1.1 ; tempo

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They all sang along:
time flies by, bye
come a Little closer, than you'll see
come on, come on, come on..”

***

Passò un mese.
Allora era vero: il tempo è davvero l'unica cosa in grado di cambiare tutto, di sconvolgere gli eventi.
Era una cosa relativamente minacciosa.

La città, ultimamente, stava impazzendo. Tra poco si sarebbero aperte le iscrizioni per la nuova edizione di Danganronpa, e Kokichi scoprì presto che nella Imperial High school Shuichi non era l'unico psicopatico a voler partecipare ad un programma del genere.
Tuttavia, lui restava sempre della sua idea, ed era convinto che niente avrebbe potuto fargli cambiare idea.
Beh, niente.
Non nessuno.

Kokichi quel giorno camminò a scuola a passo pesante; cercava di far passare quanto più tempo possibile.
Le persone non lo squadravano più, non gli rivolgevano più gli insulti e non gli facevano più gli sgambetti.
Semplicemente, per loro non esisteva.
Kokichi iniziò a chiedersi se non era tutto migliore com'era prima: almeno, le persone lo consideravano.
Ora invece, per loro era più facile far finta che Kokichi non esistesse piuttosto che essere occupati ad infastidirlo.
Perlomeno, Kokichi aveva degli amici.
Rantaro Amami era sempre lì, al suo fianco, come dovrebbe fare un vero amico.
Shuichi, poi...Kokichi non sapeva come definirlo.

Era un amico, sì, ma c'era qualcosa in quegli sguardi e in quel modo in cui le loro mani si sfioravano talvolta, per sbaglio, che mandavano completamente in fumo il cervello di Kokichi.
C'era qualcosa di più in quei riflessi ottenuti mischiando il viola dei suoi occhi e il dorato di quelli di Shuichi.
E soprattutto, era geloso. Geloso di Rantaro. E non lo dimostrava apertamente, ma se lo teneva per sé, e il giorno dopo lo si rifletteva in quegli occhi plumbei, pieni di livore, che a volte a Kokichi facevano paura.
Ma Shuichi era pericoloso.
E c'erano tante cose che glielo facevano capire.
Ogni volta che Shuichi provava a convincerlo a partecipare a Danganronpa, Kokichi pensava che sarebbe stato meglio una volta per tutte se si fosse allontanato lui.
Aveva immaginato così tante versioni dei fatti nella sua testa!
Avrebbe detto: è meglio che non diventiamo amici, Shuichi.
E poi gli avrebbe voltato le spalle, avrebbe fatto finta che esistesse uno spesso muro di vetro a dividere lui e quello strano ragazzo.
Ma il suo cervello rifiutava quest'opzione.
Lo faceva perché, nonostante tutto, Shuichi era ormai parte della sua routine e il suo cervello rifiutava tanto dolore da un momento all'altro.
Ne era diventato quasi dipendente, non era più abituato a camminare per i corridoi senza Shuichi.

Quando Kokichi entrò in classe, nessuno lo guardò. Erano già tutti dentro, persino il Professore, ma nessuno gli rivolse nemmeno uno sguardo.
«Buongiorno.» sussurrò lo stesso, più a sé che agli altri.

Le lezioni passarono velocemente.
Il tempo scorreva, Kokichi lo lasciava fare, non lo sfiorava.
Quando la campanella dell'ultima ora suonò, diede uno sguardo al suo banco.
Di sbieco, notò che non c'era sopra di esso neanche più una scritta.
O meglio, erano tutte cancellate. Quello di Kokichi era un banco consumato, usato e stra usato. Un po' come lui, insomma.
Solo nell'angolo, c'era disegnato sempre quel piccolo orsacchiotto bianco e nero che nell'ultimo mese lo aveva accompagnato dappertutto con gli occhi. Ogni volta che lo vedeva, per la prima settimana, si spaventava un po'. Ma ora ci aveva fatto l'abitudine. Non era sicuro di chi fosse a lasciargli quegli strani indizi, ma ultimamente stava iniziando a formarsi nella sua testa una piccola idea di chi poteva essere.

L'orso era stato disegnato a matita, per cui bastò passarci un dito sopra premendo forte per farlo andare via, e lasciare solo una macchia di grafite grigia sopra quel banco che ormai di macchie era pieno.
Sospirò, poi si mise la sua borsa in spalla e uscì dall'aula.
Vide subito in lontananza Kaede e Rantaro camminare vicini.
Inclinò la testa, guardandoli capzioso.
Da un lato, era felice per Rantaro poiché aveva trovato qualcuno con cui parlare oltre a lui e il suo consiglio studentesco; dall'altro, non approvava che quel qualcuno fosse proprio Kaede Akamatsu. Ma del resto, da quando passava del tempo con Rantaro, Kaede era migliorata molto. Il carattere era sempre quello, ma ora non infastidiva più Kokichi senza motivo.
Contenti loro. Ormai non gli importava quasi più di niente. Nulla lo feriva più...sembrava quasi una sensazione di libertà.

«Hey, Ouma-san!»
Quando si voltò, incontrò lo sguardo sornione di Shuichi.
Ultimamente, frequentavano classi ad orari più diversi di prima, quindi uno dei pochi modi che gli erano rimasti per incontrarsi era riaccompagnare Kokichi a casa.
«Oh, hey- Saihara-san.»
Kokichi sorrise per nascondere la preoccupazione. Oggi Shuichi era più allegro del solito, e purtroppo Kokichi sapeva bene il perché.

Uscirono da scuola e iniziarono a camminare verso casa di Kokichi uno di fianco all'altro, mentre i ciliegi in fiore gli lasciavano tracce di petali rosati.
Per rompere il silenzio, Shuichi iniziò a parlare.
«Sai, Ouma-san...domani aprono ufficialmente le audizioni per Danganronpa.»
Kokichi deglutì.
Come pensavo.
«Mh..e tu p-parteciperai, Saihara-san?»
«Beh, sì...ma da solo mi annoierei un po'.»
A quel punto, Shuichi si fermò, e lo stesso fece Kokichi.
Uno di fronte all'altro, si guardarono curiosi, cercando di captare tutti i piccoli segnali che i loro occhi si lanciavano.
Shuichi si avvicinò pericolosamente a Kokichi, che sentì il cuore farsi pesante nel petto.
«No, no! Non ho intenzione di partecipare con te, Saihara-san...quel gioco è... è m-malato. E tu lo sai.»
Shuichi, con una faccia così seria che Kokichi non aveva mai visto sul suo volto, inclinò leggermente la testa.
Poi sospirò.
«Tu credi nell'inferno, Ouma?»
La sua voce si era fatta più roca, profonda, e per Kokichi era difficile concentrarsi non appena Shuichi apriva bocca.
«C-Cosa?»
«...Credi nell'inferno?»
«O-onestamente non ci ho mai pensato...ma non capisco cosa c'entri con quello di cui stiamo parlando.»
Kokichi scosse leggermente la testa, mentre gli occhi di Shuichi venivano lentamente coperti dall'ombra del cappello sul suo capo, e sulle sue labbra si faceva spazio un ghigno capzioso.
«Io credo che anche se un luogo è pieno di fiamme, possa essere definito un inferno.
Il massacro è nella natura umana, Ouma-san...il mondo stesso può essere definito un inferno.»
Ancora più confuso di prima, adesso Kokichi aveva la bocca semi aperta per via dello stupore.

Tutto il resto accadde in pochissimi secondi: Shuichi si avvicinò ancor di più a Kokichi, fino ad azzerare le distanze tra le loro labbra, e gli poggio una mano gelida sulla guancia mentre lo baciava.
Quel bacio durò pochissimo. Così poco che Kokichi processò il tutto dopo un po', senza avere il tempo di ricambiare.
E non aveva un'idea chiara di cosa potesse significare, ma era chiaro che gli era piaciuto.

Poi Shuichi si voltò, e prima di andarsene per conto suo e lasciare Kokichi ancora più confuso di prima, disse: «Pensaci, Ouma-san.»

꒰ aware ; saiouma pregame ꒱Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora