O.2 ; idea malsana.

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«See how the brain plays around
and you fall inside a hole you couldn't see?
And you fall inside a hole inside a- someone help me
understand what's going on inside my mind!
doctor, I can't tell if I'm not me..».

***

Quella mattina il sole non c'era.
Non che a Kokichi cambiasse qualcosa, ovvio, ma...ma vedere anche solo una fioca luce entrare nella sua stanza, proprio come un raggio di speranza che entrava nella sua vita, lo faceva sentire meglio.

Lo faceva sentire accettato.
Accettato da quella che è la più grande stella di tutte.
E questo era l'importante.

Ma, quella mattina, il sole non c'era.
Kokichi decise di non farne un dramma.
Ma sapeva che, in realtà, un dramma lo era eccome.

Perché quando hai una vita come quella di Kokichi Ouma, inizi a disperarti anche per le più piccole cose.

Quello che agli altri sembra un sasso, a un inetto come Kokichi sembra una montagna insormontabile.

Si alzò dal futon con la schiena dolorante, aveva dormito con metà corpo a terra per tutta la notte.
Sospirò, dirigendosi in bagno: si infilò la solita tuta color pece, si diede una sistemata ai capelli e si mise un cerotto sul braccio sinistro per coprire un livido.
Il minimo indispensabile.

Si diresse in cucina, pronunciando un buongiorno ad alta voce ma sapendo di non ricevere risposta.
Uscì di casa e percorse la via fino all'Imperial High school*.

Arrivato davanti all'ingresso di scuola, qualcuno si scontrò, facendolo inciampare sul gradino del marciapiede e buttando la sua borsa in aria.
Kokichi riuscì a mettere le mani davanti mentre cadeva giusto prima di spiaccicarsi con la faccia sulla strada.

«Oh. Mi spiace.»
Kokichi sentì una voce scusarsi con lui, ma non riuscì a vedere di faccia la persona in questione: notò solo che indossava un cappello nero che gli copriva metà dei capelli bluastri.
Probabilmente doveva andare di fretta, perché , mentre lui restava a terra, impotente, quel ragazzo non si degnò neanche di aiutarlo ad alzarsi che subito corse via.
Quando si rialzò aveva tutti i vestiti sporchi di polvere.

Deglutì, poi si spolverò i vestiti, riprendendo la borsa che era caduta per terra.
Stranamente, la borsa gli sembrava un tantino diversa rispetto agli altri giorni.
No, sarà stata solo una sua impressione, si disse.

Si accorse solo quando entrò nella sua classe che aveva recuperato la borsa sbagliata.
Merda, pensò.
E ora come lo ritrovo questo?

**

Le lezioni si susseguirono noiose come sempre.
Kokichi non poté prendere appunti, né leggere nulla dai libri scolastici, visto che era tutto nella sua borsa.

E nella borsa che aveva adesso, beh...quella era piena di strani gadget -probabilmente di qualche serie televisiva- e un portachiavi di uno strano orso, metà nero e metà bianco.
Quando li vide, Kokichi non ci fece caso più di tanto.
Si limitò ad aggrottare le sopracciglia, ma poi ritornò a fare finta di ascoltare le lezioni.

Occupò il tempo cercando di coprire con il pennarello indelebile gli insulti che scrivevano sul suo banco.
E effettivamente dal banco di toglievano, sì, ma nell'anima restavano comunque.
E gliela consumavano.
Piano.
Piano piano...

Appena la professoressa li fece congedare, Kokichi uscì dall'aula, attraversando tutti i corridoi per trovare di nuovo il ragazzo dai capelli blu.

Guardò in ogni aula della scuola, nella biblioteca, e persino nel bagno.

Nulla.

Sospirò, uscendo dall'edificio e sedendosi su una panchina nel cortile dell'accademia.
Gli caddero sui capelli un paio di petali di pesco.
Era iniziato da qualche settimana l'ultimo anno all'imperial High school di Kokichi, l'anno più bello, dicono.
La primavera era alle porte, i peschi erano in fiore, ma i frutti dell'albero dei sogni di Kokichi Ouma non maturavano mai.

Guardò uscire dalla scuola tutti i ragazzi: alcuni erano con la propria classe, e ridevano, scherzavano; altri si tenevano per mano con quella che era probabilmente la loro anima gemella; altri erano semplicemente da soli.

All'ultimo minuto, proprio prima che i cancelli della scuola chiudessero, uscì dalla scuola un ragazzo.

Era alto, stava guardando qualcosa sul suo telefono e il cappello gli copriva la visuale degli occhi.

Era lui.
Kokichi si alzò di scatto dalla panchina e corse verso di lui, portando la borsa con sé.
«U-Uhm, hey! tu!»

«Mh?»
Il ragazzo alzò lo sguardo.
I suoi occhi giallastri incontrarono quelli lilla di Kokichi.

«Ehm, ecco, c-credo che ci siamo scambiati la borsa».
Kokichi gli mostrò la borsa che aveva in mano, con un portachiavi raffigurante una ragazza dai capelli lilla.
Il ragazzo inclinò la testa di lato, poi sorrise genuinamente e un piccolo rossore apparve sulle sue guance.

«Oh sì, certo. Grazie, ecco la tua borsa.»
Il ragazzo si sfilò dalla spalla un borsone bianco, un po' rovinato e con delle scritte sparse qua e là.
Kokichi allungò il braccio tremante verso la sua borsa, poi la prese e diede al ragazzo di fronte a lui la sua.

Si prese un momento per osservarlo: occhi gialli, capelli blu, cappello nero e rossore perenne sulle guance...
Gli ci volle poco a collegare gli indizi e capire chi aveva davanti.
Shuichi Saihara.
Uno dei ragazzi più popolari della scuola era davanti a lui, e gli stava rivolgendo la parola.
Ed era bello.
Dannatamente bello.
Kokichi deglutì, barcollando per un momento.

«T-Tu sei Shuichi Saihara.»
Affermò, congiungendo le mani e toccando i cerotti che aveva sulle dita.
Il ragazzo annuì.
Sul suo volto comparve un ghigno.
O forse era un sorriso?, Kokichi non riusciva a decifrare bene la sua espressione.

«Sì, sono io. E tu sei...»
«O-Ouma Kokichi.»
«...Ouma Kokichi. Ho sentito parlare di te qualche volta.»

Kokichi alzò le spalle.
«Di sicuro non avrai sentito cose buone...»
Si interruppe per un momento, poi abbassò sia il volume della voce che lo sguardo.
«...Ci sono abituato.»

Shuichi ghignò di nuovo.
«A me non sembri tanto male. Solo, un tantino debole.»

Kokichi lo guardò: gli venne in mente una malsana idea.
Così malsana che, probabilmente, avrebbe potuto funzionare.
Dopotutto, tutti rispettavano Shuichi Saihara...

«Offrimi la tua protezione.»
«..Mh?»
«In cambio, f-farò tutto quello che vuoi, S-Saihara-chan.»

-Angolo cottura-

il capitolo conta esattamente 1000 parole uwuwuwuwuiwuwwu-
ehm, dicevo, l'ho fatto più lungo, come promesso... probabilmente domani aggiornerò di nuovo.
probabilmente.
non vi prometto nulla, ma se aggiorno sul serio, amatemi.
vabbè, audié.
fatemi sapere se la storia vi sta piacendo u - u

*: ho scritto Imperial High School perché da quanto ho capito era la scuola che frequentava kokichi prima di entrare nel killing game.
in teoria frequentavano tutti scuole diverse, ma per motivi di comodità ho deciso di mettere tutti nella stessa scuola, anche perché sennò sarebbe stato troppo complicato per la trama oof.
comunque erano già tutti al liceo.

꒰ aware ; saiouma pregame ꒱Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora