trascorrendo il tempo a disegnare e leggere, attività che non richiedevano uno sforzo fisico tale da farmi sudare; i due piccoli di casa mi si gettarono tra le braccia non appena mi videro, mia madre li rimproverò perché voleva che mi lasciassero mangiare, «Sei così sciupato», quella frase era diventata un mantra ormai e non potevo fargliene una colpa perché ero dimagrito molto in quegli anni e lei non poteva neanche immaginare quali angherie si nascondevano dietro alla semplice scelta di lasciarsi morire giorno dopo giorno.

Le otto si erano fatte in fretta e tutta la famiglia si era riunita in sala da pranzo per cenare, persino mio padre, felicissimo di vedermi, non aveva fatto domande ed anche se tutta quella situazione mi era sembrata inverosimile mi ci ero abituato in fretta, non avrei saputo dove altro andare e, dopotutto, loro non avevano mai odiato me e neppure il mio orientamento sessuale, non lo avevano mai fatto, solo non sopportavano BoGum e adesso che ne avevo saggiato la vera natura anche io mi ero ritrovato d'accordo con loro, tornando all'ovile, mestamente e con la coda tra le gambe.

표류 Pyolyu - Andando Alla DerivaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora