Vado alla deriva senza fine -seconda parte-

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Cethosia biblis

Fiele nello stomaco

Morte d'amore

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Quando chiusero quella porta, entrambi vi si poggiarono sopra esausti, quella promessa di rivedersi il lunedì successivo aveva tanto l'odore di un addio. JungKook cercò la tessera magnetica per aprire la porta in ogni tasca di quei vestiti ormai lerci e zuppi ma le mani gli tremavano così tanto da rendergli quell'operazione tanto semplice la più complessa che avesse mai compiuta. Le dita, intorpidite dal gelo, gli facevano così male che quando provò a stringerla con più forza la perse dalle mani, si abbassò per recuperarla ma un capogiro gli fece perdere l'equilibrio facendolo sbattere rumorosamente contro la porta dell'ingresso, il colpo dato sul legno emise un tonfo sordo che riecheggiò per tutto il corridoio, «Cazzo! Di questo passo sveglierò tutto il palazzo!». Cercò di rialzarsi facendosi forza con le braccia sulla porta ma queste gli cedettero quando l'uscio si aprì di colpo facendolo cadere rovinosamente in avanti tra le braccia di YoonGi. L'amico, guardandolo con un'espressione smarrita e sconcertata, se ne stava immobile ad osservarlo e giudicarlo, JungKook sembrava il fantasma di sé stesso, aveva lo sguardo vacuo, perso, spento, gli occhi erano lucidi e rossi ed a stento si reggeva in piedi, «Cazzo, JungKook-ah, sei ubriaco?», lo prese al volo tra le braccia prima che questo cadesse con poca delicatezza sul pavimento e lo trascinò fino al divano, lo aiutò a togliersi il cappotto che umido com'era era arrivato a pesare il doppio, il più piccolo lo fissava con una strana smorfia sul volto, un sorriso disperato e senza senso.

Era normale che i suoi amici come prima cosa lo credessero ubriaco? Si che lo era perché quella sera il suo comportamento aveva dato molto da pensare a tutti loro, trovò strano invece che YoonGi non gli avesse chiesto se aveva fumato ancora o peggio se si fosse drogato con qualcosa di più pesante e deleterio ma JungKook non fece in tempo a tentare una difesa che si accasciò, esausto, sul petto dell'amico che quasi rischiò di cadere per il contraccolpo. Per un attimo YoonGi si sentì disorientato, avere l'amico tra le braccia gli aveva procurato una strana euforia, un tumulto allo stomaco, quelle maledette farfalle non avevano diritto di battere le loro ali così freneticamente perché lui JungKook non poteva amarlo, lui non aveva il diritto di rovinare la loro amicizia con uno stupido sentimento che non aveva fatto altro che portare problemi nelle loro vite dimostrando di essere fragile e volubile. Ma si ridestò subito dai suoi pensieri quando sentì la fronte di JungKook, che giaceva inerme sul suo petto, scottare maledettamente, si preoccupò subito di quell'eccessivo calore perché il ragazzo aveva i capelli completamente fradici e le mani gelate. Il respiro risultava spezzato, quasi un rantolo impercettibile, «Ma tu hai la febbre altissima! Sei stato imprudente a restare tutto questo tempo al freddo», la voce che prima suonava come dura ed intransigente adesso lasciava trasparire tutta la preoccupazione che YoonGi aveva in quel momento; lo prese sotto braccio e cercando di farsi leva con il divano si alzò lentamente, «Adesso devi aiutarmi maknae, dobbiamo andare in camera tua, devi cambiarti e stare al caldo ma non ce la posso fare da solo, sei troppo pesante, ok?».

Perché non aveva afferrato quella maledetta mano?

Perché non era scappato con lui, scalzo ed in pigiama lasciando per sempre quella casa ed i suoi orribili ricordi?

Avrebbe dovuto stringerlo a sé, sembrava così gracile JungKook fasciato in quei vestiti fradici e sudici che oramai erano così poco intonati all'aspetto tenero, indifeso e fragile che aveva mentre se ne stava in piedi davanti a quella maledetta porta implorandolo di lasciare tutto e scappare con lui. Ripensò alle sue mani, gli tremavano come se fosse febbricitante, oppure in preda a chissà quale disarmante paura, sarebbe voluto tornare indietro, stringere quella mano pallida e gelata, e scappare con lui, portarlo via da quel condominio, lontano da SeoJoon, da MinSeok, da JiMin e da chiunque altro avrebbe voluto sfiorarlo, portarglielo via o anche solo guardarlo perché JungKook era suo, tutto di lui gli apparteneva oramai, la mente, il corpo, le abitudini, i pensieri, le paure, i pregi, i difetti e le fragilità, ma poi insieme a quel turbinio di certezze gli tornava in mente il ghigno di BoGum, il suo sguardo mentre si beava dei lividi di cui era ricoperto il suo corpo e di cui lui ne era il pittore; ricordava il viso pesto di JungKook dopo che lo avevano derubato e tutta quella sicurezza lo abbandonava d'un tratto.

표류 Pyolyu - Andando Alla DerivaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora